A settembre la stagione si guasta e le ombre della notte tornano ad allungarsi sulla terra. Il vetro dell’auto segna un confine invalicabile tra me ed i resto del mondo, una cortina di vetro in grado di isolarmi, almeno per il tempo di un viaggio, da tutto ciò che c’è là fuori, mentre anche questa settimana finisce, l’estate sfiorisce e io guido verso Siena - Carrarese, terza giornata del nostro campionato, appena iniziato e già pieno zeppo di ombre, ansie ed inquietudini.
Arriva Carrara, ma senza le sue bandiere, i suoi suoni ed i suoi colori. Che brutto il calcio senza tifosi. Che brutto il calcio moderno. Che brutto il calcio. Punto. Se nascessi oggi, non credo riuscirei ad innamorarmene. Ma se nascessi oggi, forse mi sarei perso il meglio. Un meglio che molto probabilmente non tornerà più. Quindi va bene così. Tanto saggio è colui che impara ad accontentarsi, no?
Mi guardo intorno e osservo, sperando che passi in fretta anche questa pioggia, che pare cadere sul mondo per lavar via dalla nostra pelle gli ultimi residui di un’abbronzatura oramai quasi dimenticata. La musica scorre veloce, come le gocce sul parabrezza che assecondando la spinta del vento si fanno portare via lontano. Mi perdo nel lento oscillare dei tergicristalli. A settembre la pioggia torna fredda e i temporali portano tristezza. Una signora armata fino ai denti di borse della spesa mi guarda perplessa cantare dentro l’abitacolo: visto da fuori l’immagine che do di me, non credo renda merito ai miei genitori, ma per fortuna hanno chiuso i manicomi. Negli ultimi giorni una vivace brezza di tramontana è arrivata da nord a raffrescare le nostre giornate. La sera il sole tramonta sempre più velocemente, incendiando la terra con i suoi caldi raggi aranciati. Sole rosso in mezzo a nuvole bianche, visto da quaggiù il cielo di settembre pare la bandiera del Giappone. È buffa la parola Giappone: così rotonda e così lontana. Sorrido sempre quando la pronuncio. Anche quando non dovrei, come quella volta a scuola una vita fa. Mi pare fosse a settembre o giù di li.
Finite le ferie, passati i due palii, è tempo di bilanci e nuovi propositi. Il mondo gira e se ne frega e nella sua perpetua rotazione sul suo asse alterna la notte al giorno, rincorre il sole e scappa dalla luna. Tutto cambia velocemente, mutano le certezze e si riscrivono le verità. E i buoni propositi di giugno non sono poi così tanto interessanti, a settembre. L’estate sembra un lunghissimo weekend. Ma poi arriva settembre e la sveglia ritorna a suonare. Visto dal venerdì, il fine settimana appare così lungo, quasi interminabile. Visto dal lunedì, invece, il fine settimana sembra soltanto un sospiro. A volte basterebbe davvero cambiare punto di vista per capire meglio le cose.
Ma con la Robur che gioca in casa, tutto per fortuna si fa più elettrico. Una breve scossa mi informicola le mani, intorpidendomi le dite. Anche se sono grande ed il cuore non batte più forte come una volta - perché anni, esperienza e musate hanno codificato la mia illusione, rendendomi un po’ più razionale e un po’ meno sognatore - spero sempre che dietro l’angolo si nasconda il miracolo e che l’alba di domenica sia la prima di una lunga serie di mattinate fortunate, per Siena, per il Siena e per i suoi tifosi. Che tanti o pochi, belli o brutti, ricchi o derelitti, sono nuovamente pronti a gioire o a dannarsi l’anima a seconda dei capricci di una palla e dei suoi Dei.
