Il canale youtube di wiatutti!

venerdì 9 settembre 2016

La vita vista dalla curva

Il prato ricopriva la scarpata e una fila di pini ne delimitavano il confine.
La curva non aveva un nome, nè una forma: semplicemente non c’era. Il campo da gioco e la pista di atletica erano recintanti con una orgogliosa rete di filo metallico intrecciato a rombi.

Un tempo doveva essere stata verde, ma lentamente stava perdendo la guerra contro la ruggine e gli anni che passano. In certi punti, se il pallone riusciva a scavalcare l’attenzione dei raccattapalle, bastava sollevarla per impossessarsene. Vivevamo un paese diverso e se qualcuno parlava di “osservatorio” intendeva quello dei Cappuccini e la tessera si usava solo per la cena della prova generale. Chi non voleva stare ritto e bagnarsi le scarpe negli umidi pomeriggi invernali - durante i quali non fai in tempo a girare lo zucchero nel caffè di fine pranzo che è già notte - andava in gradinata.
Di quelle domeniche ricordo lo striscione dei Fedelissimi letto da dietro e quindi al contrario, come la scritta AZNALUBMA sui cofani dei mezzi di soccorso della Misericordia, "La Verbena" all’inizio della partita e i cuscini volati in campo alla fine. Si galleggiava tra la C1 e la C2 e quando i grandi parlavano di “fatture”, il pensiero di noi piccini volava immediatamente a fate, streghe, incantesimi e magie. Siena era ricca, ma i soldi erano tutti nella cantina della banca in Piazza Salimbeni e non c’era verso di vederglieli tirar fuori per aiutare l’amata Robur, che ancora si chiamava meravigliosamente “A.C. SIENA 1904”. Le giovanili giocavano nel campo di San Prospero e ci voleva tutta l’incoscienza dei nostri babbi per farci cambiare dentro a quegli spogliatoi, che in realtà, pur fatiscenti e assolutamente fuori norma per le leggi del tempo – ma forse anche per le leggi del terzo mandato del governo Giolitti del 1906 – altro non erano che delle piccole SPA: bagno turco, doccia svedese, crioterapia. Che dire, oggi ci si lamenta di tutto, ma qualche anno fa s’ingollava anche i chiodi… Ma nonostante la muffa, il tetano e un’altra decina di malattie mortali, siamo cresciuti lo stesso.
Finalmente il prato a destra della gradinata venne sostituito da una costruzione in cemento armato a gradoni, delimitata da una serie di ringhiere. Verdi, come la rete. Avevamo la nostra curva! Oddio, in realtà da lì si vedeva un po’ pochino e la palla aveva il viziaccio di sparire quando passava davanti ai cartelloni pubblicitari bianchi, ma come direbbero a Parigi: “gli faceva ‘na sega”. Due fumogeni, un paio di tamburi, un megafono e via a cantare. Certo, mancava ancora il nome e occorreva darglielo. Se non altro per scrivere qualcosa nel biglietto. Curva e basta sembrava limitante. Chiamarla con i punti cardinali poi sarebbe stato banale e pericoloso: nessuno sapeva la differenza tra est e ovest.
Allora fu optato per Jolly, come il nome della figura col cappello e i sonagli che fa felici i signori che giocano a scala 40 (e che da queste parti si chiama chicchero!) e l’albergone sovrastante lo stadio. Che oggi dovrebbe aver cambiato nome, ma se vuoi trovarti con qualcuno fissi sempre “alle 7 al Jolly”. Il nome effettivamente non era granchè, ma Curva INAIL suonava molto peggio.
Gli anni ’90 galoppavano, Dolcenera era solo una canzone e non una cantante e Siena era sempre più ricca. Ma il Siena continuava ad annaspare giusto un millimetro sopra al pelo dell’acqua, tra campionati anonimi o salvezze al cardiopalma, come quella del campionato in cui lo scemo di Livorno fece di tutto per buscarne, offendendo la gente in curva. Il mondo cambiava in fretta e ciò che era stato immobile per decenni veniva costantemente stravolto dall’alba del giorno dopo. E di questo ce ne accorgemmo anche noi. Ma poi come!
A fine ‘99, senza un motivo e soprattutto senza un perché, il vento del destino cominciò a gonfiare la vela della Robur e la curva diventò improvvisamente piccola per contenerci tutti. La gente tornò a sporcarsi le scarpe nel prato. Quell’anno tuttavia non ci fu nemmeno un pomeriggio grigio: c’era sempre il sole sopra i bianconeri. Anche perché l’impianto di illuminazione non funzionava, quindi se faceva buio toccava rinvia' la partita. Trovarsi primi in classifica a fine girone d’andata fu un fatto assurdo e inconcepibile, come se al semaforo di Pescaia fosse scattato improvvisamente il blu. Noi osservavamo quel cambiamento epocale con la stessa faccia dei ragazzi di Berlino mentre il muro cadeva, giusto dieci anni prima. Il Siena stava volando in serie B: forse quello fu il vero Millennium Bug! All’inizio del 2000, la gente ci chiedeva: "S’è vinto oggi?". E poi, senza aspettare la risposta, aggiungeva: "Tanto 'un c’andate in serie B". E io non capivo perché passassero dalla prima alla seconda persona plurale nel giro di una frase. E ci guardavano con aria di scherno, come se presagissero che da lì a poco ci avrebbe atteso la musata del secolo.
