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venerdì 9 giugno 2017

La morale è sempre quella

Qualche giorno fa, nel rito del caffè mattutino al barre, sfogliando un quotidiano locale mi sono imbattuto in un esteso articolo su un nostro famoso Amministratore (A maiuscola, in questo caso), colui il quale in questi anni ha insegnato a noi, poveracci del popolo zozzo, ad apprezzare le qualità dello smartismo cittadino.


Grande sportivo ma soprattutto grande atleta, il nostro Amministratore anima le vicende cittadine con grande presenza ed eclettismo: una volta fotografa le due auto elettriche attaccate alle colonnine (ma secondo me non esistono), un'altra glorifica una installazione di una stazione di noleggio delle bici elettriche, un'altra ancora discetta di governo cittadino (lui uomo dell'Amministrazione che però critica fortemente questa amministrazione e che poi crea un movimento-lista civica che si stacca dal PD e che poi critica il Pd e che poi vota le mozioni del PD e che poi forse si presenterà alleato del PD), un'altra infine - e di questa parleremo ora - si racconta in quella che il titolista dell'articolo cita come "impresa" (sic!), che ci ha tenuti tutti col fiato sospeso.
Eh già, cari infingardi buzzoni del popolo zozzo (che scommetto non siete nemmeno mai stati una volta in bici, popòdimostridivega...), perché qui si tratta di una iper-maratona di 100 km, no seghe. Roba che solo pochissimi possono portare fino in fondo, caribelli.
Avevo pensato di scrivere un articolo ridanciano, con riferimento alla celebre canzone di Elio e le Storie Tese: "Mio cuggino", quella in cui appunto un cuggino fa delle cose strabilianti e mitiche, ganzo e bravo altro che lui.
Ma poi ho pensato che, impostata su questo tasto, la questione poteva far pensare ad uno sberleffo (non sia mai!) verso l'illuminato Amministratore e quindi ripiegherei verso la semplicità. Farei cioè parlare direttamente Lui, citando alcuni pezzi integrali della sua chilometrica intervista (due paginone), per non offuscare il pathos e la tensione palpabili.
Signori... silenzio in sala.
Seguiranno citazioni di pezzi, con a latere mio commento esplicativo.

"Correre 100km non è come correre una maratona. È una cosa che devi fare con grande rispetto e umiltà. Non è più una prova individuale, egoistica. Diventa un'esperienza collettiva".
Il Passatore (questo il nome della eccezionale sfida di 100 km) non è per tutti. Risalta immediatamente come l'Amministratore, uomo di profonda sinistra, cerchi di far capire di aver affrontato l'Impresa non da solo (e ce l'avrebbe fatta sotto gamba...), ma con un nucleo di fidati runners amici.

"Pensi a non sbagliare nulla o almeno ci provi, controllando che mente e corpo siano sempre minuziosamente in contatto".
Si fa notare en passant la perfezione dello stato psico-fisico, chiaramente al top(pe).

"E lo fai perché, oltre agli affetti familiari, c'è un gruppo di persone che è con te, nella tua testa, nei tuoi pensieri".
Entra in giuoco, con malcelata crepa emotiva, la questione familiare, che tocca il cuore.

"C'è la dimensione del viaggio dell'anima, dei luoghi, del cielo stellato, dell'aria di montagna sull'Appennino e degli odori di primavera della Pianura Padana". 
Estasi poetica, padronanza del linguaggio, termini altamente evocativi, filologica ricostruzione geografica: cosa vogliamo di più, un Lucano?

"Che esperienza è stata? Direi che indimenticabile è l'aggettivo più semplice ma più veritiero". 
Anche per noi. Indimenticabile. Certo. Vero. Sì.

"Ogni km una scoperta e una meta, così come ogni tappa intermedia, ogni paese, ogni volto di chi ti incoraggia da fuori le transenne; i bambini o gli anziani che ti incrociano per batterti la mano. O il caffè offerto al volo dalla famiglia seduta fuori casa. Una corsa unica nel suo genere: passi dal caldo afoso di un pomeriggio fiorentino al fresco intenso dei quasi mille metri del passo della Colla, dal giorno alla notte, dalla Toscana all'Emilia Romagna, dall'inconfondibile e familiare accento toscano a quello soave e suadente della Romagna". 
Ancora note di colore, stavolta con analisi sociologica incorporata, a rimarcare un contesto felice, una natura incontaminata, un paesaggio che il Partito Distruttore ancora non è riuscito ad eliminare del tutto. Ma ci riuscirà.

