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martedì 11 febbraio 2020

I due corpi di Berlusconi e Craxi: "Loro 1 e 2" di Paolo Sorrentino e "Hammamet" di Gianni Amelio


Loro 1 e 2 di Roberto Sorrentino ed Hammamet di Gianni Amelio raccontano la fase conclusiva della parabola politica ed esistenziale di Silvio Berlusconi e Bettino Craxi.
 

Entrambi i film configurano dei mondi possibili, mondi cioè che nascono dall’ibridazione tra elementi reali o comunque realistici ed inserti fantastici e stranianti. Questa ibridazione è modulata però secondo gradi e livelli diversi. Più mitigata nel film di Amelio, le cui immagini aspirano ad una somiglianza più stretta con i referenti reali che si propongono di evocare (il rifugio finale di Bettino Craxi), estremamente compiaciuta e sovrabbondante invece nell’opera di Sorrentino, in cui l’elemento simbolico e straniante tende ad affermarsi, a sganciarsi ed a rendersi autonomo rispetto al carattere analogico e riproduttivo della rappresentazione cinematografica che in questo caso è chiamata a ricostruire le residenze e le feste berlusconiane (soprattutto in Loro 2; in Loro 1 è maggiormente centrale la figura di Tarantini). 
Comuni ad entrambi i film sono anche alcune scelte tematiche e narrative. Come detto, i due leader politici vengono rappresentati al termine del loro percorso, contumace Craxi in seguito a Tangentopoli, travolto da scandali sexy e processi Berlusconi prima della caduta del suo ultimo governo. Il peso e le contraddizioni della loro ascesa politica, la cronologia delle loro azioni e delle loro prassi ufficiali stanno fuori dalla narrazione, per cui i due autori, nella sostanza, isolano e cristallizzano un blocco spazio-temporale, un luogo a dire il vero che sembra al di fuori del tempo, in cui si muovono i due protagonisti. Per parafrasare il titolo di un noto film di Sorrentino, siamo di fronte non allo svolgimento di una storia ma alle sue conseguenze, i suoi effetti ultimi, poiché il drammatico, il tempo forte della narrazione e della vita storica dei due protagonisti, è già alle spalle quando il film inizia. 
Nel cristallo spazio-temporale di Amelio, tuttavia, le conseguenze della Storia, la stessa realtà presente, premono ed incombono fino a rischiare di schiantarlo. Nel microcosmo tunisino in cui Craxi è andato a rifugiarsi, infatti, arriva il figlio di Sartori, ex compagno di partito suicida di Craxi e sua voce della coscienza al convegno di Milano nel 1989, con il chiaro intento di assassinare l’ex leader socialista. C’è Anita, la figlia di Craxi, che lotta per convincere il padre a tornare a Milano, con lo scopo di farlo operare a seguito dell’aggravarsi della sua malattia e la diagnosi di un tumore al rene. C’è Bobo Craxi, che lavora ad una riabilitazione del padre e mantiene il contatto con la politica italiana presente. Insomma, le spinte centrifughe rispetto ad Hammamet sono molte, non ultima la stessa volontà di Craxi di elaborare un memoriale personale, che faccia luce sulla sua vita e sulle sue ragioni politiche, prima dettato alla figlia Anita che lo batte a macchina, in seguito recitato di fronte alla piccola videocamera del figlio di Sartori. Nella parte finale del film e dopo la morte di Craxi, infine, il cristallo finisce per sbriciolarsi, dando luogo ad una nuova e definitiva dimensione cupa e disperata. Come in un aggiornamento del mito di Saturno che divora i propri figli, il peso e l’ombra dei genitori finisce per schiacciare la vita della prole, condannandola alla follia (è il caso del giovane Sartori) o a un’esistenza amorfa e semplicemente testimoniale (è il caso di Anita). Allegoria probabilmente di un’Italia ormai spenta e residuale che, dopo essere stata esaurita dalla vecchia classe dirigente, annienta e disperde le proprie giovani generazioni, costrette nel migliore dei casi a coltivare in modo epigonale la memoria di chi non c’è più. 
Nel cristallo spazio-temporale costruito da Sorrentino, invece, non c’è nulla di tutto questo. Le conseguenze della Storia, in questo caso, vengono respinte da un cristallo che è protettivo e che è portato ad autotutelarsi e a riprodursi all’infinito. È nelle sue residenze, nel corso delle sue feste che il Berlusconi sorrentiniano si sveste dei suoi panni ufficiali, cosicché il suo corpo reale (come del resto quello di Andreotti o dei papi della serie televisiva) non fa che erodere e consumare quello auratico ed istituzionale. Sorrentino compie sempre due operazioni quando rappresenta uomini di potere: elabora un microcosmo fortemente estetizzato (in una sospensione permanente tra classico e pop) e racchiude al suo interno il corpo umanizzato e de-istituzionalizzato del potente di turno. Per questo non possiamo fare a meno di amare i potenti rappresentati da