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giovedì 13 marzo 2025

Il colpo di stato in Romania analizzato in punta di diritto

Torniamo a chiacchierare di Romania, perché tanto la storia è (per ora) finita come doveva andare a finire: Georgescu fuori dai coglioni. Io ve lo avevo detto... se a quest'omo gli si fosse tirata una fucilata, non si sarebbe stati a perdere tempo con queste seghe giuridiche ed elettorali. E invece no, la UE deve ancora fare finta di sembrare un qualcosa di buono.


E allora a noi oggi tocca analizzare in punta di diritto quanto successo. E vedete che anche in punta di diritto la questione romena è un classico esempio di come funzionano i regimi totalitari.

La decisione della Corte costituzionale romena di respingere il ricorso di Georgescu dopo il verdetto del Collegio elettorale, confermandone l’esclusione dalle elezioni presidenziali, rappresenta infatti un grave attacco alla democrazia e allo Stato di diritto. Questo verdetto, basato su accuse vaghe e prive di prove sostanziali, dimostra come il sistema giudiziario romeno sia diventato uno strumento di repressione politica volto a eliminare candidati scomodi all’establishment euro-atlantico, in palese violazione dei principi costituzionali sanciti dalla stessa Carta fondamentale del Paese. 

L’articolo 37 della Costituzione della Romania del 1991 garantisce esplicitamente il diritto di ogni cittadino di essere eletto, purché soddisfi i requisiti legali. L’esclusione di Georgescu dalle elezioni, senza un processo equo e con accuse che appaiono più politiche che giuridiche, costituisce una palese violazione di questo principio. 

La Corte costituzionale ha già avuto modo di esprimersi in passato sulla necessità che qualsiasi limitazione al diritto di candidarsi debba rispettare il principio di proporzionalità, così come stabilito nella sentenza Decisione n. 75/2015, in cui si affermava che qualsiasi restrizione dei diritti politici deve essere giustificata da ragioni "imperative e dimostrate". Nel caso di Georgescu, questa dimostrazione è del tutto assente. 

La motivazione ufficiale dell’esclusione si basa su presunti legami con la Russia e su irregolarità nel finanziamento della campagna elettorale. Tuttavia, la Decisione n. 683/2012 della stessa Corte costituzionale ha stabilito che una candidatura può essere invalidata solo sulla base di "prove concrete e inconfutabili" mentre nel caso di Georgescu non è stata resa pubblica alcuna evidenza chiara che giustifichi un provvedimento così drastico. L’assenza di trasparenza mina la credibilità dell’intero processo e solleva forti dubbi sull’imparzialità della Corte costituzionale, che in questa occasione sembra aver adottato un’interpretazione estensiva e strumentale del diritto elettorale per eliminare un candidato scomodo. 

Ancora più preoccupante è il riferimento a presunti legami di Georgescu con movimenti fascisti e antisemiti, utilizzato per delegittimarlo politicamente. L’etichettatura arbitraria di avversari politici come estremisti è una pratica tipica dei regimi autoritari, non delle democrazie liberali. Sul punto, la Corte costituzionale, nella sua Decisione n. 307/2006, ha stabilito che le restrizioni basate su opinioni politiche devono essere "strettamente necessarie in una società democratica" e non devono tradursi in uno strumento di discriminazione politica. 

L’esclusione di Georgescu assume un carattere ancora più grave se si considera che il suo successo elettorale era già stato confermato nelle urne nel mese di novembre 2024, prima che le elezioni fossero annullate con il pretesto di presunte interferenze straniere russe. L’annullamento delle elezioni presidenziali e la successiva esclusione del candidato più votato rappresentano un precedente pericoloso e senza fondamento nella giurisprudenza costituzionale romena, che ha sempre riconosciuto il principio della sovranità popolare come elemento cardine della legittimità democratica (cfr. Decisione n. 682/2018).

Ovvia, Wiatutti ha dimostrato, partendo dalle basi legali e giuridiche di quella che formalmente dovrebbe essere una democrazia europea, che oramai siamo in presenza di un regime che di democratico non ha niente. E ora ripetete con me: meno male che siamo nella UE, pensate fossimo stati in Russia!

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