Invece arrivò maggio e, oltre ad andare in B, s’andò in culo a parecchi. Lo stadio non era pronto per quella serie, la curva nemmeno. Noi ci sentivamo i nuovi “ragazzi del ‘99” e finalmente avevamo una fiaba da raccontare. In fretta e in furia arrivarono le ruspe ed i telai delle nuove tribune. Nacque il settorino della Robur Alcol e sotto San Domenico comparve la “curva triste”, il cui nome evocava un'atmosfera romantica da inizio ‘900 e sarebbe stato meraviglioso continuare a chiamarla così.
All’improvviso irruppe nella nostra vita un buffo signore coi baffi, che tutti in città chiamavano per cognome ma che per me era solo PDL, come il partito di maggioranza che governava la nazione. In quegli anni, parlando del futuro con una ragazza importante, alla domanda “Quali sogni hai?”, risposi con tre assurdità: diventare famoso nel mio lavoro, il Siena in Serie A e Paperoga astronauta. Poi PDL stravolse anche le mie assurdità!
E una calda sera di primavera, fu Serie A: adesso sì che la curva ci andava veramente stretta. Le ruspe arrivarono la sera prima di riuscire a dirgli addio e in tre mesi rasero al suolo tutto e ricostruirono un “affare” di ferro grigio capace di contenere 4.000 persone. E tutte le domeniche era pieno. Al nome Jolly fu sostituito Robur e per non sbagliarsi ci fu scritto grosso grosso, di arancione su sfondo verde. Sarà stato della Selva l’architetto? Boh. In curva all’improvviso cominciammo a sentire anche accenti e calate diverse dalla nostra. Valdelsa, Valdichiana, Aretino (sì sì, ora fate finta che 'unnè vero!), Amiata e Grossetano. In tanti si strinsero intorno alla Robur. La domenica al Rastrello arrivavano squadre che anni prima solo per nominarle occorreva una “laurea in figurine”, ma noi in mezzo a loro dimostrammo di saperci stare benissimo. Durante un pomeriggio di febbraio, un ragazzo dai capelli biondi e lo sguardo sereno di chi è in pace col mondo, scrisse una pagina di storia. Dalla curva si alzò altissima uno “Squilli la Fé” storico, cantata in faccia ai tifosi viola. Firenze era sconfitta per l’ennesima volta.
Gli anni cominciarono a susseguirsi e come spesso succede, la seria A fu data per scontata, come se non fossimo più in grado di focalizzare con lucidità il sogno che stavamo vivendo. E che come tutte le cose, perdendola scoprimmo quanto ci sarebbe mancata. Un brutto giorno, < seduti all’ombra dell’ultimo “sole 24 ore”> leggemmo la notizia nefasta. Dopo anni di magia era arrivata la fattura, ma questa volta i maghi non c’entravano niente. Nell’ultima riga del documento, accanto alla voce “netto a pagare”, c’era scritto SERIE D - iva esclusa. Il Siena stava morendo, ma nessuno sembrava voler fare niente per impedirlo: forse occorreva urgentemente insabbiare tutto e colarci sopra una gettata di cemento. Fra un rigore sbagliato e una mancata iscrizione fu questione di un paio di mesi. La curva si fece piccola piccola e perse molti dei suoi occupanti. La musica finì, gli amici se ne andarono e arrivò il momento di essere compatiti.
Ma la storia non s’interruppe, semplicemente cambiò scenario. Adesso che siamo grandi ed anche i nostri figli cominciano ad esserlo, la curva è sempre lì, con i suoi seggiolini bruciati dal sole e la sua scritta scolorita a vigilare silenziosa sulle nostre vite. E finalmente ha un nome importante.
Questa è la storia della curva Lorenzo Guasparri, nata in un prato da un seme di orgoglio, che nel tempo ha germogliato piantine di ricordi con fiori di speranza e frutti di sogni.

Arezzo – Siena: o Ruburrone avanti avanti, tira in porta e marca il gol! Per chi c’era e c’è ancora e per chi non c’è più, ma che se ci fosse stato sarebbe al tuo fianco.


TUTTI UNITI INSIEME AVANZEREMO!


Mirko

3 commenti:

  1. Le prime partite della robur l'ho viste in quel prato col mi poro babbo. L'unica formazione che ricordo a memoria è: De Filippis, Notari, Tosolini, Giovanardi, Noccioli, Salvemini, Colombi, Simoni, Ferrante, Rambotti, Pazzaglia. Ma ero un ragazzino critico, volevo sempre che entrasse Colafrancesco
    Come sono critico adesso con questa specie di squadra che perde in casa il giorno di Lorenzo e che non tiene i ragazzi delle sue giovanili.

    RispondiElimina