E invece, nonostante le rassicuranti parole di S scritte nel suo ultimo messaggio, non ho mai ricevuto una spiegazione.
Lei non era certo in dovere di dirmi niente e io non avevo il diritto di sapere, tuttavia dopo mesi trascorsi assieme mi aspettavo forse di aver scalato qualche posto in più nella sua classifica delle persone importanti. Ma forse mi sbagliavo. O magari tutto doveva andare così, perché non è possibile programmare il futuro perché ad un certo punto le cose succedono e basta.
Le settimane sono trascorse velocemente, gli alberi in giardino hanno perso tutte le foglie, portate via dal vento freddo di gennaio e piano piano hanno cominciato a rimetterle. La punta dell’abete che ho sotto casa qualche anno fa arrivava a malapena alla terrazza, mentre adesso supera la ringhiera e la sua ombra mossa dal vento getta sulle mattonelle un arzigogolato disegno che ricorda un centro tavola di pizzo, facendo impazzire il mio piccolo cane dal nome troppo lungo. La quale ancora non si è data per vinta e abbaia da dietro la porta tutte le volte che passa S. Perché nel piccolo condominio a quattro appartamenti con l’ascensore sempre guasto, abitiamo ancora solo io e lei, pertanto siamo gli unici responsabili di ogni rumore. Poco dopo aver visto la Robur perdere malamente a Cesena, sarà stato febbraio o giù di lì, salendo le scale incrociai S. con il suo fidanzato. Guardandolo, così bello e perfetto, mi resi conto che effettivamente non avrei mai potuto competere con lui. Il mio impersonale "Salve" fu seguito da un allegro "Ciao" di S. e da un "Buonasera" dell’uomo. Con un vena di immotivata soddisfazione notai che S. evitò di presentarci e io fui libero di rincasare con un sorriso acido stampato sulla faccia. Lì per lì questo piccolo frammento di gioia mi sgombererà la testa dalle nefaste sirene che gracchiavano tutti i giorni brutti presagi sul futuro della Robur, che domenica dopo domenica si faceva sempre più grigio ed incerto. Un po’ come S., anche il presidente Montanari aveva smesso di farsi sentire, gettando nello sconforto persino gli ultimi irriducibili tifosi rimasti dalla sua parte. Come unite da uno strano filo logico, nel quale tendevo ad inciampare ogni qualvolta ci pensavo, il destino della Robur risentiva della presenza contemporanea di S. e viceversa. Finchè c’era la seconda, la prima volava. Finchè la prima volava, la seconda era qui accanto a me, tutte le sere. E poi, boh…
Tra alti e bassi le settimane si sono rincorse come i cavalli durante le batterie - presto sarà estate e ad oggi è l’unico pensiero che mi rincuora - e marzo ha lasciato il posto ad aprile. La Robur ha collezionato una serie infinita di pareggi, arrivando stancamente a guadagnarsi l’accesso ai play off, nonostante il regalo (speriamo l’unico) di un paio di punti tolti per via di alcuni pagamenti saltati. Storia tristemente già vista da queste parti. Qualche sera fa, mentre osservavo il sole del tramonto incendiare il cielo con i suoi caldi raggi arancio/dorati, ho visto S. caricare sulla sua auto alcuni scatoloni. In tutti questi mesi ho sempre volutamente evitato di capire che tipo di macchina avesse. Ma solo per il fatto non di dovermi girare ogni volta che ne incrocerò per strada una simile. Sì lo so, sembro un ragazzino ma non ci posso fare niente. Anche i miei amici hanno capito che c’ho sofferto e l’hanno piantata di prendermi in giro. Mentre aspettavo che il giorno si facesse sera ascoltavo una vecchia canzone di De André, della quale ricordo la musica ma non le parole. Senza un vero motivo apparente, l’ho cercata su yt e dopo qualche secondo di incertezza l’ho condivisa con S. Nonostante la tentazione di cancellare il suo numero, lo avevo ancora conservato tra le chat archiviate di WhatsApp. Non appena ho visto comparire le due spunte blu ho iniziato a pensare a come sarebbe stato avere un giorno da trascorrere insieme a lei e mi sono lasciato scappare un pensiero. Per la prima volta dopo mesi le ho rivolto la parola, come ai bei tempi. "Ciao S. Ho visto che hai iniziato a traslocare e mi sarebbe dispiaciuto vederti andare via senza nemmeno salutarti. Ti mando questa canzone, ma non badare al testo. Ascolta solo la musica ti prego. Me la immagino fuoriuscire dalle casse di un’auto piccola e colorata, di quelle moderne prese a noleggio. Siamo io e te, e stiamo andando daqualcheparte dopo un giorno passato al mare. E' estate e i finestrini sono aperti. Io indosso un buffo paio di occhiali da sole di plastica, mentre tu litighi con i capelli, che distratti dal vento ti scompigliano il volto. Sorridi. Forse siamo sulla strada che da Lacona torna verso Capoliveri, dalle parti di Norsi. Magari siamo soli oppure qualcuno ci sta aspettando. Perché forse ci sarà sempre qualcuno ad aspettarti daqualcheparte. Ma questo non fa alcuna differenza. Siamo io e te e ciò mi basta. A sinistra abbiamo la scogliera brulla e scoscesa a destra il mare, di un azzurro di tre tonalità più scure del cielo. E' un po' prima del tramonto credo, la gente è ancora in spiaggia e per la strada non c'è nessuno. Sullo sfondo Pianosa e Monte Cristo rompono la linea piatta dell’orizzonte. Siamo in silenzio, perché quando stiamo insieme il silenzio ci protegge e le parole non servono. Un ciclista ci costringe a rallentare, tu bofonchi qualcosa di acido e io ti riprendo