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martedì 28 aprile 2015

Il babbo del portiere

"C'era una casetta, lassù nel bosco nero, c’era un cowboy che si chiamava Piero…". Potrebbe cominciare così il racconto di una delle pagine più incredibili e rocambolesche della breve storia della Robur Siena e, forse, di tutto il calcio italiano. 




Perché in 90 minuti abbiamo veramente visto il cawboy Piero, il cawboy Arturo, e l’indiano Bello, quello col chiodo nel cervello, dare vita alla prima rappresentazione calcistica di una filastrocca per bambini della storia. E a distanza di oltre 24 ore, io che l’ho vista con i miei occhi, ancora non ci credo… Ed invece la nostra avventura ha i suoni di un’Ornella Vanoni d’annata, che ci regala la sua migliore interpretazione di "Eternità".
In un paese dove i pullman dei giocatori vengono presi a sassate e le bombe carta volano sul capo della gente, manco fossimo a Scampia per l’ultimo dell’anno, c’è ancora spazio per un momento di sport che molto probabilmente rimarrà per sempre nelle menti di tutti i cuori bianconeri presenti al Buitoni (lo stadio di pasta frolla…. Chiedo scusa, m’è scappata!). 

Fra trenta o quarant’anni ci ricorderemo davvero di questa partita, con gli occhi lucidi e il cappello in mano. Molti di noi potranno dire: "Io c’ero a San Sepolcro". E anche chi non c’era, dirà di esserci stato; tanto sarà uguale. Da 630 diventeremo 1.000, 5.000, 10.000. Il ricordo si sa, col tempo sublima in leggenda e gli eroi trascendono in mito.
Il mio personalissimo eroe tuttavia non è un campione, non è un mister, non è un presidente. Non è nemmeno un piccolo portiere (Citto3, di questo passo dite a quello dei giovanissimi di tenersi pronto: a Massa toccherà a lui!) al quale saremo grati per sempre, nei secoli dei secoli! No, non è nemmeno Simoncione che segna il goal della vittoria. Non è il pubblico, il cui boato al fischio finale è stato sentito chiaramente anche a Foligno; e non è nessuno dei giocatori di rosso vestiti presenti in campo. A loro comunque va la mia stima e i miei ringraziamenti, perché in pochi mesi sono riusciti a farmi rinnamorare del gioco del calcio.
Il mio personalissimo eroe non era in campo, bensì in tribuna. Anzi, francamente lo avevo vicino ma non lo sapevo. Al momento dell’espulsione del nostro portiere, ha abbandonato i gradoni e se n’è andato a seguire la partita in solitudine dietro un cancello. Non voglio pensare a dove possa essergli arrivato il cuore nel momento in cui ha visto la gente arrampicarsi sulla rete (compreso lo scrivente) al goal del Siena, quando ha avvertito chiaramente degli sconosciuti gridare “è tua!” al portierino col numero 12.... E non perché quel portierino fosse un giocatore del Siena e lui un tifoso, ma perché quel portierino è un bimbo è lui suo padre. E quel
ragazzino buttato senza pietà dentro la gabbia dei leoni, vestito come un giocatore di biliardino al quale è stato svitato il pezzo sopra e sostituito con quello di un omino dell’altra squadra, che sarebbe piccolo anche per fare gli juniores, ieri ha tempestivamente chiuso la porta nell’attimo prima della fuga dei bovi.

