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giovedì 25 giugno 2015

La responsabilità della coerenza

Verso nord il cielo è basso, umido ed inquieto. Le nuvole cariche di pioggia filtrano i raggi del sole, dipingendo la punta delle colline di un colore surreale. A sud il profilo della grande montagna impreziosisce il panorama, dando concretezza alla linea dell’orizzonte. 



L’estate è alle porte ma la goliardia della primavera tarda ad andarsene. Le scuole sono terminate e davanti al portone si accalcano i ragazzi in attesa dei quadri. Le ferie sono ad un passo, la mente vola lontano ma l’estratto conto della banca la riporta alla realtà. Tra alti e bassi, la vita va.
La nostra vita è una retta che scorre nel tempo assieme ad altre, a volte lambendole in maniera tangenziale, altre volte incrociandole per dare vita a geometrie inaspettate. 
Non è facile essere coerenti. Non è facile essere responsabili. Nè tanto meno è facile essere coerentemente responsabili o responsabilmente coerenti. Siamo testardi e spesso reiteriamo l’errore per non ammettere uno sbaglio. Ci nascondiamo dietro un mare di scuse per giustificare le nostre azioni. Scappiamo dai fantasmi per inseguirne altri. Ci schiacciamo i bollicini davanti allo specchio anche se conosciamo l’inganno dell’apparenza e ci mangiamo le unghie dentro l’automobile in attesa del verde, pensando di non essere nervosi. Sbirciamo il cellulare per ingannare il tempo e fumiamo per noia. Edifichiamo un mondo immaginario che cozza con quello reale e cadiamo vittime delle nostre paure. I nostri insuccessi ci relegano in uno stato di nichilismo dal quale non vogliamo uscire e nel quale ci crogioliamo, piangendoci addosso. Ci riesce molto più facile dire un “ti amo” falso che un “ti lascio” vero, perché di tutti gli amori vissuti, il solo che ci brucia dentro è quello non consumato. Abbiamo dei buchi da riempire grandi come oceani, per colmare i quali non basta cambiare il telefono o acquistare un’auto nuova. Scendiamo a portare la spazzatura senza badare a ciò che ci circonda: amiamo i tramonti ma sono anni che non ne osserviamo uno. E la sera, prima di addormentarsi, facciamo sempre i conti con i nostri demoni. Siamo gente normale che cerca di vivere la vita in maniera responsabile, cercando di mostrare coerenza nelle proprie azioni. La gente normale si riconosce a vista. E Lei mister ci sembrò subito una persona normale. Dopo anni di profeti e santoni, avemmo la sensazione quel giorno di agosto di vedere in Lei “uno del bar”. Siamo contenti che abbia accettato l’avventura di Siena e siamo felici che Siena le sia rimasta così tanto nel cuore. Ha vinto un campionato con l’assillo dell’avere uno solo obiettivo. Non deve essere stato facile vincere per forza, convincere gli scettici, far tacere chi diceva: “Con quella squadra là, vincerei anch’io”. Da uomo normale ha provato a difendere il suo credo, insistendo con un modulo che offriva una scarsa protezione. Scelta saggia a mio modo di vedere, figlia di una convinzione dettata da tanti anni di esperienza sul campo. E, con scelta ancor più saggia, ha saputo cambiarlo il modulo, dimostrando che contava solo la vittoria del Siena e non le idee del mister. La responsabilità della coerenza dev’essere pesata non poco dopo la partita di Bastia. 
L’abbiamo visto in tribuna circondato da ragazzini, urlare istruzioni nella trasferta di Piancastagnaio, quando non eravamo ancora nè carne nè pesce e sbagliavamo gol come se piovesse. L’abbiamo poi ritrovato arrampicato alla rete dello stadio di Sansepolcro, nel giorno più importante dell’anno. Ha gioito con noi, ha sofferto con noi e noi abbiamo vinto insieme a Lei. Ha dimostrato uno spontaneo attaccamento, che per come si è manifestato, va al di là di qualsiasi ruffianeria o leccaculaggine. In un mondo di mercenari, ci è sembrato un caso raro. Non ha mai scaricato le responsabilità sugli altri e, anche nei momenti duri, ha saputo guardare avanti. Non ha sbattuto la porta quando poteva, non si è mai nascosto dietro la tifoseria per farsi difendere. Nemmeno durante gli ultimi travagliati giorni. L’abbiamo criticato, applaudito e sostenuto. Abbiamo trovato un uomo normale, che ha saputo inserirsi all’interno di una tifoseria di gente normale. Non l’ho conosciuta personalmente, ma l’ho spiata da lontano. Tra quei ragazzi di Piancastagnaio c’era anche mio figlio, che ebbe la fortuna/sfortuna di assistere alla partita al Suo fianco. Da quale giorno in casa l’abbiamo ribattezzato zio… Con i ragazzi della squadra “figli” e noi tifosi “nipoti”. Assieme abbiamo costruito una famiglia sana e normale. Non di quelle raccontate dai politici mentre l’amante si fa la doccia. Lo sentivamo uno di noi, quasi come ci fosse sempre stato. Per la prima volta mi rimane difficile pensare ad un futuro senza di Lei. 
Nel bene o nel male la vita va avanti, Lei avrà sicuramente un campionato da vincere e altre battaglie da condurre. Per me sarà un piacere seguire i risultati della sua prossima squadra, perché gli allenatori vanno ma i ricordi restano. 
Spero che il Suo futuro sia meno nebuloso del nostro e che il destino un giorno ci faccia rincontrare. Tornando da Massa, durante uno di quelle sere dove è più facile sognare, pensavamo ad un cammino a braccetto fino alla serie B. Non è andata così e non possiamo fare altro che prenderne atto. Magari un giorno torneremo ancora a San Siro e dal terzo anello guarderemo i grattacieli dell’Expo e ripenseremo al 2015. L’anno della serie D. L’anno della rinascita. L’anno del Siena di Morgia. 
Arrivederci Mister. Ha riportato la Robur in Lega Pro. Il resto son discorsi.

1 commento:

  1. Non ho mai approvato il 'furto' che non fosse seguito da almeno un misero 'cit.',ma farò una piccola eccezione visto che col tempo hai reso la responsabilità della coerenza parte integrante dei tuoi processi mentali. Credo che a volte i migliori scrittori facciano anche questo. Le parole appartengono a chi sa capirle.

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