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martedì 1 novembre 2016

A volte...

A volte si dice che buscarne di santa ragione possa aiutare a crescere.
A volte uno schiaffo a mano aperta, di quelli che fanno un “ciaff” lunghissimo, che rimbalza per cinque minuti fra le pareti di casa, sbatte sul divano, scivola lungo la superficie liscia del tavolo e plana lentamente ai piedi del gatto nascosto dietro al vaso delle piante grasse, serva più di cento discorsi.

E non me vogliano i genitori post-moderni, i nonni vizianti, gli zii accondiscendenti, i pedagoghi del terzo millennio ed i profondi conoscitori della scienza della formazione: a volte, quando ci vuole... ci vuole. Anche perchè il suono è niente in compenso al dolore, che arrossa la guancia, inumidisce gli occhi e ferisce l’orgoglio.
A volte le chiamano le conseguenze naturali delle azioni sbagliate. A volte un bel 3 in pagella fa scattare dentro un meccanismo sconosciuto, che sufficienza dopo sufficienza porta lo studente ad acquisire quella fiducia necessaria per affrontare un’interrogazione di matematica a petto gonfio e billo ritto. A volte dalle ceneri di una disfatta è possibile costruire una vittoria, così come dal letame nascono i fiori e dai diamanti non nasce niente.
In verità tanti anni or sono provai a regalare alla fidanzata dell’epoca una carrettata di concime, ma il risultato non fu particolarmente soddisfacente. Forse la malcapitata non possedeva il pollice verde ma soltanto un disperato anulare nudo, bisognoso di un armatura di metallo che lo proteggesse dal mondo.
A volte scrivono che le sconfitte non siano soltanto il frutto di casualità sfortunate e circostanze momentanee, ma provengano da lontano. Rispetto ad Alessandra – Siena di domenica scorsa, mai affermazione fu più vera. La sconfitta è arrivata veramente da molto lontano. E asserendo ciò non mi riferisco alla squadra assemblata in fretta e furia ad agosto, alla programmazione alla “dio bono”, alla poca esperienza dei protagonisti – alcuni dei quali, vedi “The young A.D.”, addirittura assunti al sommo “Sienificio” per acclamazione domestica durante un conclave familiare - al dilettantismo dilagante, ad un paio di mutande sudice, all’ostinazione di riproporre un modulo pericoloso e totalmente sbagliato, con giocatori inadatti e fuori ruolo. No signori, questi sono discorsi da esperti di calcio, che non possono trovare albergo nei ragionamenti sgangherati di un raccoglitore di olive polemico, rancoroso e mai contento come il sottoscritto, che vorrebbe vedere sempre la Robur prima in classifica con 10 punti di vantaggio sulla seconda.
La sconfitta (netta, sonora e urticante) arriva da lontano per un semplice motivo: Siena e Alessandria sono separate da 400 km tondi tondi, più lontano di così… 400 km che se in termini geografici nel 2016 possono significare poca cosa (4 ore giuste giuste di macchina, 5 in pullman), in termini sportivi rappresentano un gap incolmabile, considerata la differenza di valori vista in campo (questa frase l’ho sentita dire a Mediaset). Se poi in casa della prima in classifica scendiamo in campo con la scellerata e arrogante presunzione di poter concedere agli avversari una dozzina di contropiede nei primi 40 minuti senza colpo ferire, appare alquanto evidente che “a volte” le partite si perdono senza nemmeno giocarle. Perché l’impressione avuta di fronte alle immagini della partita, prima che la Santa Nebbia del Tanaro stendesse un velo pietoso sulla nostra agognata domenica (ma i grigi nel grigio avranno segnato veramente il 4° ed il 5° goal oppure siamo stati ingannati?) è stata quella di una squadra spacciata fin dal primo minuto di gioco. E dire che, tolti gli errori dietro, avevamo giocato anche benino! Esemplari e didattici sono state le ultime battute della prima frazione di gioco, durante le quali l’Alessandria prima ha perso tempo nel godere di se stessa, pavoneggiandosi a tal punto da beccare due pere una dietro l’altra (Robur prima squadra quest’anno – credo – a segnare due goal al Moccagatta, tristissimo primato) e poi ha impiegato 60 secondi scarsi per ristabilire le distanza. Mi chiedo, ma una squadra che gioca fuori casa contro una corazzata, può prendere due goal in contropiede, regalandone addirittura un terzo in maniera ridicola? Ma poi, abbiamo segnato il 2 a 2 quasi a tempo scaduto: ma perché non ci mettiamo un pochinino buoni buoni dietro a mandare tutti i palloni che passano vicino all’area fuori dallo stadio? Prima o poi finiscono! Ma perché gli altri lo fanno e noi no?
Certo, qualcuno potrebbe dire: "Allora fallo te l’allenatore", utilizzando un triste refrain di Mezzaromana memoria. E no, risponderei: "C’è uno che viene dal Renate con un triennale in tasca che deve farlo. Lo faccia lui. E per bene magari, perché fa veramente tristezza pensare che al primo goal subito la partita possa considerarsi conclusa. Sembra di essere nei Giovanissimi Provinciali, Girone B".
Dopo la sconfitta col Piacenza ci fu detto che a farci male era stata la partita col Livorno. Dopo la sconfitta con l’Alessandria ci siamo sentiti dire che 8 goal in due partite sono troppi (e sticazzi ce lo metto io, perché questo lo sapeva anche un colonnino di piazza…). Dopo quella con la Carrarese (che tra le altre cose è fresca fresca di vittoria “col” Piacenza, tanto per dire), cosa dovremo ascoltare? Abbiamo qualche speranza di fare un po’ di punti prossimamente o dobbiamo aspettare la gara di ritorno con il Prato?
Dai, vi prego, diteci la verità evitando di farci scervellare per cercarla da soli. Che poi ognuno trova la sua e con tante verità non ci si capisce più niente. A volte è sbagliato pensare che la squadra di Durio/Trani sia notevolmente inferiore a quella fatta e disfatta da Ponte lo scorso anno, vero? Ragazzi, ma vi rendete conto che ci state facendo rimpiangere Atzori e Materazzi? Ma stiamo scherzando? È tanto difficile a fine partita andare in sala stampa e dire due – dico due – cose sensate, senza scadere per forza in discorsi ovvi e scontati? Non siamo il Real Madrid. Ok, ma nemmeno vogliamo esserlo se per questo. Così come non siamo neanche il Recco/Bogliasco. Noi siamo il Siena. Abbiamo un mister che non piace a nessuno, legato alla Robur da tre anni di contratto. O succede un cataclisma e ci zitta tutti, vincendo le prossime 10 partite di fila, oppure saremo costretti a pagare due allenatori per un bel pezzo. Ma tre anni di contratto poi, nemmeno Guardiola ce l’ha! Se è un matrimonio, allora voglio il divorzio! Subito.

Alessandria – Robur Siena: 5 – 2 (mi fa ribrezzo anche digitarlo sulla tastiera). Alla vigilia della notte delle streghe, assurda e inutile festa d’importazione, becchiamo uno dei più pesanti dolcetti o scherzetti degli ultimi tempi, nonostante la morbosa paura con la quale in questi giorni guardiamo fissi il lampadario di sala nell’attesa che oscilli a volte ci ricordi che i problemi veri sono altri e che il calcio in fondo è soltanto un gioco, nel quale tuttavia i tifosi sono gli unici a rimanerci male.


Tutti insieme uniti avanzeremo.


Mirko

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