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mercoledì 31 agosto 2016

L'amore al tempo dei Pokemon

Sul finire di un pomeriggio pigro, nel quale anche respirare costa fatica e la voglia di vivere sembra rarefatta, un caldo opprimente schiaccia il cielo sulla terra togliendo spazio al vento.

Sopra a poche nuvole distratte, un aquilone rosso fuoco legato ad un filo invisibile scende lentamente verso la linea dell’orizzonte, ma pochi attimi prima di lasciare che il giorno ceda il passo alla sera, pare incastrarsi sui tetti dei palazzi. Le ombre lunghe del tramonto si sovrappongono frenetiche sulle lastre del corso in cerca del loro padrone. I bar profumano di menta e limone e qualche turista immortala un pezzetto di Siena da mostrare con orgoglio ai colleghi d'ufficio. Nascosta sotto un abbondante panama bianco, una signora rubizza piuttosto in là con gli anni sembra un abat-jour. Armeggia con un cellulare nell’intento di immortalare qualcosa ed io non capisco se per evitare di finirle dentro all’obiettivo debba passarle davanti o sfilarle dietro. Nel dubbio, mi blocco e la osservo. Stringe il telefono nel palmo della mano destra ed il braccio completamente steso forma un angolo retto con il suo corpo: sembra un esorcista in procinto di mostrare il crocifisso ad un posseduto. “Non so con quali armi si combatterà la terza guerra mondiale, ma la quarta sì: con l’asta dei selfie”. Sorrido al pensiero ed inorridisco nello stesso momento.
Torno a concentrarmi sulla gente e all’improvviso accade qualcosa. Giro lo sguardo da destra a sinistra e la spia arancione accesa nella testa mi segnala che la mente ha notato un particolare sfuggito all’occhio. Ripeto lo stesso movimento al contrario e alla fine la vedo. All’inizio la visione appare liquefatta, come un volto riflesso sullo superficie di un lago increspata da un sasso, ma man di mano che si avvicina l’immagine pare solidificarsi e prendere vita. Una donna. La mia donna. Anche lei ha in mano il telefono, ma non sta guardando lo schermo: osserva me. E mentre lo fa, mi sento a disagio di fronte a quei due occhi azzurri, così intensi che il cielo di mezz’estate sembra impallidire. Nel petto, il cuore si scioglie in una pozza e goccia a goccia cola dentro lo stomaco. Più in alto la carotide si attorciglia intorno alla gola, impedendomi di respirare. In pochi attimi, tutta la geografia del mio corpo viene sconvolta. La ragazza cammina verso il luogo dove mi trovo io, fendendo sicura la folla, che al suo passaggio si divide in due metà come il sipario di un teatro. Osserva per un secondo il telefono e senza un perché mi sento in colpa. All’improvviso sorride ed io mi ritrovo al centro di un cono di luce, alla stregua di un attore sul suo palcoscenico. Accecato da quel riverbero, percepisco una variazione intorno a me e, come in un vecchio film in bianco e nero, il mondo circostante si tinge di tante sfumature di grigio, mentre solo io e lei restiamo colorati.
"Perché io", le chiedo? Non ho niente da offrirti, la supplico senza aprire bocca; nella mia vita ci sono solo cipressi verdi e colline marroni, sveglie all’alba e nottate insonni. E le giornate sfilano via senza sussulti, una uguale all’altra. Ma lei socchiude gli occhi e piegando leggermente la bocca verso sinistra, assume una smorfia sexy ed al tempo stesso rassicurante. La sua espressione serena contribuisce a rallentare il battito del cuore, che smette di martellarmi nelle tempie. Si avvicina ancora e dice qualcosa. Non capisco cosa, ma so solo che sono le parole più belle del mondo. E di fronte a quella voce capitolo, capendo finalmente di essere in grado di amare. Incrocio il suo sguardo e proprio come nell’attimo tra il fulmine ed il tuono, tutto intorno a noi tace. Il futuro si manifesta davanti a me e sembra talmente reale che, allungando una mano, potrei toccarlo.
Chiudo gli occhi e ci vedo felici. Le immagini si susseguono come fotografie: nella prima siamo abbracciati sopra un vecchio letto in ferro battuto che profuma di lenzuola appena lavate. Nella seconda siamo davanti ad una pizza: è domenica sera ed il locale è pieno di gente. Nella terza lei appoggia la testa sul mio petto, con gli occhi gonfi di lacrime ed un test di gravidanza usato sopra al comodino. "Sono qui", le sussurro accarezzandole i capelli. E sono pronto a prendermi cura di te, per sempre. Riapro gli occhi: siamo molto vicini e non solo fisicamente. Sono tuo, mi arrendo. Sono grande e non ho più voglia di stare solo.
Tuttavia colgo un particolare che stona con il contesto. Come un parabrezza colpito da un sassolino, sulla visione del mio futuro compare una crepa, che si allarga velocemente in una ragnatela di raggi finissimi, per poi esplodere in tanti pezzettini colorati. Il mondo intorno a me riprende a far chiasso. Questa volta è l’occhio a vedere qualcosa che la mente non vuol accettare. La ragazza si gira in cerca di qualcuno alle sue spalle. Di colpo tornano i colori. Due braccia possenti le stringono la vita e lei pare abbandonarsi in quel contatto. Il cono di luce che mi illuminava si spegne, mentre tutta entusiasta mostra al suo ragazzo lo schermo del telefono: "Ce l’ho fatta! Ho preso un Pokemon!", gli dice, mentre lui la bacia sul collo.
Buio, freddo. L’amore non esiste.

Pontedera – Siena 1 a 1: anche domenica non s’è parlato di calcio! “Il Ponte sul fiume Era” doveva segnare il nostro spartiacque tra passato e futuro. Ma per l’ennesima volta le cose che accadono fuori dal campo hanno preso il sopravvento su quelle che accadono dentro. E questo, purtroppo, non è calcio, ma è una fiction. Stiamo correndo il rischio di farci male da soli, dividendoci in tanti gruppetti arroccati su torri di avorio, dove ognuno è convinto di essere il depositario della verità assoluta, tacciando e offendendo chiunque esponga un parere differente. Ma facendo così, facciamo soltanto il gioco di chi ci vuole morti, perché un nemico debole e diviso è più facile da sconfiggere. Tornando a casa, ripensando alla giornata appena trascorsa, ci chiedevamo: che succede Vecchia Robur? E l’ho immaginata triste, stretta tra un passato glorioso ed un futuro incerto. E allora, da buon padre, ho cercato di tranquillizzarla, attraverso le parole di una vecchia canzone di Vecchioni. 

Non temere bella mia,
nessuno ti farà male un’altra volta! 
…e non verranno i briganti a derubarti di notte,
perchè tutti i briganti prenderanno le botte,
e non verranno i pirati ad abbordare la nave
perchè tutti i pirati andranno in fondo al mare,
e non verranno i piemontesi ad assalire Gaeta,
con le loro land rover con le loro Toyota
e se verranno gli indiani con i lunghi coltelli,
noi daremo le botte, le botte anche a quelli.

Tutti uniti INSIEME avanzeremo!


Mirko

1 commento:

  1. Sei rientrato dalle ferie decisamente in forma! Ottima lettura... thks

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