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giovedì 1 febbraio 2018

Infinite jest

Ecco, ci siamo. Sfogliando un giornale, mi imbatto in una didascalia sotto la foto di due esponenti di Sena Vetus. Sportelli parte fiancato, c’è scritto.
Non penso di essere uno snob e neppure disdegno le contaminazioni tra alto e basso, tra livelli ed ambiti diversi della galassia dell’espressione: linguaggio politico e linguaggio popolare, lingua della cultura e lingua dei media. Tutt’altro. Penso ormai di esserci abituato, anzi di esserci cresciuto ed invecchiato dentro a queste contaminazioni, più o meno intelligenti, più o meno raffinate. Ad un certo punto mi hanno pure detto che sono necessarie queste contaminazioni, ed in parte credo che sia anche vero: servono ad avvicinare almeno formalmente il linguaggio della politica, spesso astratto ed incomprensibile, alla lingua d’uso, alle abilità di comprensione dei semplici. Insomma, funzionano in fondo come delle traduzioni democratiche. Un po’ come quando, a livello nazionale, i leader politici usano le locuzioni tratte dalla koinè calcistica nazional-popolare per disinnescare la loro differenza, per dare l’impressione di parlare, e quindi di essere, come tutti gli altri, per riportare gli affari che ci riguardano, che incidono sulle nostre vite, al ritmo non collocabile di una partita di calcio.
Avverto, in ogni caso, di fronte a quel pugno di parole un forte disagio, se non addirittura del disgusto. Starò davvero invecchiando, irrigidendomi? Mah, non direi, anzi con il passare degli anni credo di essere diventato sempre più flessibile, aperto, ironico. Da che deriva allora questo disagio, questo disgusto? In fondo è una semplice didascalia, c’è tutto un articolo intorno ed oltre Sportelli parte fiancato.
Inutile, anche sforzandomi, non posso fare a meno di pensare che il centro della pagina sia proprio quella frase, innocentemente masoniana, gettata lì come per caso, a ricordarci che sì, insomma, siamo vicini alle elezioni - elezioni che potrebbero o dovrebbero essere storiche, elezioni che potrebbero e dovrebbero introdurre cesure, spartiacque, tagli netti rispetto al passato grazie anche alla manifestazione di opposizioni attese con fervore millenaristico - ma non dobbiamo dimenticarci quell’involucro invisibile che ci unisce, che ci offre la nostra unica, vera dimensione, quella che desideriamo e che ci identifica più di ogni altra, indipendentemente dalle trasformazioni anche tragiche - nette, chiare, oggettive – che ci hanno riguardato e che non possono più essere ignorate. Quella dimensione dolce ed in fondo rassicurante, che canalizza e riconduce sempre allo stesso porto la rabbia e le energie della comunità, che ci fornisce un linguaggio comune, quello del desiderio e del gioco, l’unico che meritiamo e che possiamo permetterci in virtù della nostra eccellenza rispetto ad altre realtà magari offese come la nostra, ma più sfortunate. Sì, noi possiamo permetterci di convertire l’ansia, l’inquietudine, la rabbia in gioco, l’aspetto brutalmente materiale di una crisi nell’idealità di un senso di appartenenza, di un gergo comune, che ci scambiamo in modo complice, che ci salvaguarda e nobilita con il suo semplice contatto, come la mano dei re taumaturghi nella superstizione medievale.
Sportelli parte fiancato.
E magicamente è subito estate, Palio, mossa, Canale 3. Forse è lì che già vorremmo essere, saltando a piè pari – come facciamo da troppi anni in modo diretto o indiretto – l’appuntamento con le urne.
Le parole non sono semplici segni che tentano di descrivere una realtà che a loro preesiste, le parole contribuiscono a costruirla la realtà, le danno una forma, insinuano una sostanza, tracciano dei perimetri, iscrivono delle differenze. Basta una frase molto semplice, che ci graffia le orecchie da quando siamo bambini, a ricondurre l’insolito ed il destabilizzante al noto, lo storicamente circostanziato e che dovrebbe essere denso di opportunità al mito di una fanciullezza eterna, intramontabile. Quella che ci sommerge e che ci fa dimenticare tutto, che rimescola le differenze, le posizioni che dovrebbero essere diverse, le responsabilità soprattutto. Quella che non ci viene calata dall’alto come vorrebbero far credere i teorici dell’abusato Panem et circenses, ma che non cessiamo di costruirci da soli, attraverso la formulazione volontaria di discorsi dal basso che attraversano e colmano il nostro microcosmo, attraverso l’esercizio dei nostri micropoteri all’interno dei piccoli mondi che abitiamo quotidianamente e che mettiamo in relazione l’uno con l’altro, senza volerli trasformare.
Sportelli parte fiancato.
Questa frase sommerge tutto, fa dimenticare tutto, ha la forza di rimescolare le differenze, disinnescare le diverse posizioni. Non avete nulla da temere. Comunque vada, o meglio nonostante il fatto che tutto continuerà ad andare allo stesso modo, ci ritroveremo comunque immersi, indissolubilmente congiunti, dentro un dolcissimo, infinito intrattenimento.


Folagra

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