"A Foiano della Chiana nella celebre "Sei Ore"... stavo bene, quel giorno le gambe andavano sciolte e senza dolori: allora ho deciso di spingere e, per la prima volta nella mia vita, felice come un bimbo, ho provato l'emozione del podio, arrivando terzo assoluto con un tempo di 3 ore e 33 minuti, che per un 'vecchietto' come me sono una soddisfazione".
Ed eccolo qua, il primo incredibile traguardo raggiunto, il nostro primo podio! Piangiamo, neppure tanto in silenzio.

"Ho iniziato a correre da nemmeno tre anni. Ho fatto la mia prima maratona a ottobre scorso - la bellissima ecomaratona del Chianti -, appena compiuti i miei 50 anni ho corso due ultramaratone da 50km, e ho pensato: questo è il mio anno. I numeri sono dalla mia parte. Dopo l'equazione 50 anni = 50km, che era la sfida di compleanno a febbraio, mi sono detto: raddoppio. E così mi sono iscritto alla 100km del Passatore il giorno prima della scadenza".
Prerogativa dei grandissimi è bruciare le tappe, lo si sa. Ed allora... evvai, verso l'ignoto, verso la sfida estrema!

"Correre il Passatore, i 100km più famosi del mondo, è qualcosa di speciale. È il viaggio, il senso dei tuoi limiti. È un'esperienza nella quale scopri, a volte in modo estremo, fino a che punto la forza di volontà, la testa, può spingere superando i tuoi modesti mezzi fisici. Controllare il dolore e la fatica per tanto tempo, sostenersi a vicenda se corri in compagnia. Adattare corpo e pensieri al solo scopo di andare avanti, di non fermarsi. Perché ogni km in più è una conquista, un sassolino in più per costruire l'obiettivo. Conoscere se stessi, conoscersi meglio: questo è forse il vero significato".
Un po' alla Marzullo, ci si chiede quale sia lo scopo del runner estremo e ci si risponde che il senso è superare il limite, fino alla conoscenza di se stessi. E poi esplorare nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita e di nuove civiltà, per arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima.

"Il momento più difficile? Due momenti. Quando sono partito ho capito che non era la mia giornata. I 30 gradi di Firenze, le gambe e la testa un po' scollegate. Ma la vera difficoltà l'ho avuta quando ho superato le mie 'colonne d'ercole', intorno al 65' km. Non avevo mai provato alcune sensazioni spiacevoli: il rifiuto del tuo corpo di bere e di mangiare, una sensazione di disorientamento. Me l'avevano detto che sarebbe potuto succedere e Attilio, che correva con me, me lo ripeteva in continuazione. Poi vedevi alcuni corridori fermarsi alle tende di soccorso: chi ripartiva dopo un po' ma anche chi si ritirava. In quei momenti provi un po' di paura, di sensazione di essere arrivato al limite. Il corpo portato all'estremo va in autodifesa, si ribella, rifiuta quel che la testa ordina. Ma mi sono detto che era tutto un bluff, un inganno "metabolico": ci ho scherzato sopra e mi sono forzato. Ho mandato giù qualcosa contro voglia e ho resistito. E dopo l'80' km ho capito che ormai non ci avrebbe fermato nient'altro. C'è stato un solo attimo che ha detto: mollo. Intorno al 30' km mi sono detto che con quel caldo e per come mi sentivo, la giornata era storta davvero e che non l'avrei portata in fondo. Poi, è iniziata la salita verso l'Appennino, la salita vera fino al 48' km e io amo le salite...Lì tutto è cambiato e abbiamo visto la vetta che era ancora giorno!".
Ho preferito riportare integralmente questo pezzo perché solo così, tutto d'un fiato, possiamo capire la fatica, lo sforzo, il sudore, il sagrificio. Ma noi siamo tutti lì, nella grande difficoltà iniziale, tanto che... ohi ohi ohi... m'è preso un crampo... E poi però via, verso la disidratazione, il caldo sahariano, tanto che... lo sapete m'è venuta una gran sete... badiamo che c'ho in frigo... bona l'orzata... bella ghiacciata, dio bonino... aaaah, che soddisfazione, senti come scende bene... oddio, non vorrei però che sia successo qualcosa... senti che fitta all'intestino... oddio oddio oddio...

"La mia vita rimane quella di sempre. Ma la corsa mi ha insegnato e continua a insegnarmi tanto. I 100km, poi, mi fanno dire oggi che entrare in contatto con sensazioni estreme e emozioni così forti, ti fa semplicemente sentire più piccolo e più umile. Più disposto a dare che a ricevere. Più consapevole ancora che per costruire qualsiasi cosa, un rapporto umano, un progetto lavorativo e anche un amore ci vuole tempo, pazienza e spesso anche sofferenza. Ma soprattutto che se non ti senti solo sei una persona incredibilmente fortunata".
Rieccoci. Finale con morale. Che poi è sempre quella: fai merenda con Girella.

Applausi.

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