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martedì 15 settembre 2015

Il giorno più lontano del mondo

Quando ritorni in un posto conosciuto, nel quale non mettevi piede da anni, la realtà cozza contro il ricordo, perché le immagini, le facce e i colori che custodivi gelosamente dentro di te, nel tempo hanno finito per modificarsi e assumere le sembianze di un qualcosa di inverosimile, frutto solo delle diaboliche distorsioni dalla mente. E rivederle dal vivo dopo tanto tempo, lascia interdetti.




Ci sono azioni che comportano delle conseguenze pericolose, e aprire un album delle fotografie è una di quelle. E può capitare che, rovistando in camera di mamma, salti fuori quello dei primi compleanni, quello dei compagni delle elementari o magari quello della squadra di calcio degli esordienti. Le piastrelle alle pareti di cucina sono state cambiate, al mister hanno tagliato i baffi e quel secchione del tuo compagno di banco adesso gira il mondo per conto di una multinazionale americana. 
In poche pagine di carta spessa si possono trovare frammenti di vita sottratti ad un mondo lontano, che magari adesso non ti appartiene più, ma che per un periodo è stato il tuo mondo. Ed era tutto quello avevi.
Mentre raggiungevamo Pistoia ho avvertito l’impressione di aprire l’album dei ricordi. Dalla sensazione di smarrimento al precipitare nella malinconia del tempo che fu, il passo è stato breve. Accolti al casello da nuvoloni neri apocalisse - che dividevano il cielo in due metà come un quadro veneziano del 16° secolo - abbiamo vagato per le strade cittadine deserte mentre il cielo piangeva sulla terra tutte le lacrime del mondo. 

Giunti allo stadio mi sembrava di essere ancora un baldo giovanotto armato di speranza, tutto sogni e cuba libre. Invece, guardando la clemenza del temporale che decideva magicamente di risparmiare le nostre stanche membra da quella che aveva l’aria di poter diventare l’acquata del secolo, mi sono ritrovato a pensare: "Ma siamo sempre noi?". E non era un pensiero polemico. 
Non mi riferivo al fatto di essere “solo” in 250 alla prima trasferta in Lega Pro, dopo essere stati in 1200 a Piancastagnaio, in 500 a Gualdo ed aver sguazzato in centinaia nel fango di Città di Castello. No, pensavo ad un discorso un po’ più ampio (per quanto il mio scarso intelletto possa permettere): siamo sempre quelli di 13 anni fa? Oppure quel giorno visto adesso, è il giorno più lontano del mondo? 
La malinconia di fine estate lentamente ha invaso il pomeriggio e la brutta partita ha lasciato ampi vuoti da riempire con pensieri alla rinfusa.
All'improvviso, come a destarmi da un torpore interiore, una signora dietro di me ha commentato: "L'ultima volta che si venne, s’era più giovani". Mi sono girato a guardarla e osservando la mia espressione stupita mi ha chiesto sorridendo: "Lo pensavi anche te?". "Esattamente!", ho risposto. "Esattamente".
Forse sarà stata la prima trasferta "vecchia" dell’anno, forse il fatto che non sentire “Aranciobianoneri alè alè” mi ha fatto specie, o forse soltanto perché l’estate sta finendo, ma mi sono sentito improvvisamente lontano da quel mondo di 15 anni fa. 

Certo, di cose sono cambiate tante e forse lo hanno fatto più velocemente di quanto immaginassimo. Mentre Il Siena costruiva la sua storia, noi cambiavamo rapidamente e senza rendercene conto la nostra. Improvvisamente fu più facile accettare i capelli sul cuscino, i primi fili di barba bianca e i doloretti alla schiena. Al venerdì fu piacevole scoprire che non era poi così male mollare gli amici e starsene sul divano a guardare la tv insieme a lei: l'unica ragazza importante che riusciva a farti sentire speciale. E quando quella ragazza, dopo una settimana di ritardo, uscì dal bagno con gli occhi rossi, fu automatico capire che si chiudeva un capitolo della tua vita e se ne stava aprendo un altro.
Parallelamente il Siena (figlio di quel Siena di Saronno) mieteva successi e vittorie, trovando nuovi sostenitori e nuovi nemici. Era un percorso di crescita che fra alti e bassi univa il mondo nuovo al mondo vecchio, esattamente come un ragazzo che diventando babbo, unisce il nonno al nipote.

Sulle tribune dello stadio di Pistoia ho capito che quel mondo non c’è più. E non è stato facile accettarlo. Francamente noi siamo sempre gli stessi, gli impegni familiari ci impongono un calendario di appuntamenti serrato, ma appena possiamo scappiamo dalla Robur. Siamo sempre gli stessi, sì, ma non siamo quelli di quel tempo la. Perché, forse, i noi di adesso non c'entrano più niente con i noi di 15 anni fa. Come purtroppo la Robur Siena non c’entra più niente con il passato.
Il giorno più lontano del mondo a fine partita è sembrato veramente distante, quasi facesse parte di un'altra vita o di una storia inventata. Noi eravamo quelli, ma adesso non lo siamo più. Ma se non vogliamo vivere di soli ricordi, dobbiamo guardare avanti. Indietro non si torna.

Pistoiese – Siena: 0 – 0. Poche parole scritte col nero sopra a un libro ancora bianco.

4 commenti:

  1. Siamo sempre noi ,semplicemente, si cresce e grazie a Dio il bagaglio cresce con noi. E altrettanto semplicemente è settembre,come ogni anno,e si porta dietro un po' di malinconia e un po'di consapevolezza. Tra poco tempo l'inverno riempirà gli spalti e la vecchia guardia si arricchirà delle nuove leve. Siamo sempre noi ,anche quando cambiamo città,lavoro,casa,amici e abitudini, e siamo sempre noi anche quando crediamo di non esserlo più. È un cerchio,ma al centro c'è sempre la stessa persona. E le emozioni di uno stadio sanno come tenerci in contatto con noi stessi. E a volte come distaccarci per lasciarci sopravvivere. Un punto è meglio di zero. 'livido ma battagliero'

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  2. Citi i Negrita e mi spalanchi un portone. Siamo sempre noi, anche se "il ritorno porta addosso mal di testa e mal d'anima". Il tempo passa, le stagioni si alternano e i ragazzi di oggi diventeranno grandi e noi li guarderemo andare via, proprio come i nostri genitori hanno fatto con noi. Magari qualcuno di loro fra 20 anni leggera' queste frasi e si sorprenderà' a sorridere. Si ricorderà tutto quanto e con l'aiuto dei ricordi proverà a tenere testa all'amaro della malinconia. Anche lui avrà' imparato a sognare e non smetterà'.

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    1. Davvero. 'disse Pongo,che come spesso gli succedeva,non aveva capito un cazzo.'

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  3. Sul tempo e i ricordi che lascia (e con la malinconia che essi provocano) ci sono due canzoni fantastiche
    "le rane" e "il futuro" dei baustelle
    a volte mi guardo indietro e provo la stessasensazione dell'autore dell'articolo. una specie di vuoto perpetuo. il mondo in questi quindici anni è cambiato e non solo nello stadio e nella vita del tifoso (tifoso in senso generale o tifoso del Siena) di sicuro chi in questo borgo medievale continua a seguire i bianconeri è sempre più una macchietta e un illuso, secondo l'opinione dei nostri concittadini bacchettoni. però prima eravamo pochi, poi tanti hanno cavalcato la moda, ora siamo meno di tanti ma molto più di pochi. il tempo passa lo stesso,per questo va cercato di vivere bene

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