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lunedì 25 agosto 2025

I soldi dei gangster

Le ultime dichiarazioni di Trumpete rivolte alla UE chiariscono bene il senso delle difficoltà degli USA. Il gangster ha sostenuto che i dazi sarebbero scesi al 15% solo se la UE avrebbero trasferito agli USA una montagna di soldi: se si dovessero mettere insieme tutte le cifre ventilate e non, si arriverebbe tra energia, armi ed altro a quasi 2mila miliardi di dollari in tre anni. Trasferimenti analoghi, sia pur di minore entità, Trumpete ha richiesto con vigore a Giappone, Indonesia e Corea del Sud, a cui vanno aggiunte le medesime sollecitazioni alle petromonarchie. Cifre spaventose.


In sintesi, Trumpete ha bisogno disperato di quattrini. Ed il motivo è molto chiaro: il debito estero complessivo degli USA ha raggiunto il record assoluto di 28.100 miliardi di dollari nel primo trimestre di quest’anno e sta continuando a impennarsi a dismisura. Da Paese creditore verso il resto del mondo, gli USA ora stanno accumulando una gigantesca massa di debito estero che ormai non è più sostenibile per almeno tre ragioni.

La prima è costituita dalla conclamata perdita di capacità produttiva per cui gli USA, senza la finanza "creativa", non sono più la principale potenza del pianeta. La seconda ragione si lega alla prima perché questa perdita del primato non permette più alla Federal Reserve di produrre dollari per coprire i debiti americani. La terza ragione è individuabile nella massa enorme di debito federale compresa nel totale della spesa debitoria: il debito pubblico americano, come ha dichiarato candidamente lo stesso Jerome Powell (capo della Fed), non è più sostenibile.

D'altronde i numeri non mentono. Il debito estero degli USA è pari al 100% del Pil ammerigano, in un contesto dove però il totale del debito pubblico e privato è superiore al 250% dello stesso Pil e dove le entrate totali (federali, statali e locali), che Trumpete vorrebbe ulteriormente ridurre, non arrivano a 5.000 miliardi di dollari. Dunque il capitalismo finanziario ammerigano è schiacciato dalla dipendenza dai capitali e dai risparmi esteri di cui necessita, oltre che per evitare l’insolvenza dello Stato federale, per mantenere una bolla borsistica che è arrivata ad assommare circa 50mila miliardi di dollari, con i quali si tiene viva la ricchezza colossale delle fasce più alte di popolazione ma anche l’ormai estesissimo sistema di polizze, fondi pensione, assicurazioni, prodotti finanziari disseminati nel mondo occidentale come strumenti sostitutivi della ritirata dello Stato sociale. 

Alla luce di tutto ciò Trumpete usa i dazi come mezzo, oltre che per incassare, come arma di pressione verso le colonie, obbligate a trasferire tutte le loro risorse verso la capitale dell’impero rendendo ancora più accentuata la paradossale situazione per cui circa il 60% dei risparmi mondiali si dirigono verso gli USA, che fanno da gigantesca idrovora di soldi.

Il neoliberalismo ha edificato un modello che prevede la "libera" sottomissione al capitalismo finanziario, con una centralità assoluta americana e inglese, e ora che l’impero vacilla, proprio perché ha portato a compimento gli inevitabili eccessi della subordinazione, lo stesso neoliberalismo deve trovare le giustificazioni per spiegare alle popolazioni impoverite la necessità di continuare ad accettare la sottomissione. In questa azione, la narrazione neoliberale trova ripetitori sia fra i conservatori sia nei progressisti, solerti nel sostenere che non ci sono alternative a tale sistema. Ed in effetti, per i liberal (di destra e di sinistra) i ricchi e i poveri devono restare tali. Sempre.

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