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domenica 10 marzo 2024

I dischi bianchi. Una canzone come esempio

La grandezza artistica, la meraviglia ed il talento che inonda i dischi bianchi di Lucio Battisti la si rileva nei dettagli, negli incipit delle canzoni.


In questa guida ragionata ed argomentata all'ascolto dei dischi bianchi, immensi ma difficili, vi do un indizio su come ascoltare in dettaglio i brani. Per cui, partiamo da un esempio concreto.

"Madre pennuta" resta ad oggi una degli atti più misteriosi del periodo panelliano. Contenuta in "Don Giovanni" del 1986, passa sempre un po' inosservata, quasi aliena, proprio per la difficile comprensione soprattutto del testo. Eppure...

Ok, prima di tutto andate al link finale ed iniziate l'ascolto, puntando l'attenzione dall'inizio fino al minuto 1.22.

0-0.5 -> Inizia il brano, con un ticchettio di batteria elettrica cadenzato, che sarà il letto di accompagnamento di gran parte della canzone.

0.6-0.16 -> Sopra il ticchettio della batteria si innesta un suono dilatato di basso, a disegnare un suono sinuoso, rotondo.

0.17-0.22 -> Il basso si zittisce per un attimo, fino a quando non si sente un suono cupo, quasi da trombone, con note molto basse.

0.23-0.30 -> Il ticchettio continua, entra la voce di Battisti: "La strada che curva e l'insegna notturna". Ecco dove siamo, ecco il contesto. Siamo probabilmente in automobile. Il ticchettio è il suono del motore che va in andamento costante. Il basso indica lo scorrere dell'asfalto, probabilmente disegnando curve e tornanti, fra cartelli autostradali che sorprendono il guidatore... 

0.31-0.40 -> "Un tir che si ritira tutto il sole a Nadir", canta Lucio. Ancora sul mix della batteria e del basso. Pare veramente di vedere all'improvviso un grande camion che, sfrecciando nella notte, taglia la strada all'automobile, che si rovescia, in modo tale da vedere il tir all'incontrario, al nadir.

0.41-0.56 -> "E alte a prua chiome d'albero e zolle che non mi arenano". Nel cappottamento, sempre accompagnato dal suono del basso che pare aiutare il ribaltamento, gli alberi appaiono a prua, davanti, alte e vicine, mentre l'auto scivola nel terreno con zolle che non fermano la discesa probabilmente in un burrone. Tanta è la velocità con la quale la scena si svolge che Battisti accelera il cantato sulla parola "arenano", che non si comprende e che solo dopo molti ascolti prende quindi senso. Pare cioè che si materializzi il rapido cadere dell'auto sul terreno.

0.57-1.15 -> Un colpo secco e duro di batteria sveglia l'ascoltatore. Il ticchettio della batteria viene sovramodulato da un incedere di tastiere, come a far sentire il suono del motore che zoppica e va fuori giri. Ritmicamente un colpo di grancassa scandisce il tonfo dell'urto della macchina contro gli alberi nel suo fuoristrada, mentre il basso geme e descrive il terrore dell'incidente. Pare davvero di essere dentro l'abitacolo dell'auto che sbatte contro oggetti in un fuoristrada che pare non finire mai.

1.16-1.22 -> Ancora un colpo secco di batteria. Poi una sospensione musicale, un attimo di silenzio, quindi cinque battute violente ancora sulla batteria (ancora l'auto che sbatte con violenza sugli oggetti che incontra), mentre in sottofondo, prima impercettibile e poi urlata, Battisti inizia a cantare parole poco comprensibili, ma si intuisce il termine "vita", ripetuto in un loop che segue l'auto che cade nel burrone.

Ora tornate indietro, ripartite da capo e godetevi questo minuto e 22 secondi di assoluta Arte, di musica che pare cacofonica e che invece nasconde il Genio di uno dei musicisti più evoluti nella storia della musica mondiale. Ma non è tutto ciò un capolavoro godurioso?

La canzone continua, il testo è fortemente criptico, noi ci fermiamo qui. Il nostro scopo lo abbiamo raggiunto. Se solo un lettore sarà riuscito a comprendere la grandezza di questi 82 secondi di musica, ne saremo felici.


"Guidai, l'accostai e sorpassai il tempo, l'obeso in limuosine"

(L. Battisti, "Madre pennuta", 1986)

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