Del Boca, fra le molte cose, è stato un (grande) giornalista per molti anni. Un giornalista di quelli seri, rigorosi, che decise di informare verificando sempre quanto scriveva, che non stette quasi mai fermo in redazione ma che anzi girò mezzo mondo proprio per informare correttamente il lettore. Quando si accorse che qualcosa di profondo, a livello giornalistico e politico, stava per arrivare (l'avvento di Craxi e di un nuovo modo di fare politica), lasciò la professione per dedicarsi ad altro.
La sua metodologia lo aveva già molto avvicinato a quella dello storico. Ed è in questo ruolo che ci incontrammo.
Del Boca, nell'intraprendere la professione dello storico, aveva iniziato a percorrere una strada che pare logica e semplice, ma che incredibilmente (quasi) nessuno dei professoroni del tempo aveva ancora perseguito: andare a leggersi i documenti in archivio.
Aveva il pallino, fin dai suoi anni di inviato per il Gazzettino del Popolo, per la storia dell'Africa, in specifico quella ex italiana. Una storia che esisteva solo in piccola parte, tenuta segreta per lo più dai cattedratici di cui sopra, veri padroni del vapore, dall'alto di un non ben specificato merito intellettuale. Fino a pochi anni fa (ed immagino in parte ancora oggi), si diceva a ragione che la storiografia nazionale post coloniale non aveva mai superato la fase coloniale, raccontando - è il caso di dirlo - sempre la stessa storia, quella montanelliana degli Italiani brava gente, che in Africa avevano costruito case, ospedali, infrastrutture, ecc. Il che non voglio dire che non fosse vero, ma probabilmente ci doveva essere altro. Possibile che gli storici di altri Paesi stessero scoprendo, partendo soprattutto da fonti locali, una storia coloniale di forte e feroce repressione e noi in Libia, Etiopia, Eritrea non avevamo commesso poco o niente di male?
E cosa fece Del Boca, mentre i professoroni passavano molto del loro tempo a specchiarsi, a scrivere articoletti sulla beltà dell'articoletto del collega docente? Fece il viottolo alla Farnesina, presso l'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri. Ed iniziò a spulciare l'immenso patrimonio documentale che, nei sotterranei ministeriali, pare occupi quasi 20 chilometri di cunicoli. E lo fece fino in fondo. Scoprendo che no, l'Itaglia non aveva solo costruito strade in Africa, ma aveva usato gas, armi terribili, aveva commesso indicibili crimini di guerra, aveva deportato vecchi e bambini, ucciso a sangue freddo, stuprato donne.
Mentre Del Boca aveva prodotto già gran parte della sua poderosa opera storica del colonialismo italiano, io iniziavo la mia avventura come ricercatore, poi interrottasi per responsabilità non mie. E, studiando fitto fitto la storia della Libia, più e più volte mi imbattevo nelle opere del giornalista-storico. Ma, nei vari convegni autoreferenziali sulla Libia, mai lo vedevo presente neppure come spettatore, figuriamoci come relatore. Un giorno ne parlai al professore che coordinava il gruppo di lavoro dei dottorandi, il quale mi disse che Del Boca non era una presenza desiderata "in quanto giornalista e non appartenente al mondo scientifico". Ok, ma lui, giornalista, storico o carpentiere, era stato l'unico a spulciare gli archivi italiani... Ma evidentemente per la Università itagliana contava più il titolo che la capacità.
Io, intanto, da ricercatorino iniziai a farmi un po' conoscere nell'ambiente. I voti c'erano, le pubblicazioni idem, le idee anche. Come da esempio di Del Boca, inizia a studiare una parte ancora incredibilmente poco nota della storia libica, ovvero quella fatta dai Libici, non dagli Italiani. E ciò mi portò a verificare, ad esempio, quanto dura fosse stata per il popolo libico la repressione coloniale italiana, anche in epoca pre-fascista.
Finché un giorno, non so come, il telefono squillò e dall'altra parte Angelo Del Boca mi chiamò per dirmi che apprezzava molto quanto stessi facendo, che aveva letto tutte le mie pubblicazioni, che aveva trovato nuovi spunti per un suo lavoro che stava terminando. Io stavo in silenzio, inebetito. Cioè... Angelo Del Boca mi chiama per congratularsi con me?
Da quel momento, molte furono le telefonate intercorse. Del Boca mi raccontò in pratica la sua vita, ma soprattutto la sua amarezza per non essere mai stato accettato dal mondo "scientifico", lui che professore non era (anzi, lo era, ma non aveva il titolo da incorniciare). Tanta era la stima fra di noi, che mi invitò a scrivere qualcosa per "Studi Piacentini", la storica rivista che curava da anni; per me fu un onore aderire al progetto.
Alla fine io terminai il mio percorso. Ricordo quando comunicai al signor Angelo la mia decisione di non continuare la carriera universitaria e come lui mi disse che dovevo sentirmi fortunato, perchè avrei iniziato a vedere un altro mondo: aveva completamente ragione.
Angelo Del Boca se n'è andato a 96 anni. Ma qualche anno fa ha ricevuto una laurea honoris causa prima dall'Università di Torino, poi di Lucerna, quindi di Addis Abeba, primo cittadino europeo a poterlo essere dal 1945. Giustizia è stata fatta.
Leggete qualche suo libro, capirete come a volte non basta la "comunità scientifica" a rivelarvi la Verità.
Grazie per avere condiviso il tuo bellissimo ricordo di Angelo Del Boca, ricordo bene le lezioni di Marco Lenci e quanto lui e altri (ma non molti) si fossero spesi per fare leggere i suoi corposi testi agli studenti che si avvicinavano alla 'Storia dell'Africa'.
RispondiEliminaEd è questo che rende Wiatutti un luogo virtuale di incontro/scontro interculturale unico nel suo genere.
Grazie
Verissimo. Il prof. Lenci fu uno dei più aperti, come logica avrebbe dovuto essere, anche verso la ricerca di un semplice "giornalista". A riprova che la cosiddetta comunità scientifica assorbe una miriade di stimoli e sensibilità intellettuali personali. Al-Mutanabbi
EliminaVorrei segnalare anche l'esistenza del film "Il leone del deserto" con Anthony Quinn per anni censurato in Italia perché lesivo dell'immagine delle forze armate e mai trasmesso da una TV pubblica. Insomma di strada per giungere ad una memoria storica condivisa nel bel paese dobbiamo ancora farne tanta, meritoria l'opera di Del Boca, peccato rimanga isolata, siamo troppo affezionati alla nostra immagine bonaria, peccato non trovi riscontro nella realtà. Cecco
RispondiEliminaGiusto. La visione fu bloccata dal governo Andreotti, che definì il film lesivo dell'immagine dell'esercito italiano in virtù ad esempio della narrazione esplicita delle nefandezze commesse dal generale Graziani. In Italia fu permesso solo dopo 28 anni dall'uscita (nel 2009), in seguito alla visita di Gheddafi in Italia. Al-Mutanabbi
EliminaSiena quintultimo in coppa disciplina in tutta la serie d
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