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mercoledì 13 giugno 2018

A piedi nudi nel delirio

Notte scura. Notte senza la sera. Notte impotente. Notte guerriera.
I fari gialli dei pendolari della domenica illuminano la via di casa, trasformando la strada del mare in un lunghissimo budello luminoso. Qualcuno suona, qualcuno fuma, altri pensano già all’indomani. Scuole chiuse, scrutini ed esami. Dai finestrini scorrono velocissime le immagini sfuocate di campagne verdi e colline ricoperte di boschi. Quanto manca? Poco. Due ore grosso modo. Poi sarà tutto finito. O forse no. 
La partita inizia e il cuore perde un battito. Non la voglio vedere. Cammino per la notte, cuffie nelle orecchie e telefono in mano. Ognuno combatte l’ansia come meglio crede. Ci sono partite che l’unico modo per poterle vivere senza soffrire sarebbe giocarle. Ma il tempo, la classe e madre natura non permettono a tutti di arrivare a tanto, quindi tocca patire. Gonfiando e sgonfiando il petto ad ogni sussulto. La musica irrompe e copre ogni cosa. Riveste mattine e pomeriggi. Appiattisce altezze e smussa angoli. Le note si susseguono e la partita va.
0-1; 1-1; 2-1. Allo stadio s’impreca in compagnia, nelle case s’impreca da soli. Ma col 2 a 1 non passiamo noi? No! Ma come, e il goal fuori casa allora? Niente. Non vale. E quindi se segnamo 6 goal e finisce 7 a 6? Niente lo stesso. Continuo a passeggiare, ascoltando la mia musica e aspetto. In fondo al viale c’è lo stadio con il maxischermo ma non me la sento di restare immobile a patire. Preferisco camminare, vagare senza una meta in attesa di questo benedetto segnale. 
I 90 minuti finiscono che il sole è appena tramontato e anche i supplementari sfumano via rapidamente. Giusto il tempo per vedersi scorrere tutta la vita davanti agli occhi al 118° che siamo già ai rigori. Cammino nel piacevole tepore di un giugno ovattante, immerso nel profumo di tiglio. Cinque tiri, cinque sospiri: 55 metri ci separano dalla finale. Sta noi decidere: in finale a Pescara o in vacanza a Peschiera? 
Adesso non so più dove mi trovo. Cammino per una strada deserta, galleggiando dentro un mondo arancione. Un gatto mi osserva pigro, stirandosi le membra dopo un pomeriggio di ozio. Vorrei accarezzarlo, allungo la mano ma l’animale si ritrae, soffia e scappa via. I minuti scorrono lenti. "Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo dalla fantasia". Gerli goal. 1 a 0! Il 16 sulla schiena ondeggia come scosso da un tremito, assecondando il movimento di un braccio nervoso, che dopo la rete, sfoga tutta la rabbia per un’ammonizione ingiusta. "Non ci sarò in finale. Ma i miei compagni sì. Tutti insieme si sprofonda, tutti insieme ci si rialza. Tutti insieme si arriva in vetta. Dai ragazzi, adesso tocca a voi". 
La gente intorno a me invece, a 2000 km di distanza dal catino impazzito di Catania, pare aliena alle roburriane cose. Forse inconsapevolmente sono finito in una dimensione parallela, dove il calcio non esiste e questo piccolo oggetto elettronico è l’unico ponte in grado di collegarmi alla vecchia realtà. Damian goal. 2 a 1! "La ragazza del luna park ha caricato il suo fucile. 21 colpi davanti a me, è così facile morire". "Gerli domenica non ci sarà, ma io sì. Per questo devo segnare. Voglio giocare la finale da protagonista. Non mi fa paura il muro di gente arroccata dietro la curva. Osservo le loro facce dalle maglie della rete. Quella rete che fra un attimo si muoverà, facendo tremare lo sfondo. Nemmeno lo guardo il portiere. Tanto so già che andrà dalla parte sbagliata. Voglio quella finale". 
Ritorno alla realtà. Bulevardi, parato. Si rimane sul 2 a 2. I Green Day irrompono nelle cuffie, arrivando quasi in soccorso del dolore lancinante che avvolge le budella. Il cuore si stacca e precipita verso lo stomaco. Le note di "Boulevard Of Broken Dreams" echeggiano nella testa. Il viale dei sogni spezzati conduce dritti dritti alla beffa. Atroce beffa. Alzo gli occhi al cielo, come il maschio medio quando fa pipì all’aperto. "Lo sapevo che sarebbe toccato a me sbagliare. Il primo che sbaglia di solito vince, ma nessun compagno se l'è sentita. Io figlio di questa terra, così straniero in questa notte di passione, stento a riconoscere la mia gente. Nell’aria non avverto più il profumo di mandorle tostate e fichi secchi. Il mare c’è, ma di notte è un tutt’uno col cielo. E la luna poi, mi guarda beffarda e ride! Chissà cosa diranno adesso i miei seduti da qualche parte lassù in tribuna. È una vita che lottavo per calciare questo rigore. Forza Pasquale. Salvami".
