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martedì 22 settembre 2015

Sogni e speranze

La vecchia panchina di ferro ai piedi del grande albero ha resistito all'avvento dei modelli in legno e quello
che un tempo doveva essere un verde acceso adesso appare come un complicato mosaico di ruggine. 


Il metallo delle sue barre passa dal caldo torrido estivo al glaciale freddo invernale, ma la gente sembra non farci caso. Su di lei c'è passata mezza città: amori fugaci, baci rubati, trasgressioni alcoliche e pianti notturni. Ne avrebbe di cose da raccontare. ma sa che non tocca a lei farlo; quindi se ne rimane in silenzio ad aspettare la prossima storia.
Due ragazzi arrivano mano nella mano; non sanno dove andare, ma provano comunque ad andarci. Si siedono sulla panchina parlandosi sottovoce. Un signore passa di fianco e sorride: visti da fuori fanno proprio tenerezza. L'uno negli occhi dell'altra, stringono fra le mani i biglietti per la partita e parlano di futuro. Non ci sono flashback fra di loro, frequentano da anni la stessa scuola ma si sono conosciuti soltanto da qualche settimana e forse non hanno nulla in comune, eccetto la Robur. Ridendo hanno scoperto che per entrambi la prima partita vista allo stadio è stata un Siena Ascoli 4-0. Lui era in curva e lei in tribuna. Non capirono granché quella notte, ma a distanza di anni hanno entrambi la sensazione di essere arrivati tardi al pranzo di Natale. Dieci anni di serie A sono volati e loro erano troppo piccoli per potersene accorgere. La vittoria dello scorso campionato, pur bellissima e unica, è sembrata una sciocchezza rispetto alle immagini delle feste vere, viste e riviste su You Tube la sera prima di addormentarsi. 
Sì, la Robur è l'unica cosa che li unisce, oltre ad un'inspiegabile attrazione naturale e sconosciuta. Lei gli parla dei suoi sogni, del padre burbero e severo e della sua madre algida ed assente, sempre troppo presa dal suo Facebook e dalla sua Zumba. Lui rimane incantato ad ascoltarla: ha il terrore di non meritarla e quel terrore gli mozza il respiro. Si perde nel suo sguardo quando lei racconta di aver trovato sul tavolo di cucina il biglietto della partita sopra ad un vecchio libro tutto sottolineato: "Mio padre mi ha prestato il Piccolo Principe. Tu l'hai mai letto?". Lui non hai mai letto niente di più dalle istruzioni del suo telefonino, quindi fa di no con il capo. Non può mentirle, quella ragazza sembra scavargli dentro l'anima. Non ci sono baci fra di loro, almeno non questa sera. Si alzano, si guardano e rimangono un attimo in silenzio. Senza un motivo preciso scoppiano a ridere. Non conoscono la felicità, ma quella cosa che stanno provando le somiglia molto. 
Raggiungono lo stadio e prendono possesso del loro posto. Adesso la conversazione la comanda lui. Le parla di calcio, snocciolando nomi e numeri. Confonde Burrai con Bastoni, ma non fa niente. Si accorge che gli occhi di lei si illuminano quando il Siena attacca, per poi farsi piccoli piccoli quando difende. Lei invece non segue la partita. Vorrebbe baciarlo, adesso. Senza se e senza ma. Ha deciso, vuole essere la sua ragazza e non importa se dovrà vedersi tutto il campionato di Lega Pro. Lo guarda sorridere e nel petto il cuore perde un battito. Vorrebbe abbracciarlo, ma sa che non è ancora il momento. Si vergogna di se stessa ed ha paura di conoscere cosa provi realmente lui.
La partita scorre via, lenta e noiosa: 90 minuti della loro vita che nessuno mai gli ridarà indietro. La gente intorno si spazientisce e mormora. Le frasi di disapprovazione si alzano sempre più spesso. Qualcuno offende, altri imprecano. Loro sorridono alle battute. Un paio di emozioni forti gli spingono il cuore in gola ma una stupida bandierina alzata, figlia di una regola incomprensibile, vanifica tutto. Poco prima del fischio finale scappano via. Svelti corrono su per le scale come se il mondo intorno a loro non esistesse più. Non sanno se ci sarà un domani e sopratutto non sanno come sarà, quel domani. Si fermano davanti alla pensilina del tram, si guardano e si scambiano una promessa con gli occhi. Spesso non servono le parole per dirsi ciao. Tuttavia è un ciao che sa di "a presto" e loro lo sanno benissimo. Prima di salutarsi il tempo pare diventare solido: lui non sa proprio che fare, alza la mano e aspetta. Mentre le porte si chiudono riescono soltanto a scambiarsi una specie di “cinque” ma per adesso può bastare. Lui rimane immobile a darsi dello stupido. Lei invece si siede ridendo: nessun ragazzo l'aveva mai salutata con un cinque. Infila le cuffiette, appoggia la testa al finestrino e fa partire la sua musica preferita. 
Sta vivendo un inizio, proprio come quei ragazzi che in campo indossavano la casacca della Robur. Come loro, le è parso di essere lenta ed impacciata e come loro ha la sensazione di non aver fatto goal; e mentre lo pensa arrossisce un po’. Il pubblico alla fine si è spazientito, esattamente come farà suo padre quando scoprirà con chi ha visto la partita.
Lui invece torna verso casa fischiettando. Il cuore stenta a ritrovare il suo ritmo regolare. Vorrebbe sentire ancora il profumo dei suoi capelli. Si fruga in tasca in cerca delle sigarette, ma si ricorda che non fuma. Non conosce niente della vita; sa solo che la rivedrà. Controlla il telefono un’ultima volta in cerca di un qualcosa e poi lo spenge. Le luci dei lampioni proiettano lunghe ombre sulla via ed il fresco si è fatto più intenso. Apre il portone di casa con la mente persa fra capelli color grano, occhi marroni e sogni di serie B.

Siena - Prato 0-0. L’estate è finita; adesso è il momento di fare sul serio. 

Noi ci siamo: tocca a voi dimostrare di essere da SIENA.

Tutti uniti insieme avanzeremo!


Mirko

1 commento:

  1. "Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti dei «goal». Ogni goal è sempre un'invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità." (P.P.Pasolini) Avevano bisogno di un goal per baciarsi quindi cara Robur datti da fare! Cecco

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