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venerdì 1 luglio 2016

Il Paglio smart

Diciamo che la linea tracciata qualche anno fa sta giungendo rapidamente al termine, con una parabola che più discendente non si può.

Eh già, il mondo è cambiato in modo esponenziale, le coscienze si evolvono, la volontà di combattere per le proprie tradizioni sta lentamente scemando: nessuna sorpresa pertanto se anche il Palio si stia adeguando a questa china.
L'ultima frontiera verso l'encefalogramma piatto - quella che pensiamo definitiva - mi pare sia proprio quella che tira a succhiarci fuori la passione dall'anima. Occhio, perché poi, dopo questo stadio, è davvero finita.
Per farvi capire meglio ciò di cui sto parlando mi vorrei rifare ad un bellissimo articolo del Prof. Balestracci, dal titolo già abbastanza evocativo: "La tratta triste delle perplessità", ove si discute di quanto sia stata - appunto - mesta questa tratta, fra capi bassi e la quasi assenza di canti di gioia.
Scrive Balestracci che "la mattina della tratta deve essere (come sempre è stata) un momento in cui si gioisce o ci si dispera", frase in cui a mio avviso è necessario mettere in forte evidenza il verbo "dovere".
Sì, ha ragione il Professore. Da Senese devo esultare, o se no bestemmiare, cioè devo estrinsecare "violentemente" le mie emozioni ed esaltare le mie passioni. Senza se e senza ma. "Come sempre è stato".
Questo rito capita di vederlo sempre meno ogni anno che passa, non so se ci avete fatto caso. Il processo è stato quello di farci assuefare a poco a poco alla apatica standardizzazione di un momento di piena esaltazione o piena incazzatura, dato che tutto d'un botto non sarebbe stato facilmente accettato.
Il mito fondante del Palio, ovvero il sogno del cavallo bono, in pratica si è sfaldato: i barberi vanno tutti bene/male, poichè sono tutti uguali agli occhi del popolo. Ciò consente sicuramente ai fantini (e non tanto ai capitani) di giostrare al meglio il giochino, ma noi poveri mortali, che distinguiamo a mala pena un cavallo dal verso del capo e della coda, rimaniamo l'ultima ruota del carro, davvero col cerino in mano, che rischia di bruciarci le dita.
Ed allora, se proprio va bene, si può restare perplessi, per dirla alla Balestracci. Ma siccome la perplessità è una condizione di una mente bene o male pensante, non vorrei invece che si restasse più catatonici che perplessi, inebetiti da una giostra che non governiamo più, ma che subiamo un po' a tutti i livelli.
Buon divertimento.

2 commenti:

  1. a questo si unisce bene il richiamo del sindaco indagato ai capitani di "mantenere contegno" sul palco della costarella. dopo averci ammazzato la città, ci stanno anche ammazzando la passione. finita questa, pora sienina

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  2. Credo che questo hai detto sia condivisibile ma con diverse rilevanze...
    E' cambiato lo stato in cui ognuno di noi sta al mondo. Ora siamo ma, più di tutto, ci sentiamo, sempre sotto osservazione. A peggiorare la situazione c'è il fatto che non ci da neanche più fastidio: vuoi perché i social sono ormai diventati quasi "ragione di vita" per molti, vuoi perché l'essere sotto osservazione viene percepito anche come necessità di sicurezza, fatto sta che ormai è diventato normale e, anzi, molti vivono consapevolmente questa situazione, comportandosi e "stando al mondo" in modo da poter mettere, in prima persona o sapendo che altri possono mettere su qualche social, questo o quello mentre fanno qualsiasi cosa... gli spazi realmente privati si sono ridotti ai minimi termini.
    Un po' di tempo fa (parecchio, a dire il vero) la contrada era uno di questi spazi privati. Pensava alla gestione e controllo delle persone e del territorio, senza essere un organo di pubblica vigilanza ma con ben più potere pratico. Oggi che, da tempo, le contrade sono frequentate da pochi, durante l'anno, questi pochi non possono certo avere il controllo dei molti che arrivano durante i quattro giorni. Figuriamoci su visitatori, turisti o chiunque frequenti Siena, senese o no e che non si comporti "a modo".
    Tornando allo spazio privato, un tempo essere in contrada e, in generale, fare qualcosa per e con la contrada ti faceva sentire al sicuro, in una spazio dove potevi esprimere le sensazioni senza freni inibitori, tanto poi se esageravi c'era chi, più vecchio, ti dava uno scapaccione e ti diceva "... piano citti!... datevi una calmata!" e sapevi che tutto finiva li... E' chiaro a tutti che oggi non è più così.
    E qui si infila quello spiritello della uniformazione del tutto, a cui accennavi prima: tanto pe' esse' sicuri che un ci siano troppe emozioni fuori controllo, è stato realizzato un marchingegno in funzione tutto l'anno che produce alla tratta un lotto di dieci soggetti tutti quasi uguali. I capitani so contenti (rischiano poche figuracce), i fantini hanno quello che vogliono e il popolino bercia poco (in tutti i casi)... e poi che succede nei giorni a seguire?... niente, tutto uniformato e sempre con la tensione sottotraccia di non poter esprimere nulla che non sia previsto o che non sia "social"mente corretto...
    In quattro parole: il palio di plastica
    Un sarà plasticaccia, sarà di quella bòna, ma sempre artefatta e costruita è.

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