Sto leggendo un libro. Esso è molto interessante. Si intitola "Goebbels. 11 tattiche di manipolazione oscura" ed è scritto da Gianluca Magi. Esso tratta di tecniche, riprese dal sulfureo Goebbels, di manipolazione e controllo delle masse, tratteggiando un inquietante parallelo con il nostro tempo, ove l'addomesticamento del popolaccio pare attività primaria da parte dei "padroni dell'umanità". L'argomento - lo saprete - ci garba assai.
PRINCIPIO TATTICO N. 1 - SEMPLIFICAZIONE E NEMICO UNICO
"Adottare una sola idea, un unico simbolo. Scegliere un avversario e insistere sull'idea che sia lui la fonte di tutti i mali".
Oggigiorno il mondo della comunicazione ha un enorme potere nei confronti delle masse, che rischiano di essere portate alla deresponsabilizzazione, al pensiero unilaterale e semplificatorio. L'attuale ed assoluta incapacità di vigilanza sui mass media fa sì difatti che essi siano indotti a spingere per strategie unitarie di pensiero, ideologia, sensibilità, emozioni, sentimenti; come a comporre una ideologia, che sta alla base di ogni forma di idea religiosa, di ogni credenza. E sarà così più semplice per il pubblico abbracciare una sola idea, un solo simbolo ed al contempo massacrare il nemico di turno funzionale all'occasione.
Ciò si ottiene attraverso il metodo della confusione, dell'enunciato generico ma aggressivo, della denuncia di un gesto o pensiero criminale da parte di chi la pensa diversamente, dell’accumulo di notizie precedenti di tale portata tutte gestite nella stessa maniera. Bisogna però che ci sia una certa omogeneità delle versioni delle notizie ed un certo grado di aggressività, che faccia risvegliare la stessa rabbia nell'ascoltatore/ripetitore: va cioè attaccato costantemente un nemico, non bisogna mai passare sulla difensiva.
Ci deve essere sempre una offensiva ideologica che costruisce un mostro e poi una campagna armata per distruggerlo, in una società simile ad una caffettiera che ribolle. A tale scopo va trovato un simbolo efficace, che sia la svastica oppure un vaccino, concetti semplificati cui difficilmente ci si può opporre. Un simbolo difatti è un totem, un'immagine onnipresente alla quale gli spettatori sentono di dover assomigliare ed incarnare, che vive nelle loro idee e sentimenti. Un simbolo persuade più delle parole, ha comprensione oltre il verbo, trasmette forte emotività.
Anche il nemico deve essere simboleggiato, etichettato e ben definito, per diventare uno stereotipo, un concetto: fascista, comunista, negazionista, no-vax, immigrato, ecc.
I padroni del discorso si ergeranno a custodi e paladini della pubblica morale, della verità, e fingeranno di prendere le parti degli ultimi, dei deboli, scatenando una caccia alle streghe contro il funzionale capro espiatorio di turno, facendo leva sulla molla più potente: l'odio. Le modalità per la creazione del nemico assoluto sono gestite in maniera perfetta: si crea uno storytelling che edifica un mainstream, poi si conduce il flusso di notizie, modificando le versioni dei fatti secondo la convenienza. I moralizzatori assumono quindi un potere catechistico, riducendo la complessità della vita a dualismi: bene/male, buoni/cattivi, noi/loro, ecc. Tale semplificazione crea ideologie malate fino a sfociare nel fondamentalismo, ma soprattutto solleva i seguaci dal contare solo su loro stessi nelle tribolazioni della vita, fornendo loro una mappa ben definita di movimento nelle turbolenze. Ciò per l'ascoltatore diventa allettante, considerata la complessità del mondo. Tuttavia, come rovescio della medaglia, il demagogo di turno non può mai essere messo in discussione.
“Non sono stati Hitler o Himmler a deportarmi, picchiarmi, ad uccidere i miei familiari. Furono il lattaio, il vicino di casa, il calzolaio, il dottore, a cui fu data un‘uniforme e credettero di essere la razza superiore” (Karl Stojka)
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