facendoti notare che il ciclismo salverà il mondo. Mi colpisci la spalla con un buffetto, mandandomi a quel paese. Reprimo l’istinto di appoggiarti una mano sul ginocchio, sulla cui pelle leggermente irritata dal sale, l’abbronzatura sta combattendo con la crema dopo sole. Nell'aria c'è profumo di mirto, ginestre e rosmarino. Qua e là qualche buffo fico d'india avverte con le sue spine che non sarà facile avere la meglio su di lui. E' tutto così normale che vorrei fermarmi per cristallizzare questo momento, un attimo prima che il presente diventi ricordo". Poi ho schiacciato invio e immediatamente mi sono sentito uno stupido. Per rimediare ho aggiunto - forse peggiorando la situazione: "Perdonami il delirio. M'è venuto in mente questa immagine e l'ho voluta condividere con te. Se ti dovesse dar fastidio la mia presenza, copia/incolla il messaggio e nel punto esatto dove ho scritto "siamo io e te" sostituiscimi con chi vuoi. Non ti fare mai problemi. Non voglio rubarti nemmeno un istante di felicità spensierata con la mia presenza (seppur virtuale). Vorrei solo che tu fossi per sempre felice". Poi ho appoggiato il telefono sullo svuotatasche del soggiorno e mi sono allontanato di qualche passo, prima che il piccolo dispositivo cominciasse a ronzare, come vivesse di vita propria. Sul display è comparsa una sola lettera, salvata in stampatello maiuscolo: S! Dopo mesi, mi stava chiamando. Titubante ho risposto con un pronto che sapeva di "Mi sei mancata un casino", ma poi sono stato travolto dal suo solito, meraviglioso, entusiasmo. Ha parlato per venti minuti di fila senza darmi mai il tempo di replicare. Se avessi lasciato il telefono sul tavolo e fossi andato in bagno, molto probabilmente non se ne sarebbe nemmeno accorta. Ho saputo che è l’ultima settimana che trascorrerà come mia vicina, prima di trasferirsi definitivamente a casa del suo ragazzo. Con un misto di orgoglio e rammarico ho ascoltato attentamente quando mi ha detto: "Le tue parole e la tua compagnia mi hanno resa una persona migliore. Forse è proprio grazie a te che ho capito dove sbagliavo e ho deciso di riprovare con lui, anziché buttare tutto all’aria". Mi sono sentito come se la Robur vincesse i play off e poi non si iscrivesse al prossimo campionato. Ma non le ho detto niente. Mi ha chiesto dove giocherà il Siena la prossima partita e io le risposto in casa con l’Entella. Immancabilmente mi ha domandato cosa significasse Entella e io le ho mandato il link di un pezzo che scrissi anni fa per il blog dove spesso ho parlato di lei, nel quale deliravo su Giolitti, Bocca di Rosa e la chiusura dei manicomi. Poi, arrivato il momento dei saluti, mi ha domandato come stessi e il mio silenzio deve averle trasmesso un senso di inquietudine. Senza pensare alle conseguenze, più per cambiare discorso che altro, le ho chiesto: "Ti posso invitare a cena fuori, una di queste ultime sere?". Sorpresa, la ragazza ha risposto prontamente, accettando con calore l’invito, prima di aggiungere: "Non essere banale però. Stupiscimi’.
Travolto da questa grossa responsabilità, l’ho saluta e chiudendo la conversazione ho guardato il mio piccolo cane dal nome troppo lungo, il quale, come avesse inteso tutto, mi guardava con un’espressione del tipo "voglio venire anch’io". Poi, più tristemente preoccupato che allegramente eccitato, ho chiesto ad Alexia: "Alexia, riproduci "Andrea" di Fabrizio De André" mentre aprivo una triste lattina di Gin Tonic economico acquistato al D+, per dimenticare che fra qualche giorno non avrò più S. e forse non avrò più nemmeno la Robur.
Robur Siena - Virtus Entella: più che una partita è un saggio di latino. Ultimo atto della stagione regolare (orripilante definizione mutuata dall’altrettanto orripilante gioco della palla a canestro), che molto probabilmente sarà anche l’ultima partita di questa ennesima versione della nostra Robur. Prima che l’oblio ci inghiotta di nuovo, risputandoci magari in qualche serie infida dove magari ho giocato anche io, ci rimangono questi ultimi 90 minuti, per gridare la nostra rabbia oppure restarcene in silenzio. Chiunque sia, ci sta tradendo un’altra volta. Ho paura che ci mancherai vecchia Robur. Ci mancherai davvero.
…Siena calcio il nome, lotta con onore!
Mirko
Anzitutto bravo a Mirko perchè si chiama come me.
RispondiEliminaHo fatto mente locale e vedo dei nessi importanti tra il ruolo dello IOR e il trasloco della S. in virtù di precise direttive ai fedeli. E' necessario inoltre prendere atto che l'invito a cena si configura come atto di Marxismo estremo ovvero la riscoperta del ruolo di barbaresco che a Sienina ben conosciamo.
Mirko Sburra
https://www.youtube.com/watch?v=0YKtJ20Ln20
RispondiEliminaGrazie
Elimina… E ci vedremo di là, so che un di là ci sarà
E so che di fisso si starà meglio che qua…
Questa citazione la riconoscono poche persone nel mondo. Poche poche.
:)
Poche poche non direi. Coi 4 sold out di questo mese sono già 50.000
EliminaVero. Hai ragine. E' passato un po' di tempo da quando suonavano nei campetti dietro alle chiese di paesini sperduti. Tu hai trovato il biglietto? A me sarebbe piaciuto ma un concerto a Milano tra viaggio, albergo etc etc ci vuole un mutuo e due giorni di ferie. E poi non ho più il fisico! Peccato perchè cadevano bene bene.
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