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mercoledì 27 maggio 2015

I vigili (di molto vigili) di Macerata

"Scusi... per Macerata?".
"Sempre dritto!".
Il simpatico campesino locale mi risponde la sua certezza con lo sguardo sicuro di chi è abituato da sempre a sentirsi rivolgere quella domanda. Sembra Luigi Necco da Napoli in un vecchio "90° minuto" mentre mi saluta agitando la callosa mano destra. Sorride contento, sembra felice. Non capisco perché, lui sì. Lo scoprirò più tardi.




Anche stavolta abbiamo deciso di seguire la Robur, incuranti di tutto e di tutti. Senza credere alle previsioni del tempo, che mettevano pioggia e fresco in tutto il centro Italia. Senza dare importanza alla rottura di coglioni del tratto Foligno – Camerino, piccolo passo dello Stelvio in terra umbra o forse marchigiana. Senza farsi minimanente intimidire dagli ambulanti della patata (e messa in questo in modo potrebbe anche generare qualche equivoco) che aspettano impazienti di piazzare gli ultimi affari prima dell’apertura della quattro corsie, che spazzerà via per sempre la loro domenicale fonte di guadagno.
Dagli altoparlanti dell’auto fuoriesce la musica di Radio Veronica, in programmazione c’è "La Luce dell’Est" di Battisti. Dentro l’abitacolo speriamo veramente che a est ci sia luce. Anche perché in cima a Colfiorito ci sono 11 gradi e noi siamo in pantaloncini corti. Ben che vada si busca un raffreddore ora e due scapaccioni più tardi. All’altezza di Pollenza scopriamo due cose. La prima che Battisti non è stato di buon auspicio poiché il cielo è plumbeo anche ad oriente e la massa grigio/nera che sta scendendo da nord (o almeno credo sia il nord) non promette nulla di buono. La seconda è che sta per iniziare la "Sagra de li gnocci co la papera", con tutto quello che ne potrebbe conseguire per l’umore dei locali. 

La strada adesso scorre veramente diritta, alla faccia del campesino traditore. Il manto stradale sembra quello della Siena-Firenze, ma d’altra parte è risaputo: tutto il mondo è paese. Riusciamo giusto in tempo a schivare un paio di autovelox (o forse no, lo scopriremo fra una ventina di giorni), quando il navigatore comincia ad inventarsi rotatorie inesistenti. Davanti a Serrapetrona, in pieno trip dantesco, si lascia scappare un “Lasciare la rotonda, o voi che entrate”. Lo taccio con un pugno, affidandomi all'istinto e soprattutto al caso. Senza navigatore io e il mio piccolo erede maschio sembriamo Phileas Fogg e Passepartout nel “Giro del Mondo in 80 giorni". Navighiamo a vista, con la consapevolezza che più in là del mare non potremo andare. Mare che dista poche decine di chilometri e che rischiamo seriamente di vedere, se non fosse che all’ultimo secondo riusciamo ad imboccare l’uscita giusta. "Bene", pensiamo, "siamo giunti incolumi ai piedi di Macerata e manco piove".
Perdiamo un po’ di tempo nel piccolo ma carino centro storico e decidiamo finalmente di raggiungere lo stadio dal nome impronunciabile. Per non rischiare niente, riesumiamo il navigatore e impostiamo la via. Il maledetto tuttavia si vendica e ci accompagna esattamente nel parcheggio dei locali: gli ultimi 250 metri li percorriamo praticamente a passo d’uomo mischiati con i tifosi della Maceratese. 

Scorgiamo un paio di vigili urbani davanti ad una transenna, a prima vista sembrerebbero uno stolto e uno furbo. Ci accoglie quello stolto che perplesso ci guarda. Lo saluto e chiedo: “Parcheggio ospiti”? Lui di rimando, ostentando uno sguardo costernato, inizia a spiegarmi il percorso. Praticamente mi confessa che dovrei tornare indietro e costeggiare la collina di Macerata. Come se per andare dalla stazione al palazzetto dovessi passare per viale Toselli e prendere la tangenziale. Brutta situazione: la strada è a senso unico e non vedo altre via d’uscita. Arriva l’altra guardia che tutto d’un fiato mi chiede: “Ospiti?” e io: "Sì". “Venite da Siena?”. "Che domanda del cazzo", penso. Mio figlio lo guarda divertito. Il vigile furbo battendosi la mano sul petto fa: “No, no tranquilli, vi faccio passare io, il settore ospiti è lì a 50 metri”. Guardo in cagnesco il collega scemo. Poi il furbo continua: “Ti sposto la sbarra e ti faccio passare”. Lo stolto non si fida: “Ma sei sicuro?”. “Sì”, replica secco l'altro, "se è un ospite può passare”. Quel "se" buttato là a casaccio, getta un dubbio sulla mia onestà. "Ora ci manca solo che ci chieda i documenti", penso. Ed invece il solerte funzionario si fida e mi fa: “Dai, ti sposto la sbarra e passi, poi vai dalla collega”, indicandomi una vigilessa poco più avanti. Rispondo e saluto. Il vigile mi sposta la sbarra di 40 centimetri scarsi e m’invita a passare. Ritiro giù il finestrino: "Scusi, non ci passo". E lui: “Sì, sì, monti con due ruote sul marciapiede”. Ma non se parla nemmeno! Dico: "No scusi, per favore: abbiamo appena fatto 250 km sotto la pioggia, fa freddo e non abbiamo nemmeno comprato le patate. Sia gentile: sposti quella cazzo di transenna di un paio di metri e mi eviti di lasciare la coppa dell’olio sul cordolo". Lui mi guarda calmo e tra lo stupore generale di alcuni Maceratesi impegnati a seguire lo scambio di battute, rilancia: "Vai, vai che la macchina è alta, non ci gratti!".
Affranto e frustrato decido di assecondarlo, anche perché sono le 15 e 40. Ingrano la marcia, lascio un cerchione sul marciapiede e scappo dalla sua collega: la vigilessa più fica d’Europa. Scaccio la tentazione di restare a farle compagnia, riesumo due ombrelli dalla bauliera e insieme al pargolo entro allo stadio. E inizia il diluvio universale! Il resto è storia: in mezzo alle quattro stagioni strappiamo il pass per la semifinale, con una prestazione sontuosa sul campo e cori d'amarcord in tribuna. Sul finire della partita ho anche il tempo per volare cinque/sei scalini e atterrare di culo. Il male, il malanno e l’uscio addosso!
Se dovessimo vincere giovedì, sabato risaremo di nuovo qua. Io partirò un po’ prima, sono a pranzo dal vigile… 


Tutti uniti insieme avanzeremo. Senza paura, verso lo scudetto!

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