"Nell'agosto '78 maltrattavano XXXX affidata al Fiesoli per ragioni di cura e custodia, picchiandola ogni giorno più volte, offendendola continuamente con gli epiteti più avvilenti, pretendendo che ella in presenza di numerose altre persone si riconoscesse una "puttana", impedendole di comunicare con l'esterno schernendola anche in rapporto alle sue condizioni di minorata psichica, costringendola a subire manifestazioni di indole sessuale dirette e ferirla come quelle indicati nei capi precedenti e mostrandole il Fiesoli in una circostanza, per spregio, il proprio membro virile, sputandole in faccia, facendo in modo che altre persone di sesso maschile e femminile aderenti alla cooperativa "Il Forteto" rivolgessero alla XXXX offese, percosse, dileggio, attenzioni sessuali".
Questo sopra è un pezzo della sentenza passata in giudicato nel 1985, che condannava Rodolfo Fiesoli a due anni di carcere per atti di libidine violenta, corruzione di minorenne e maltrattamenti su persona disabile.
Alzi la mano chi di voi, a fronte di una motivazione del genere, abbia il coraggio solo di pensare di affidare a un figuro del genere un bambino minorenne.
Qualcuno lo ha fatto. E lo ha fatto ripetutamente, per quasi 100 volte, in 30 anni di storia. E questo qualcuno ha più di un nome e un cognome, è una Istituzione: il Tribunale dei Minori di Firenze.
Già, perché, fin dal 1978, mentre il processo a Fiesoli procedeva, il Forteto, pur non avendone facoltà, continuava a ricevere minori in affido, ad opera al tempo, ad esempio, del giudice Giampaolo Meucci. E poi, via via, tutti gli altri suoi colleghi.
Fiesoli, detto il "Profeta", fondò il Forteto nel 1977. Oggi la struttura è una cooperativa, una fondazione, un'azienda agricola che fattura circa 20 milioni di euro di fatturato.
Sul Forteto è stato scritto, spesso abtorto collo, molto in funzione degli incredibili abusi perpetrati al proprio interno. Prova ne sia una clamorosa condanna nel 2000 della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo contro lo Stato italiano proprio per avere ostacolato il Forteto il mantenimento dei rapporti fra un minore lì dentro inserito e la famiglia di provenienza.
E nel 2017 ancora una condanna a Fiesoli ed altri per abusi e maltrattamenti, in attesa della Cassazione.
Non andiamo più avanti nella tragica storia della comunità, una vera e propria setta, anche a detta di chi la fondò e poi ne fuoriuscì. Per approfondimenti, consiglio di leggere il libro "Setta di Stato. Il Caso Forteto" del 2015.
Ciò che interessa in questo articolo è capire un aspetto, ovvero se esistano delle similitudini fra il Forteto e le inchieste "Veleno" e "Angeli e demoni". Ma anche - e soprattutto - se sia corretto ipotizzare che proprio Forteto abbia rappresentato la matrice, il modello, l'incubatrice ideologica e strumentale degli altri casi che si sono succeduti negli anni seguenti.
Verifichiamo anzitutto l'ideologia che soggiace al caso Forteto. Che è chiarissima, in quanto enunciata più volte dall'omosessuale Fiesoli ed i suoi ideologi, i quali avevano un nemico principale e dichiarato: la famiglia naturale, causa di tutti i mali per un minore. Il paradosso, sotto il profilo giuridico, degli affidamenti al Forteto derivava dal fatto che quella non era una struttura di accoglienza ma un’aggregazione di persone che vivevano in una setta, dove si teorizzava il concetto della famiglia funzionale, ovvero di un uomo e una donna che, pur non avendo nessuno legame affettivo, ricevevano in affido un minore. Non c’erano legami affettivi di coppia anche perché gli unici rapporti tollerati erano quelli omosessuali: per questo motivo i bambini al Forteto non nascevano e la comunità/setta si procurava minori in affido, senza alcun contributo, come forza lavoro. Emergono cioè clamorose analogie con l'idea malata di una Anghinolfi, che nei convegni pubblici a Reggio Emilia teorizzava i mali che un minore potesse ricevere da una coppia eterosessuale di babbo e mamma naturali. La famiglia naturale quindi come pilastro da smantellare, per gli "ideologi" delle teorie degli affidamenti. Meglio se povera.
