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martedì 7 novembre 2017

La doppietta

Il pomeriggio del sabato era trascorso lento. Ore insipide e sdrucciolevoli avevano collegato la lunga mattinata passata a far compere ad una sera nella quale il cuore avrebbe avuto la meglio sulla testa.
Adesso però era ora di andare. Fermo davanti al bancomat, Pancino fissava incredulo il piccolo display colorato del distributore, che subito dopo aver inghiottito la tesserina gli aveva mostrato l’inquietante scritta "Fuori servizio".

A pochi metri di distanza, immobili nell’auto ferma al lato della strada, Maso e Dante attendevano in silenzio il ritorno dell’amico, ascoltando le notizie di "Radio Sportiva". Sullo sfondo le luci arancioni della città tentavano vanamente di contrastare l’avanzata del buio, mentre sull’asfalto umido mucchietti di foglie colorate rendevano la strada simile ad un mosaico.
"Ma andate in culo voi e il Monte". La voce energica e potente dell’uomo di ritorno dal mancato prelievo irruppe con forza all’interno dell’abitacolo maleodorante della piccola utilitaria. 
"Che t’è successo, Pancio?", chiese Dante, vagamente divertito, "la tu' moglie t'ha prosciugato il conto?".  
"Ma poi scusa, che c’entra il Monte, eri al bancomat della Crasse", aggiunse Maso, ex montepaschino in pensione e ancora troppo legato al vecchio datore di lavoro.
"Ma vadano tutti a cacare, questi sudici! M’ha mangiato la carta! Ora do' vo' con tre euro nel borsello? Passiamo un secondo da casa mia via, guardo se la mi' moglie c’avesse qualcosa di spicciolo, sennò 'un compro nemmeno il biglietto stasera".
"O che te ne fai del biglietto?", chiese Maso incuriosito. "Non eri abbonato da una vita?", aggiunse poi imitando la voce dell’amico.
Colto in castagna, Pancino cercò una disperata ritirata, trincerandosi dietro un banale: "Boh… dopo la partita col Monza devo averlo perso", chiudendo apparentemente una questione che gli altri due non avrebbero tardato a tirar fuori alla prima occasione. 
Pancino in fondo era sempre stato così: non era cattivo ma la smania di chiacchierare troppo lo aveva spesso fregato.
"Andiamo dai. Te li do io i soldi per il biglietto", disse il professor Dante per riaccendere un’atmosfera che di colpo si era fatta gelata. "Anzi, visto che a giorni dallo Stato mi dovrebbe arrivare la liquidazione, dopo la partita vi porto anche a mangiare una pizza da Roberto in Camollia. Tanto la macchina si lascia in Piazza d’Armi, vero?". 
Dopo aver ingranato la marcia, Maso cercò nello sguardo retrovisore il volto dell’amico seduto sul seggiolino posteriore prima di aggiungere: "No, no. Ho preso questa carretta perché c’ha il permesso per andare in centro. Almeno si parcheggia in Piazza del Mercato e si fa prima". E il tono utilizzato non ammetteva repliche. 
L’automobile con i tre amici a bordo si immise senza sforzo nel traffico svogliato di un sabato sera autunnale, ancora un po’ troppo caldo rispetto al calendario.
"Oh, domani dice piova", aggiunse all’improvviso Pancino, ancora scosso dall’essere stato colto in castagna dagli amici, che sicuramente non avrebbero tardato a spifferarlo a Graziella e tutto il barre. Aggiungendo poi: "Speriamo non faccia danni". 
Le strette vie del centro storico accompagnavano il passaggio dell’automobile, mentre riflessi sul vetro i portoni dei palazzi parevano rincorrersi. Nelle case la gente si stava mettendo a tavola. 
"Quanto mi garberebbe un appartamento da queste parti", disse Pancino all’improvviso. "In tre minuti sarei allo stadio".
"Ma per farci che?", chiese prontamente Dante che non aspettava altro: "Non sei nemmeno abbonato", accompagnando l’affermazione con una grossa risata.
