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mercoledì 10 febbraio 2016

God save the Palio

Sì è vero, l’argomento non è proprio inedito, questo blog ne è perfettamente consapevole. Per carità, è anche verissimo che in questo frangente storico la nostra città vive drammi e situazioni ben più gravi della vicenda di cui parleremo oggi.
Eppure ne vogliamo discettare comunque, perché il tema ci interessa parecchio e ne abbiamo dibattuto già nei mesi scorsi sotto varie angolazioni. 
A cosa ci stiamo riferendo? Ma all’invito rivolto alle Contrade per il compleanno di Queen Elizabeth, of course, e al non-rifiuto delle stesse di partecipare all’evento dell’anno! Una questione paradigmatica sotto vari punti di vista, anche se Wiatutti ne evidenzierà solo un paio.
Certamente ci ha colpito come sia stata mistificata una notizia a livello planetario, riuscendo a trasformare una cauta e doverosa richiesta di chiarimenti e rassicurazioni da parte della Contrade, di fronte ad un invito che certamente ci ha lusingato assai, in un loro netto rifiuto. Etichettato addirittura come provinciale, altezzoso, irrispettoso nei confronti di Sua Maestà. Eppure il comunicato rilasciato dal Magistrato delle Contrade era cristallino e inequivocabile, sarebbe stato sufficiente leggerlo con un pizzico di attenzione. In poche righe ripercorreva l’iter della richiesta e spiegava urbi et orbi che era stata l’agenzia “incaricata della realizzazione dell’evento” ad aver deciso “a malincuore di rinunciare alla rappresentanza delle Contrade”. Riportando in virgolettato le motivazioni addotte dal direttore del programma dei festeggiamenti: “la durata complessiva del programma della parata dovrà essere contenuta nell’arco di novanta minuti; pertanto, non è possibile allestire uno spazio temporale minimo sufficiente per rappresentare compiutamente l’idea del Palio storico di Siena”. Più chiaro di così, insomma, il comunicato non poteva essere: le Contrade non hanno rinunciato all’evento, hanno solo chiesto ovvi chiarimenti e posto qualche legittima condizione; sono stati gli organizzatori a capire che la partecipazione senese sarebbe stata complicata da un punto di vista logistico e inadeguato il tempo a loro disposizione. Appunto un non-rifiuto, come l’abbiamo definito sopra! 

Siccome siamo convintissimi che il comunicato del Magistrato non possa essere frainteso, neppure volendo, ci chiediamo: come è possibile che la quasi totalità della stampa nazionale e internazionale, compresa buona parte di quella britannica, abbia sparato titoloni e si sia avventurata in riflessioni ben poco aderenti alla realtà e assai critiche nei confronti della comunità senese? Perché si è voluto creare ad arte il rifiuto, sfrontato e offensivo, rivolto al Regno Unito da questa piccola città? Ora, al netto di quella parte della stampa britannica notoriamente incline allo scandalismo, non sarà che anche noi ci mettiamo del nostro, come Wiatutti cerca di argomentare ormai da qualche tempo? 
Comunicare all’esterno in maniera corretta cosa sia davvero il Palio, ma soprattutto le Contrade, come si sia originato questo straordinario e unico connubio, come si sia sviluppata e modificata la Festa nel corso dei secoli, e quali prospettive abbia per i prossimi decenni, è compito di cui si devono fare carico primariamente proprio le Istituzioni senesi, in primis il Comune e le Consorelle stesse. Difendere e tutelare il Palio dagli attacchi esterni, animalisti compresi, è un’operazione eminentemente culturale e dunque la comunicazione che ne consegue deve basarsi su questo: spiegare il più e meglio possibile chi sono i Senesi, cosa fanno da secoli e perché, illustrando per filo e per segno i nostri valori e la nostra identità. E focalizzando l’attenzione soprattutto sulle Contrade, perché sono loro il prodotto specifico della cultura senese, gli organismi che attraverso la propria attività secolare hanno reso unico e speciale il Palio di Siena. 
E se, come successo anche stavolta, all’esterno non riescono a capire e distorcono la realtà, non gridiamo al complotto; è forse più verosimile che, nonostante gli sforzi comunicativi di questi ultimi anni, ci sia ancora da migliorare su questo fronte. Comprensibilmente, tra l’altro, perché dopo decenni di rinuncia aprioristica, di chiusura verso l’esterno, rinserrati dentro le nostre mura, non è semplice, oggi, gestire la clamorosa sovraesposizione mediatica di Siena e della sua Festa. In questa circostanza così particolare, ad esempio, non sarebbe stato male evitare la tentazione di equiparare l’invito a Windsor come un’irrinunciabile, ghiottissima occasione di marketing e di ritorno mediatico (come se ne avessimo ulteriormente bisogno…), magari al grido di “non l’avete ancora capito che non si può più mangiare solo con la banca”, refrain con cui si cerca di giustificare qualunque operazione pseudo culturale riguardante la nostra città, la sua storia, le sue tradizioni, il suo popolo. Senza riflettere, nell’occasione, sull’enorme complessità organizzativa di un’eventuale adesione - peraltro con spese tutte a nostro carico - e su altri motivi che nello stesso comunicato del Magistrato vengono definiti “etici”. 
Sì etici, perché se da un lato è sacrosanto “aprirci al mondo” - e quale migliore occasione del novantesimo genetliaco reale - dall’altro abbiamo anche il dovere morale (appunto) di “raccontarci” in modo culturalmente inappuntabile e senza svenderci. Il “Palio delle Contrade di Siena”, come ci piace definirlo, è, infatti, un incastro unico, magico, felicissimo, tra passioni, momenti, odori, luoghi, persone, situazioni, che non è esportabile da nessuna altra parte, non è decontestualizzabile, pena il suo svilimento. Gli alfieri che si destreggiano nel parco di Windsor, invece che sul Campo o negli altri luoghi “naturali”, si tramutano in meri “sbandieratori”, giocolieri magari più abili ed eleganti, ma in tutto assimilabili a quelli che si esibiscono nell’altro milione di giostre rievocative (spesso di nulla) che pullulano a fini prettamente turistici in ogni angolo del Belpaese. La “Banda Città del Palio”, che monturata di tutto punto esegue la “Marcia del Palio” nella tenuta reale, strimpella una musica qualsiasi vestita un po’ strana, non certo quell’insieme di note che, suonato sul palco delle comparse qualche minuto prima dell’uscita dei barberi o lungo il Casato in attesa della Passeggiata Storica, fa venire i brividi, azzera la saliva, spappola il cuore. E questi sono solo due esempi. 
Se avessimo accettato l’invito senza approfondimenti, come suggerito qua e là in modo ammiccante, la presenza londinese di Siena e delle sue Contrade sarebbe stata solo “fisica”. La Festa sarebbe scaduta a livello di mera “manifestazione folkloristica”, proprio ciò che noi Senesi rifuggiamo come la peste, esecrando duramente quei forestieri che la inseriscono in questa categoria. E quindi, se i “motivi etici” invocati dal Magistrato sono anche questi, ci sembrano ottime ragioni per giudicare provvidenziale la nostra mancata partecipazione all’“evento del secolo”.

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