Fiesoli, come Anghinolfi per "Angeli e demoni" e le psicologhe della Hansel e Gretel per "Veleno", era persona centralissima per le procedure degli affidi, pur non avendo alcun titolo per esserlo. Giudici minorili, assistenti sociali, enti pubblici: nella storia del Forteto, essi sono sempre cento passi dietro alla volontà del Fiesoli, che decideva lui stesso a chi il bambino doveva essere affidato all'interno della comunità, bypassando totalmente le scarne indicazioni dei servizi sociali ed anzi sostituendosi ad esse. Un vero e proprio Re degli affidi, il solo deus ex machina, abusatore seriale dei ragazzi che, attraverso un'esperienza omosessuale con lo stesso Fiesoli, dovevano rivivere il trauma provato in famiglia.
Ed a proposito di trauma, in modo assai più pecoreccio, il sistema di riaffioramento dei ricordi degli abusi al Forteto ricorda in modo inquietante le teorie "scientifiche" dell'ascolto empatico alla Foti. "Chiarimento" veniva chiamato il momento ossessivo, che poteva durare anche una intera giornata, in cui il ragazzo era "ascoltato" dal Fiesoli, con l'unico obiettivo di essere stuprato. E comunque la base era che si doveva far riemergere nella cassettina dei ricordi un episodio di abuso familiare, che avrebbe in seguito devastato la psiche del bambino.
Parlando dei vantaggi economici ricevuti, nel caso del Forteto essi sono clamorosi. Avviatasi come comune di volontari idealisti, il Forteto diventa una grande azienda agricola, con fatturati importanti e centinaia di persone impiegate (con contratti molto border-line, en passant). Che tutto il miracolo economico sia iniziato anche con la politica degli affidi è un fatto.
I mostri del Forteto, come i terapeuti della Hansel e Gretel, non si limitarono a svolgere il proprio sporco lavoro all'interno della comunità. No, numerosi sono i corsi di formazione che essi andarono a svolgere presso associazioni, enti ed addirittura scuole. Per lo più sostenuti da un preciso settore del mondo della politica.
Ed eccoci al dunque, nel finale... Il Forteto, per anni, è stato il fiore all'occhiello della sinistra liberal, di quel mondo cattocomunista che immediatamente dopo il '68 ha iniziato ad imperversare ed installarsi in più punti nevralgici del potere legato alla cultura ed ai servizi sociali. "Chi tocca il Forteto muore", era uno slogan di qualche anno fa, a riprova delle impressionanti e per certi versi inspiegabili coperture di cui la comunità ha fin dall'inizio goduto. Politici, giudici, uomini che occupavano cariche pubbliche: tutti presenti, nei momenti d'oro, al Forteto, per farsi belli e compiacersi di quell'eccellenza della sinistra alternativa toscana post sessantottina come "una esperienza comunitaria e cooperativistica di valore".
Ed eccoci giunti al domandone finale. Visti i molti ed inquietanti legami fra "Forteto", poi "Veleno", infine "Angeli e demoni", possiamo ipotizzare che quella del Forteto sia stato un esperimento, oltre che sociale, anche ideologico? E' possibile che dietro Forteto, considerate anche le fortissime ed occulte presenze di tutela, si sia avviato un filone degli abusi, che ha portato, attraverso varie fasi ed aggiustamenti (vedi il metodo terapeutico), ad affinare una mostruosa procedura nella quale molti ancora oggi sguazzano? Oppure i tre casi sono totalmente slegati, non comparabili, se non nella follia malata di qualche mente deviata?
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