Vorrei che condividesse con me questa riflessione, che da troppi anni mi tengo dentro: ci siamo mai chiesti cosa significhi e cosa si provi ad essere il genitore di un portiere? Parlo con cognizione di causa in quanto – seppur a livelli decisamente più infimi – ho inflitto per anni questo supplizio a mio padre e adesso mio figlio mi ripaga con la stessa moneta. 
Un portiere non può saltare un allenamento, altrimenti gioca quell’altro. Non può fare tardi al sabato, se no la domenica è imbambolato e si vede. Se prende goal è un paperone (quando va bene, ma ho sentito anche di peggio), mentre se para è perché il centroavanti di turno gli ha tirato addosso. Sveglia presto, colazione e via a giocare, con la certezza che non farà mai un goal. Con il fango, con la neve, con il sole, sarà sempre quello più sporco, con la maglia zuppa, le ginocchia sbucciate ed i piedi congelati. Ad ogni partita, i soliti mugugni: "Ma come calcia, non esce mai, sta sempre zitto, è basso"… A volte vorresti veramente praticasse un altro sport: se sbaglia l’attaccante è soltanto una giornata storta, se invece sbaglia il portiere è una brenna. Anche quando il difensore la tocca male all’indietro, la colpa è sempre la sua: "Non l’ha chiamata, era troppo distante, è stato lento". Se prende goal da 40 metri, con il pallone che scarta all'impazzata tipo Super Tele, niente, nessuna pietà. E giù offese dette a mezza voce (perché vicino c’è il babbo e poi magari sente).
Ed invece, cari genitori di Messi e Cristiano Ronaldo, io dico che essere genitore di un portiere è un onore, perché il ragazzo che si assume quella responsabilità è DAVVERO speciale (oltre che incosciente). È speciale perché sa che avrà sempre gli occhi di tutti puntati addosso, perché non potrà mai cancellare un errore facendo goal, perchè sa che se sbaglierà l’attaccante, la partita finirà 0 a 0, ma se a sbagliare sarà lui, saranno dolori. È speciale perché nel calcio si vince in 11 ma si perde da soli e non è bello guardare in faccia i compagni dopo un errore. È speciale perché un giorno di fine aprile si alzerà dalla panchina pronto per entrare in campo con l'incoscienza dei 15 anni o poco più e parerà un rigore che vale un campionato (non un goal, attenzione!). È speciale perché quel bambino che da sempre è il numero 1 per babbo e mamma, in un secondo potrà diventarlo per centinaia di cuori e migliaia di occhi. Perché domenica tutti abbiamo pensato: “Sei il numero uno”!
Caro Tommaso, sappi che hai già un ammiratore: si chiama Matteo ed un po’ più piccolo di te. Sta provando a fare lo stesso mestiere tuo e se ne frega dei discorsi dei grandi, va per la sua strada senza pensare a quando qualcuno dirà: "Il portiere è scarso"!
Ti scrivo grazie, e contestualmente ringrazio anche il babbo, per aver finalmente ridato dignità al ruolo del portiere, oltre che per averci praticamente consegnato la vittoria della partita. Non è tempo di proclami ed infatti me ne guardo bene, perché il cammino è ancora lungo ed il Gavoranno verrà a Siena a vendere cara la pelle (strano!). A pensar male si fa peccato ma ci si azzecca sempre, diceva qualcuno… Vedremo.
Il giorno che esordirai con i professionisti e avrai il tuo nome scritto sulla maglia, non ci meraviglieremo se sceglierai di giocare con il 12... D’altra parte i portieri so’ tutti strulli! Se poi lo farai con il Siena, sarà "il vissero tutti felici e contenti" delle favole che ascoltavi da bambino, prima di addormentarti. Ieri hai scritto veramente una pagina di ETERNITÀ, che resterà tale anche quando appenderai i guanti al chiodo. Perché tu sarai sempre quello del miracolo di San Sepolcro.
Al tramonto del giorno più lungo della storia del nostro calcio, c'erano talmente tanti occhi lucidi, che nemmeno a Genova avevo visto.
Ornella Vanoni sta finendo la canzone… Un ragazzino, una palla, una porta e l’Eternità davanti a lui!
San Sepolcro- Robur Siena 0-1!
Tutti uniti insieme avanzeremo! Oggi, domani e sempre!

Ps. Fontanelli uno di noi! Chi cammina inciampa; anche quando le colpe non sono solo sue!

