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martedì 14 gennaio 2014

Eppure c'è gente che lo fa...

Circa un annetto fa, mi prese la fissa per la questione dell'azionariato popolare nel mondo del calcio, mosso dall'esigenza di trovare un Piano B ad un eventuale fallimento della Robur.
Ora che l'ipotesi si fa sempre più concreta, vorrei farvi capire come ha fatto la gente che già l'ha fatto. Insomma, avete capito...



Quando a volte mi è capitato di parlarne con qualche amico, mi è sempre stato risposte picche, lasciandomi intendere che questa soluzione qui non funziona. Interrogati del perché non dovrebbe funzionare, i miei amici (che sono pur persone intelligenti e volenterose, per lo più), in pieno "Siena style", non hanno saputo replicare. Rifiutandosi testardamente di approfondire. Ripeto, in pieno "Siena style": io so' io, so' più ganzo di quell'altri, chiunnedisienastianti.
"Qui non funzionerà mai", mi ripetevano. Qui, chiaramente, sta per Siena. E Siena, ancora una volta, sta per luogo a sè stante, al di fuori delle linee spazio-temporali contemporanee. Un altro universo, quello appunto dei Folosi, di gente troppo ganza e troppo poco umile per capire i propri errori. E sì che dietro al fenomeno dei "supporters trust" esiste un mondo enorme, assai più vasto di ciò di cui si parla. Anzi, non si parla, dato che dietro al football girano ancora grossi interessi e quindi un'attiva partecipazione dei tifosi viene sistematicamente boicottata, a tutti i livelli.
Allora oggi vi vorrei mostrare come, ormai più di 20 anni fa, ebbe praticamente l'avvio questo filone. Si parlerà cioè poco di filosofia, molto di fatti concreti.
Iniziamo tuttavia da alcuni anni prima.
Nel 1960, un ragazzino della provincia di Manchester, tale Brian Lomax, fanatico supporter dell'Altrincham, vide la propria squadra del cuore ad un passo dal baratro, travolta dalle sconfitte e da un debito insostenibile. A 11 anni, con grande forza di volontà, scrisse una lunga lettera di sei pagine al locale quotidiano, per chiedere a qualcuno di salvare la propria squadra del cuore in agonia. Due uomini d'affari di Manchester, convinti dall'ardore e dalla passione della lettera, comprarono il club, estinsero il debito e lo portarono ai massimi livelli di classifica.
Cari Senesi, avete capito? La volontà di un ragazzino di 11 anni fece sì che un sogno si avverasse.
Che dite? Ah, che si trattò di un colpo di culo, di un evento più unico che raro.
Bene, continuiamo nel nostro racconto.
Nel 1992 Lomax, insieme alla figlia ventenne tifosissima del Northampton, intervenne una seconda volta, mosso ancora dalla passione e dall'esigenza di proteggere gli interessi di una comunità, per cercare di salvare anche questa seconda società.
Il Northampton versava in una crisi epocale, con un deficit di 1,6 milioni di sterline. Nel gennaio 1992, in una drammatica riunione di 600 persone, fu pertanto deciso di fondare il primo Supporter Trust al mondo, che poi avrebbe fatto da modello a tutti gli altri venuti in seguito. Lomax intuì cioè che i tifosi "avevano bisogno di sentirsi responsabilizzati, di essere più che un materiale di passaggio dai tornelli".
In tale occasione, i tifosi scoprirono che la proprietà aveva rubato soldi dalle casse con operazioni irregolari e che non si potevano più sostenere i costi degli ingaggi dei calciatori [mi ricorda qualcosa...].
Il Trust ebbe da subito due obiettivi: raccogliere denaro per salvare il club - chiedendo spiegazioni su come venisse impiegato e facendo in modo che non ne beneficiassero gli stessi amministratori che avevano causato la crisi - ed ottenere un effettivo coinvolgimento dei tifosi nella gestione della società, per assicurare che simile situazione non si ripetesse.
Il "modello Northampton" era ispirato al principio: "No taxation without representation", non ti do più soldi se non posso mettere bocca negli affari del club.
In breve tempo il Trust acquisì forza, battendosi i piedi nelle mele con raccolte di fondi pubblici, e convinse i creditori (privati, ex amministratori, Lega Calcio, Associazione dei Calciatori) a negoziare il debito del club, che fu messo in amministrazione controllata, con due rappresentanti della tifoseria all'interno del direttivo. Il perché ed il come di questa strategia, li spiega benissimo Lomax: "Le trattative private avevano lo scopo di giungere ad una petizione di liquidazione contro il club in tribunale... per strappare il controllo dal Presidente. Il Trust non poteva naturalmente farsi carico della petizione, non essendo un creditore del club, quindi abbiamo dovuto convincere altri ad intraprendere questa azione". Alla fine, il Trust convinse un'azienda di creditori, presieduta da un grande tifoso, a chiedere la liquidazione del club. Il Presidente cercò di guadagnare tempo, ma dovette rimettere l'incarico ed il commissario straordinario traghettò, con l'aiuto anche economico del Trust, la società verso il salvataggio.
Dal 1994, anno in cui ricominciò la normale amministrazione, il posto per i tifosi fu ridotto a uno. Oggi il Northampton Trust detiene il 5% delle azioni del club ed ha partecipato in modo attivo praticamente a tutte le attività della società stessa.
Ecco, questo è un evento realmente accaduto. Non siamo su Marte, siamo in Inghilterra. La situazione era disperata, ma la forza di volontà, l'arguzia, l'impegno di un uomo e di un gruppo di persone a supporto, hanno prevalso sul dramma. Chiaro, questo Lomax era ed è tutt'ora un attivista dichiarato, indefesso e determinato. So che tale termine sarà sconosciuto ai più, visto che la moda ormai è quella di pontificare su tutto dietro ad una tastiera e di non muovere paglia.
Ma vi prego di credere che, con la ferma volontà, si può ottenere di tutto.
De Luca docet.

5 commenti:

  1. stupendo. ma noi FOLOSI abbiamo il palio, e siamo primi nel "tempo libero", che ce ne frega di questa roba (tanto paga babbo Monte)

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  2. Io sono un tifoso della Robur e contradaiolo, e se avessi (il condizionale non è a caso) soldi da spendere per entrambe le cose non mi dispiacerebbe essere partecipe di una soluzione di questo tipo. Diversamente dal precedente anonimo penso però che chi non ha interesse per il calcio abbia tutto il diritto di fregarsene bellamente; con o senza Babbo Monte. Ciò detto penso che il problema dell'azionariato popolare a Siena, prima della mentalità e prima della penuria di soldi, sia lo scarso numero di abitanti e, quindi, di tifosi.

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    1. Oddio, non è che Northampton fosse una metropoli...

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    2. Vero, ma comunque più del triplo di Siena...

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