Altra perla clamorosa e pochissimo conosciuta di Battiato, stavolta da dividere a metà con un’altra grande interprete.
Non ci si deve sforzare per andare a ricercare questa canzone in un album registrato in studio da Franco, visto che essa appare solo in “Giubbe rosse” del 1989, primo disco battiatesco fondato su brani suonati dal vivo.
Qualche anno prima, nel 1981, il brano era stato scritto per l’immensa Giuni Russo, che lo aveva inserito nel suo “Energie”. Esistono su youtube alcuni video che immortalano le esecuzioni di Giuni Russo, che arriva a toccare note che non hanno dell’umano.
Battiato lo reinterpreta nel 1989, accompagnandosi comunque dalla stessa Russo. Ne esce un ascolto spettacolare, che unisce la melodia dolce e pacata di Franco alle esplosioni vocali di Giuni.
Il testo verte su una fantomatica lettera scritta a Rodolfo Graziani, che in Libia (ed altrove) si rese protagonista di alcune delle pagine più tristi della repressione coloniale italiana. Battiato, anticipando la tendenza all’invettiva degli anni successivi contro politici e dittatori, designa Graziani per quello che fu, ovvero un idiota. Che sfortunatamente non fece una brutta fine, come supposto nella canzone. Graziani cioè, come altri successivamente, è preso come esempio universale per dipingere il volto della violenza, della guerra e del sopruso, da denunciare al di là del contesto in cui si presenta. In questo caso - altro tema ricorrente - si va a ricercare uno spunto storico in Africa.
La parte melodica è a tratti sontuosa e scritta per esaltare le straordinarie doti canore di Giuni Russo, che ha il merito di non indulgere comunque in virtuosismi inutili, ma di cullare le note nello loro scorrere quasi lussurioso, come l’autunno di Bengasi.
“Un ricordo inventato sulla base di dati storici “, come Battiato definì la canzone. Un ricordo bellissimo, lo stesso che tutti noi portiamo nel nostro cuore di lui medesimo.
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