Sorrentino, di sentirci loro complici, di avvertirli come più veri e familiari dei loro modelli reali, di dimenticarci appunto che sono dei duplicati (vale per Andreotti, vale per Berlusconi, vale soprattutto per i Papi o i segretari della Santa Sede della serie ecc.). Anzi, nel corso dei film di Sorrentino, a volte tendiamo a sostituire mentalmente il duplicato all’originale, a non verificare i confini che li separano, a dimenticarci eventuali nefandezze pubbliche dell’originale per identificarci con l’umanità del duplicato. Il mondo possibile ha dunque la meglio su quello reale. Sul piano narrativo/rappresentativo, Sorrentino scompone il racconto in tante stazioni sottodiegetiche (in Loro le schermaglie tra Silvio e Veronica, la complicità di Berlusconi con Mariano Apicella, Concato in carne ed ossa che canta Una domenica bestiale per addolcire Veronica, le feste decadenti con le ragazze, quasi una sublime Morte a Venezia postmoderna, i confronti tra Silvio ed il nipotino) che hanno esattamente lo scopo di grattare via le incrostazioni della Storia e della cronaca da un corpo che deve esserci restituito nella sua fragile familiarità ma anche nei suoi requisiti meramente pulsionali (ad esempio, l’attitudine al e la debolezza verso il sesso vissuto anche come reazione vitalistico/distruttiva alla solitudine a cui la moglie lo condanna è un carattere permanente del Berlusconi sorrentiniano). Per questo motivo, differentemente da quello di Amelio, il cristallo spazio-temporale elaborato da Sorrentino respinge la Storia, si difende da essa, la utilizza soltanto (vedi gli episodi della compravendita dei senatori) per garantirsi una sopravvivenza autoreferenziale. Mentre il Craxi di Amelio è ancora totalmente esposto alla Storia, dal momento che ambirebbe a recuperare e soprattutto a riabilitare il proprio corpo pubblico per dimenticare quello umano e malato, e pertanto il suo microcosmo è percorso da spinte centrifughe continue incoraggiate da lui stesso; il Berlusconi sorrentiniano cerca riparo dalla Storia, la respinge ed utilizza quello che rimane del suo corpo pubblico e istituzionale per perpetuare quanto più possibile il proprio vampiresco corpo reale e fisiologico, l’unico a cui sia davvero interessato, e per questo motivo il suo microcosmo è blindato e centripeto, capace di entrare in contatto con l’esterno solo per ricavarne quelli elementi (i senatori corrotti ma anche le ragazze) che servano al suo sostentamento e alla sua riproduzione.
Proprio in questo diverso rapporto con la Storia ed il presente che i microcosmi craxiani e berlusconiani intrattengono, sta anche la profonda differenza morale e politica tra i loro abitanti principali. Il Craxi di Amelio, che desidera riabilitare se stesso, riappropriarsi del proprio corpo pubblico e che vive Hammamet come un esilio doloroso, fa ancora parte di una classe dirigente che vive sotto il peso di un super io moralmente rigido e spietato. Aver tradito questo super io attraverso la corruzione, le concussioni e tutto il resto non può che condannare ad un perenne senso di colpa, all’ossessione di rilasciare ritratti giustificatori e legittimatori di se stessi per non cadere nella vergogna. Il super-io che invece agisce sul Berlusconi di Sorrentino è ormai quello del consumatore, in cui la rigidità morale è un semplice intralcio alla totale realizzazione del desiderio e all’estetizzazione/erotizzazione della propria vita. Nel primo caso, quello di Craxi, c’è in fin dei conti la vergogna di aver tradito la politica per fini personali; nel secondo caso, quello di Berlusconi, al contrario, è ormai fisiologicamente naturale che la politica sia strumentalizzata a favore del privato, ed è il privato con le sue istanze e le sue debolezze semmai ad essere sacro ed inviolabile. Tra i due, insomma, corre una frattura umana ed antropologica che è quella, si potrebbe dire, che separa la politica pretangentopoli da quella che l’ha seguita: nella prima era ancora presente un sistema di valori morali e di parte che costringe al pentimento accorato coloro che lo hanno tradito (il suicidio di Sartori, il sogno finale di Craxi che prova vergogna di sé nel cabaret felliniano in cui si esibisce davanti agli occhi del padre, allegoria del ridicolo in cui è caduto sia il suo nome sia il suo partito a causa delle infrazioni da lui commesse e che parrebbero fargli provare una vergogna in grado kafkianamente di sopravvivergli), nella seconda gli stessi valori fanno ormai parte di una costruzione artificiosa e fantasmatica che non può più essere presa sul serio e che quindi non è più in grado di generare sensi di colpa in coloro che la sfruttano per alimentare i propri bisogni, nonché il proprio corpo individuale. 

Folagra

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