Guido incontro al destino lasciando che la notte mi inghiotta. Tutto muta per restare com’è. Cambiano i nomi ma rimangono le facce. Governi di zecche e governi di fascisti. Il Paese è inchiodato e siamo ancora fermi agli anni di piombo: stessa tensione, stessa nomenclatura. A volte credo che nessuno abbia a cuore le sorti di questa nazione. O che a tutti vada bene così. Tanto siamo solo di passaggio, ricordava il prete al catechismo. Ritorna Carrara e io ritorno ragazzo, a quando il nostro mondo era confinato in terza serie, come adesso, ma senza quei dieci anni di illusioni e Serie A, al contrario di adesso. Badantifici dell’Est Europa sfornano improbabili signore rubiconde, che aspettano la domenica per condividere ansia, vodka e speranza sulle panchine della Lizza. Anch’io aspetto la domenica, ma soltanto per tornare bambino e lasciarmi rapire dai sogni.
Senza motivo ripenso ai mondiali di calcio del '90 e mi sforzo di ricordare parole strane come Cecoslovacchia e URSS. I mondiali, quei mondiali, forse furono il saluto che gli anni '80 vollero fare a noi bambini, come per dirci: citti, questo è l’ultimo disco, poi la festa è finita. Come ad un tossicomane a cui tolgono la dose, l’effetto della droga nel sangue contribuì ancora per un decennio a distrarci dal presente. Ma tangentopoli, le stragi di Mafia e la guerra in Jugoslavia (altra parola che fa tanto Italia '90) ci proiettarono rapidamente nella seconda fase della sbornia: il mal di testa degli anni '2000, con l’euro come antidepressivo e lo spread come compagno di viaggio. I supermercati di Berlusconi faranno chiudere tutti gli alimentari del centro, si gridavano contro i ragazzi fuori dalle scuole, mentre la Coop progettava megastore sempre più grandi. Io li guardavo e me ne stavo in disparte, più per noia che per altro. Perché al tempo dei Che Guevara sulle magliette e della Banda Bardò nello stereo, non era certo figo girare per città con la sciarpa degli Ultras Fighter. Che veniva riposta in un cassetto a giugno e tirata fuori, come sempre, a settembre. Sui libri di scuola ci insegnavano la storia suddividendola in secoli, senza soffermarsi mai a spiegarci quanto può cambiare il mondo in pochi anni e perché quello che è vero oggi può diventar falso in una notte. Senza dirci a bene a cosa serva argomentare seriamente le proprie ragioni se per dare l’impressione di essere nel giusto basta soltanto gridarle più forte. Siamo entrati nell’anno dello scarafaggio dentro all’era dell’opportunismo e piano piano stiamo disimparando anche ad emozionarci, mentre la vita perde il suo sapore. Alzi la mano a chi piace questo tempo: vedo tante facce perplesse, ma poche braccia alzate. Anche la passera non sa più di niente, da quando hanno inventato l'intimo di Carinzia, direbbe il poeta dei nostri giorni, mediocre come tutti noi.
Non so perché scrivo queste cose, ma pensando ad un Siena - Carrarese di settembre, non mi è venuto in mente nient’altro di sensato. A settembre si smette di parlare di donne e si ricomincia a parlare di calcio. A settembre il mondo va avanti lo stesso, che ci piaccia o meno. A settembre vorrei ritornare a sognare.
Robur Siena - Carrarese: seconda puntata della nostra telenovela preferita e secondo appuntamento col futuro. Tra un alto e un basso adesso è arrivato il momento di trovare stabilità e puntare la bussola verso la vetta, perché noi non soffriamo di vertigini e l’altezza non ci fa girare la testa. Sarà stato un caso la sconfitta o sarà stato un caso la vittoria? È presto per fare bilanci, è tardi per porre rimedio agli errori. È arrivato soltanto il tempo di vincere.
Saluti, baci, cordialità e sempre forza Siena!
Robur Siena - Carrarese: seconda puntata della nostra telenovela preferita e secondo appuntamento col futuro. Tra un alto e un basso adesso è arrivato il momento di trovare stabilità e puntare la bussola verso la vetta, perché noi non soffriamo di vertigini e l’altezza non ci fa girare la testa. Sarà stato un caso la sconfitta o sarà stato un caso la vittoria? È presto per fare bilanci, è tardi per porre rimedio agli errori. È arrivato soltanto il tempo di vincere.
Saluti, baci, cordialità e sempre forza Siena!
Mirko
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