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martedì 19 gennaio 2016

Pinguini nel deserto

Se al centro di una foresta disabitata, inaccessibile agli animali e mai esplorata dall’uomo, cadesse improvvisamente un albero, la caduta farebbe rumore?
Sì lo farebbe, ma sarebbe un rumore inutile, non molto diverso dal silenzio. Non esistono suoni in un mondo di sordi.

Se appena dopo un paio di anni di vita una famosa società di calcio, dal passato glorioso e centenario e con un seguito di migliaia di tifosi, abbandonasse nuovamente il calcio professionistico a causa di un fallimento dettato da una errata politica di gestione aziendale da parte degli amministratori, la scomparsa farebbe rumore? No, non lo farebbe. 
Magari salirebbe alle cronache per il triste primato di due fallimenti in due anni, ma per il resto troverebbe soltanto un mare di ovvietà ed ipocrisie. Ovvietà da parte dei dirigenti, commossi mentre giurano di aver fatto il possibile per salvare la società; ovvietà da parte dei rappresentanti dell’amministrazione comunale, armati fino ai denti di sorrisi tirati e facce di circostanza ed impegnati nel promettere a tutti una rinascita del calcio per il bene di Siena e dei Senesi. Ipocrisia da parte di quei “Senesi” che invece il bene di Siena non lo vogliono vedere nemmeno di striscio e si applicano costantemente a lavorare sotto terra, affinchè tutto cambi per rimanere com’è, per difendere rendite di posizioni effimere, dettate da un cognome o da un partito, che hanno generato un benessere di facciata che sta scomparendo alla stessa velocità dei soldi nei loro conti in banca. 
Alla fine, con il cerino in mano, rimarrebbero soltanto i soliti “pinguini nel deserto”, animali troppo stupidi per non accorgersi che stanno cercando il ghiaccio all’Equatore. Essi hanno una sola colpa: amano. 
In età giovanile hanno provato a nascondersi dietro lezioni di scherma o barbour di tela verde, ma alla fine non ce l’hanno fatta a rimanere nell’ombra e la loro natura è venuta fuori. Hanno visto il loro spirito di appartenenza venir calpestato e distrutto da gente che ritenevano “amica” e che pensavano di conoscere. Provando a correre sono inciampati e caduti, ma nonostante tutto si sono rimessi in piedi ed hanno continuato a camminare a testa alta, mentre “Back to Black” di Amy Winehouse accompagnava le malinconiche sere d’inverno, dove il nero delle colline all’orizzonte si fonde con il nero del cielo e non è possibile distinguere la stelle dai lampioni. Essi purtroppo sono abituati a perdere, nella vita non hanno vinto quasi mai e quando lo hanno fatto, hanno sempre trovato qualcuno che ha “vinto meglio di loro”. Tutti insieme formano un “quarto stato” trasversale, dove la polemica rimane l’unica arma di difesa per difendersi dall’arroganza di chi trama nel buio. Non vogliono cambiare il mondo, cercano soltanto di difendere le cose in cui credono. Se si mettono una mano in tasca, lo fanno per ripararsi dal freddo, non per nascondere qualcosa. 
In tutti questi anni, passati ad armeggiare con la bilancia della vita, soppesando lo zucchero della serie A con la merda di tutto resto, hanno capito che la fine della favola è arrivata ed i cattivi vinceranno. Eppure i “pinguini del deserto”, razza bicolore in via d’estinzione, se ne stanno lì, incuranti di tutto e di tutti. Contribuiscono nel loro piccolo con biglietti e abbonamenti al bene della squadra, ricevendo in cambio spesso solo frustrazione ed amarezza. 
E nonostante tutto, sono ancora lì. Li vedi la domenica alla stadio, soli, a coppie, o raggruppati in branco dietro ad uno striscione, o sotto ad una bandiera. Occupano sempre lo stesso posto, che quasi mai è quello indicato sul tagliando. Sono esseri stanziali e abitudinari, fanno tutte le domeniche il solito rito, più per routine che per scaramanzia. Indossano la camicia portandola fuori dai pantaloni, ma non sono peggiori di coloro che la portano dentro, abbinata magari ad un doppiopetto costoso e ad un doppio mento sudato.
I “pinguini del deserto” sono coloro che hanno visto perdere il Siena 2 - 0 in casa col Como l’anno della promozione in serie B e mentre molti in città tiravano un sospiro di sollievo, si sono convinti che sì, quello era l’anno buono, per Dio! E qualche mese più tardi si sono ritrovati in Piazza a festeggiare una vittoria storica, assieme a gente che era lì soltanto perché non esserci sarebbe stato terribilmente fuori moda. In un momento di scarsa lucidità, i “pinguini nel deserto” pensarono veramente che qualcosa stesse cambiando per sempre, ignorando invece il fatto di essere caduti dentro ad un tranello perverso, che da lì a poco, coperto dalla gloriosa polvere della seria A, avrebbe travolto tutto ciò che eravamo abituati a conoscere. 
Una volta rigettate le basi, hanno sperato che ripartire da zero fosse l’unico modo per cercare di costruire un domani solido. Hanno ricominciato a credere, senza immaginare che, forse, tutto ciò che stavano vivendo faceva parte di un disegno più grande, mirato alla totale distruzione del calcio cittadino. Forse il tempo sarà galantuomo e ci saprà dire. Ed una volta venuta fuori la verità, al pinguino non resterà che un deserto arido, una sciarpa scolorita ed un album pieno di fotografie.

Carrarese – Siena 3 - 0: la storia continua. Un passo avanti e tre indietro. Come in un musical andato in scena troppe volte, del quale si sono annoiati anche gli attori, abbiamo nuovamente distrutto in pochi minuti ciò che di buono eravamo riusciti a costruirci sette giorni prima. A volte sembriamo forti e sicuri, altre fragili ed incerti. Un passo avanti e due indietro, in una sorta di statica immobilità che non conosce dinamismo. Un passo avanti e due indietro è il nostro destino, o forse è solo “il ballo del pinguino”.


Tutti insieme uniti avanzeremo.


Mirko


"And life is like a pipe
And I'm a tiny penny rolling up
the walls inside"
(Amy Whinehouse, "Back To Back", 2006)

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