"Ma vai a cacare anche te, vai", rispose Pancino. 
All’improvviso l’esuberante maestà della facciata posteriore del Palazzo Comunale irruppe nel loro campo visivo. Il primo a parlare fu Dante: "Piazza del Mercato è talmente meravigliosa che sarebbe la piazza principale di qualsiasi altra città".
Melodrammatico, Pancino aggiunse: "Sienina mia quanto t’avevano fatto bella".
"E che finaccia che hai fatto", chiuse il professore dopo essere sceso dall’auto, mentre si avviava a passo svelto verso Via Duprè.
"Morta e sepolta da almeno dieci anni", continuò Pancino.
"O perché dieci anni?", chiese allora Maso, incuriosito.
"Perché la parola fine alla vita di questa città la scrissero dopo che i tuoi amici acquisirono Antonveneta! Non era forse il 2007? E quand’è che è morto Paolo De Luca: sempre il 2007. Dai retta, giù a Porta Romana dovrebbero metterci una bella lapide di marmo bianco con scritto in nero: dal 2007 Siena riposa in pace".
Parlando parlando, i tre avevano quasi raggiunto lo stadio. La partita sarebbe cominciata a minuti.
"Pancio, tieni i soldi. Vai a fare il biglietto, lesto. Noi ti s'aspetta qui", suggerì Dante. 
Pancino, squadrandoli dal basso verso l’alto con un’aria di sfida aliena dal suo solito sguardo estrasse dalla tasca interna del piumino una tesserina arancione, per poi sventolarla davanti al naso di Maso. E rispolverando l’aria di una vecchia pubblicità dei salamini aggiunse: "Le stelle sono tante milioni di miliardi, se segna Bulevardi... in culo vi si va". E con passo fiero raggiunse i tornelli, precedendo di alcuni passi i suoi compagni.
"Il Fedelissimo è finito anche questa sera", esclamò contrariato rimettendo l’abbonamento nel borsello.
"Per forza", aggiunse Dante: "La gente ne prende dieci copie per mettersele sotto al culo. Se lo facessero pagare smetterebbero, questi villani".
"Vorrà di' si farà senza", chiuse Pancino, osservando i giocatori sul campo che stavano ultimando il riscaldamento. "Neglia e Campagnacci insieme? O dov’è Marotta?".
"Mah, forse s’è tagliato la barba e da qui non lo riconosci", replicò il professore. 
"Lasciate perde' Marotta", intervenne Maso. "Tanto ci potrebbe essere anche Maccarone questa sera... Prima ho giocato la vittoria del Livorno, 1 - 2 con doppietta di Vantaggiato e ‘de’ la capolista se ne va".
"Ma prima c'eco che indovino", lo apostrofò in malo modo Pancino, visibilmente contrariato. "Gobbo di merda, fai schifo! Voi juventini siete come quell’albergacci di provincia dove porti tutte le lorde che raccatti al night: dichiarate tre stelle ma in realtà ne avete due! Ladri un’altra rivolta. Se segna il Livorno cerca di stammi parecchio lontano, vai". 
La partita finalmente cominciò e, tra un sussulto e un’emozione, il primo tempo scivolò via veloce. Lo stadio finalmente sembrava meno vuoto e nel mezzo a tanto bianconero una macchia granata ricordava a tutti chi fosse l’avversario.
"Madonna quant’è che il Livorno non vince a Siena", esclamò Maso.
"Ma chetati gufo", lo rimproverò Dante. 
"O Maso, lui te l’ha detto per bene, io ora invece ti ci mando davvero", terminò Pancino. 
Palla in profondità, Campagnacci solo: tira tira tira, ed invece un coro di disapprovazione si alzò dagli spalti prima di salire verso il cielo. 
"Ma perché non ha tirato?", chiese Pancino mangiandosi le mani.
"Perché unn’è bono", replicò sornione Maso. 
Intervallo: 0 - 0.
"Io vo a pisciare, volete qualcosa dal barre?", chiese il professore.
"No", risposero in coro gli altri due, prima di proseguire: "Ora perché t’arriva il TFR non è che puoi fare il Briatore della periferia". 