Il colpo è talmente grosso che mi costringe a sedermi. Hanno sbagliato anche loro. Palo, alto o forse qualcos’altro. Boh. Fatto sta che siamo ancora a galla. Respiro a fatica come un centometrista dopo la finale alle Olimpiadi. Le spalle sobbalzano disperate. "Le 6 e 26: ci sono notti in cui non sai dormire". Sbraga goal: 3 a 2! Una scarica elettrica mi scuote le membra. Il traguardo adesso appare così vicino che ad allungare la mano pare toccarlo. "I miei compagni che hanno tirato alla sinistra del portiere hanno fatto goal. Danilo invece ha calciato a destra ed ha sbagliato. Ho una grande rabbia dentro. Se quel palo col Pisa, un pomeriggio di una vita fa, fosse entrato, adesso saremmo comodamente seduti davanti alla televisione a commentare la partita. Adesso vado e porto dentro anche il portiere. Pescara da Roma è vicina e io voglio andarci in tutti i modi". 
Il silenzio scende sulle umane cose e anche la natura pare farsi da parte. Come in un duello da film western, adesso siamo soltanto io e il mio telefono contro il mondo. Siamo arrivati al quinto. Chi c’è rimasto? Marotta! Sì, tocca a lui. Deve toccare a lui per forza. Amore e odio. Felicità e frustrazione. Genio e sregolatezza. In un attimo tutta la stagione sembra non contare più. Non serve a niente ricordare carriera, curriculum o pedigree. Niente trofei o palmares. Ci sei soltanto tu, il pallone, la porta ed il portiere. "Questo pallone pesa un macigno. Ne ho calciati molti di rigori in vita mia: ma questo, davanti a tutta questa gente, ha un sapore differente. Percepisco le offese ma non sento le parole. Hanno paura, lo so. Anche io ne ho. Soltanto non posso darlo a vedere. Il portiere pare un gigante incastrato dentro a quella porticina, troppo piccola per infilarci anche questo tiro. Dove lo calcio adesso? Prendo di mira quel tipo in curva che da 120 minuti ci sta facendo il gesto dell’ombrello. Se la metto a 20 cm dal palo, non ci arriva nemmeno con la rincorsa. Buffo pensare alla rincorsa, mentre sto difendendo i colori del Siena, io che non avevo mai visto un Palio in vita mia". Marotta... silenzio! Il messaggio non arriva, il telefono pare inceppato. Come dentro ad un incubo comincio a correre. Come se la corsa potesse contribuire a qualcosa. Sbatto il piccolo dispositivo, lecco lo schermo e lo passo sulla stoffa della maglia. Niente. Mi guardo intorno perplesso. Anni fa di domenica, il corso era pieno zeppo di donne annoiate a braccetto con uomini collegate alla radioline. Nel 2018 invece, la gente non ascolta più: legge e basta. 
Il display s’illumina: <è finita! Hanno sbagliato. Abbiamo vinto>. Tiro via il telefono e cado in ginocchio, afflosciando su me stesso come un palloncino sgonfio. Mi godo un momento di felicità che rimarrà appiccicato alla pelle per molti anni. Due lacrime grosse come lucciole rigano le guancie. Una ragazza mi guarda perplessa. Devo dare l’impressione di essere stato appena mollato dalla fidanzata. Nelle cuffie la musica copre ogni cosa: "E ho guardato dentro un'emozione, e ci ho visto dentro tanto amore che ho capito perché non si comanda al cuore". Alzo le braccia al cielo immerso fino al midollo nella notte senese, per un secondo sono Rocky! Il telefono squilla, pare impazzito. Dalle case si alzano grida insperate. Guardo lo schermo, sorrido e piango nello stesso istante. È solo un gioco vallo a raccontare a un altro. Il telefono continua a suonare: mi pulisco la faccia con il dorso della mano. "Ed il telefono che suona, non rispondo, è ancora presto. La Corea del Nord non potrà fermare tutto questo".

Catania - Siena poco a tanto d.c.r.: non devo aggiungere altro, è già stato detto, scritto e urlato tutto. Non svegliatemi proprio adesso! Avanti bianconeri! È la gente normale che fa la storia!

Tutti insieme uniti avanzeremo!


Mirko

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