Pagine

Le nostre rubriche

lunedì 15 dicembre 2025

La mancata dissolvenza delle virostar

Continuiamo il ragionamento sul primate Bassetti e più in generale sulle cosiddette virostar, intrapreso nello scorso articolo.


Riprendo ancora quanto scritto dal prof. Puccetti, ampliandolo per ciò che io possa.

Dice Puccetti che la questione vax o no vax da qualche tempo è stata come silenziata dal sistema, soprattutto quando si è compresa la gigantesca mole di cazzate che ci ha sommersi. Insomma, quando si capisce di avere detto e fatto una marea di puttanate - al di là di una innocua commissione parlamentare d'inchiesta e di qualche sparuto sbuffo di indignazione mediatica - è meglio tacersi e spostare l'attenzione su altro. Ma non tutti scelgono questa strada, non per convinzione, ma quanto perché si è troppo "stupidi per tacere e troppo esposti per ritirarsi". E quindi si finisce per decidere di occupare lo spazio pubblico ad oltranza, come se nulla fosse cambiato e anzi "come se fosse ancora necessario alzare la voce". Finito il coro, ora tocca ai solisti a cantare.

La ragione basilare è l'esposizione mediatica, per cui certi "scienziati", vomitati dalla cosiddetta comunità scientifica, non vogliono e/o possono uscire dalla intermediazione televisiva e social nella quale sono entrati anni fa. Le cosiddette virostar hanno basato la loro immagine sulla attenzione e l'attenzione non presuppone dissolvenza. Anzi, di continuo si ricercherà ancora il conflitto, la reiterazione, l’urgenza permanente.

In tali casi, l’identità professionale è sostituita dall’identità narrativa. Quando per anni vieni presentato e ti presenti come “voce della scienza”, “baluardo contro l’irrazionalità”, “coscienza critica della pandemia”, non è possibile fare un passo indietro, se non si vuole scomparire. Il cambiamento e la riflessione, fisiologiche per uno scienziato, per una figura mediatica equivale alla fine dell'esperienza.

Infine, si consideri il fatto che la virostar non risponde di nulla, se non della propria visibilità, al contrario di chi, nel sistema, prima o poi arriva ad una posizione per la quale possa avere responsabilità politiche o giuridiche. La virostar non firma linee guida vincolanti, non delibera acquisti, non impone obblighi e parla in modalità assoluta senza pagare alcun prezzo reale. "Anzi: più la realtà si complica, più la semplificazione assertiva diventa appetibile per i media. L’eccesso non viene sanzionato, viene premiato".

Prima abbiamo parlato di stupidità dei soggetti in questione; ma fermarsi a questo aspetto sarebbe riduttivo. Non c'è solo deficit cognitivo, ma anche "una combinazione di narcisismo funzionale e dipendenza da rinforzo esterno". Mentre il narcisismo è stato funzionale alla narrazione in epoca pandemica (chi più è stato performativo più è stato premiato), la dipendenza è stata una conseguenza: dopo anni di esposizione quotidiana, il silenzio è vissuto come una perdita, non parlare equivale a scomparire e scomparire equivale ad ammettere che il mondo può andare avanti senza di te.

Diversamente dal sistema, che ha capito che la sopravvivenza passa per l’ambiguità e la retrazione tecnica, queste figure continuano a combattere la guerra precedente, difendendo un format narrativo - l’emergenza permanente, la certezza morale, la dicotomia giusto/sbagliato - che non è più sostenuto né dai dati né dall’interesse istituzionale. Non rientrano nel mazzo perché non possono, perché la ritirata presuppone un’identità che esista anche fuori dallo schermo (ad esempio nel mondo scientifico, che oramai li schifa). "E così restano lì, a parlare a un pubblico che si assottiglia, in un contesto che è già andato oltre, come sentinelle di un’emergenza che non c’è più, ma che, per loro, deve continuare a esistere".

Ah, tutto ciò conta esattamente per chi adora le virostar, quei pochissimi dementi rimasti ad ascoltare le loro cazzate.

Nessun commento:

Posta un commento