Con perfetta sincronia, Dante tornò proprio mentre ricominciava il secondo tempo, armato fino ai denti di noccioline e semi di zucca.
Osservando il gioco, Pancino fra sé e sé pensò: "Però, che bella squadra è il Livorno. Anche un punticino schifo schifo non mi farebbe". Manco il tempo di finire la frase che i labronici passarono in vantaggio: 0 - 1, Vantaggiato. 
Sul Rastrello calò il gelo, mentre Maso guardandosi le unghie fingeva di fischiettare disinteressato. 
Alla ripresa del gioco la Robur parve sbandare e per lunghi minuti il Livorno dominò in lungo ed il largo. La gente in tribuna mormorava. "Mignani cambia", urlò un ragazzo due file più in là. Ed effettivamente qualcuno uscì dal campo, e qualcun altro vi entrò.
"Ma Marotta dov’è?", chiese ancora una volta Pancino, con voce isterica, muovendo nervosamente le mani. 
I minuti scorrevano. Miracolo del portiere bianconero. "Tiecci a galla, Pane", gridò Dante. 
Calcio d’angolo a favore del Siena. "Dai dai, siamo in zona Robur! Quant’è che non si marca su angolo?". 
84’, la palla cominciò la sua corsa verso il centro dell’aria, salì salì salì per poi ridiscendere in picchiata verso il terreno di gioco, come un falco in cerca della preda. Prima di toccare terra tuttavia incocciò un piede, disperatamente proteso nel difficile tentativo di correggerne la traiettoria: tiro, goal! 1 - 1, Sbraga! Sbraga! Sbraga! "Gooooooooooooool della Robur! A segno con il numero 26, Andrea..." e per tre volte tutto lo stadio ripeté il cognome. 
Con gli occhi iniettati di sangue, Pancino si portò la mano destra sull’incavo del gomito sinistro e girandosi verso l’amico Maso lo mandò amabilmente affanculo: "A cacare te e quel bove di Vantaggiato".
Per un secondo anche Maso parve dimenticarsi della sua vita triste, di sua figlia picchiata dal marito e dell’amarezza di una moglie distante e depressa e forse sembrò sorridere. 
La partita riprese: "Ora si vince", gridò qualcuno. 
"Siena, Siena, Siena". Lo stadio pareva impazzito. 
Palla lunga, Emmausso in aria a tu per tu con il portiere, tiro: gol, no alto. "No, cazzo se l’è mangiato vivo senza masticarlo".
Tormentando le frange della sciarpa, Pancino attendeva il fischio dell’arbitro. Cross ospite: tiro, palo, tiro, goal: 1 - 2: ancora Vantaggiato, doppietta. 
Un’atmosfera surreale avvolse lo stadio ed i suoi occupanti, mentre nel settore ospiti esplodeva una gioia attesa da dieci anni. Pancino parve vacillare, scosso da un qualcosa di violento ma invisibile, tipo un pugno immaginario. Improvvisamente sembrò più vecchio e stanco. Incredulo, guardò prima Dante e poi Maso, il quale visibilmente a disagio si fissava le punte dei piedi. 
"Sono una bella squadra", sentenziò Dante.
"E la fortuna con una mano dà e con quell’altra leva", Pancino scosse la testa. 
Con un filo di voce, Maso, visibilmente dispiaciuto, mormorò: "Doppietta di Vantaggiato. Ho azzeccato la scommessa. La pago io la pizza questa sera". E tirando su col naso lasciò che il silenzio calasse su di loro.

Siena - Livorno: 1 - 2. Il risultato più brutto nel modo più temuto. Abbiamo strozzato la gioia dello scorso anno inghiottendo lo stesso boccone che avevamo offerto dodici mesi fa. Tuttavia e per fortuna abbiamo ancora un sacco di tempo ed un mucchio di valore per continuare a sognare. Niente avrebbe pregiudicato una vittoria e niente pregiudicherà la sconfitta. Le finali sono secche, ma i campionati sono lunghi e ricchi di sorprese. Oggi siamo secondi, domani chissà. Avanti Robur!

Tutti insieme uniti avanzeremo.


Mirko

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