7 commenti:

  1. Bellissimo articolo. Ho apprezzato più di tutto la "pacca sulla spalla" a Fontanelli.
    Perché non dimentichiamoci che domenica sera sono stati 2 i portieri ad avere difficoltà ad addormentarsi, ma per motivi diametralmente opposti.
    Quindi un applausone fragoroso e sincero a tutti i nostri "ragazzi saracinesca" perché tra errori e prodezze, una cosa è certa, ce l'hanno messa proprio tutta.

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  2. Pur stimandoti all'infinito Almutanabbi e pur tessendo le lodi di Tommaso, a cui auguro di riaccompagnarci a rifare la scalata che questa città omertosa e senza memoria non meriterebbe...una laude al padre del portiere mi sembra esagerata....Vorrei ricordati che il padre in una triste domenica di novembre del 1988, in un paese dove vanno allo stadio ogni 25 anni (ed era proprio una domanica di quelle lì!), al secondo gol ci msmdò tutti afare in culo bellamente...tantochè quando l'estate dopo paganini lo voleva comprare si voleva creare il gruppo antibiagiotti!
    Ora grande Tommaso, bella la favola, bella la storia, Dio te ne canti le laudi...ma quelle del padre no...eh cazzo...sennò in questa città di coglioni non ci si ricorda di niente..Quindi viva Tommaso ma il padre nò...sennò ti canto la canzoncina che gli cantavamo al ritorno (un tragico sabato di pasqua del1989 arbiitarti da Collina) in cui gli veniva ricordato con chi faceva rima....

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    1. Vero, vero, vero.
      Fra l'altro Biagiotti babbo è stato uni dei giocatori che ho più odiato in vita mia.
      Il senso del pezzo, tuttavia, è secondo me un altro. Anzitutto spostare il focus dal figliolo (giustamente iper osannato in questi giorni) al babbo è cosa che mi pare originale. Poi, se ci fai caso, il senso era di legare il "patimento" di Biagiotti babbo con quello dello scrivente e del babbo dello scrivente.
      Vedo bene, però, che l'odio che al tempo provavamo non è scemato. Pensavo di essere rimasto solo io a ricordare, evidentemente non è così. Me ne rallegro.

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  3. Sai a noi che non c'ha portato la piena siamo in diversi...Così come ingozza quella domenica lì fu dura...per fortuna l'anno dopo gli si rifilarono 4 a casa loro ed allora mi risollevai.....W Tommaso....e basta....

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  4. Almutanabbi ha centrato in pieno il senso del mio scritto. L'eroe è il babbo del portiere, inteso come tale. E francamente nel Novembre del 1988 avevo appena compiuto 10 anni... Gli anni '90 della Robur li ricordo abbastanza bene, prima - lo ammetto candidamente - mi rimane un po' difficile...
    M.

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  5. Io l'articolo lo avevo percepito come una sorta di omaggio ai genitori e al patimento che provano nel seguire le gesta sportive - più o meno fortunate - dei loro figli. Il caso "Biagiotti" credo sia un pretesto per stimolare questa riflessione.
    L'ho apprezzato da genitore che va a vedere la propria figlia alle competizioni sportive che ama fare e che deve spesso "soffire in silenzio".
    Vomerone

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  6. Esatto Vomerone! Il pezzo voleva essere un plauso a tutti i portieri e a tutti i babbi che soffrono durante le partite. Con l’intento magari di poterlo estendere, il plauso, ai genitori di tutti gli atleti degli altri sport e non solo (penso alla mamma del pianista o dell'attore di teatro). Tuttavia ringrazio Siena Mesta perchè mi ha fatto ricordare (seppur con fatica e aiutato da gente un po' più grande) le prime volte che andavo allo stadio da bambino: ammetto di aver "ignorantemente ignorato" (si può scrivere?) il collegamento fra il Biagiotti giocatore e il Biagiotti babbo. Sarà la vecchiaia che avanza?
    M.

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