La via del ritorno sembra un lungo graffio sulla campagna ancora stanca dalle fatiche dell’estate, mentre il buio si distende immobile intorno a me e la luna non c’è mai quando serve. Se invece questa sera ci fosse, vista dall’alto la strada forse sembrerebbe una striscia argentata, come il fiume del presepe che facevo da piccolo con la carta stagnola.
Osservo le ombre della notte confondersi con il cielo scuro, mentre i fari dell’auto bucano l’oscurità di quel tanto che basta per permettermi di non sbagliare direzione, saltare l’uscita o addormentarmi. Le montagne si confondono con le nuvole e da qualche parte alle mie spalle ci dovrebbe essere il mare. L’orizzonte è reale come gli gnomi e le fate che un tempo abitavano i boschi che ricoprono le colline, contendendo ai campi coltivati il compito di dare una senso alla terra. Silenzio fuori e silenzio dentro. Un vento gelido avvolge l’auto, come a volerla sollevare da terra e portarla via, lontano dalla mestizia di questa sera. Di ritorno dalle Marche non c’è voglia di parlare, soltanto il rumore del motore sotto al cofano attutisce la solitudine del silenzio. Tuttavia non c’è posto nella mia testa per l’amarezza o la rabbia. Almeno non questa sera. È delusione quella provo. Rimugino sugli accadimenti del sabato pomeriggio e un leggero torpore si impadronisce delle mie stanche membra provate da un fastidioso gelido vento di natura orientale. Nella mia testa una vocina si impossessa dei miei pensieri, prendendo il sopravvento su tutto e resettando il resto, come un colpo di stato militare in qualche paese del Sudamerica.
"Se la sera non esci, ti prepari un panino mentre guardi la TV. Anche tu?". Il mio ego pare risponderle: "Tesoro, devi capire che dopo due anni di pandemia, se la sera non esco è perché risiamo nuovamente in quarantena e ci hanno chiuso tutti un’altra volta. E poi figuriamoci se mi fo un panino! Dopo un inverno in zona rossa, siamo diventati tutti Masterchef. Di certo, se posso, cerco di stare lontano dal divano. Come questa sera per esempio: potevo guardare la partita alla tv e invece mi sono fatto questi 500 km pur di sentirmi vivo. Perché quando gioca la Robur, io mi sento così!
"Ti addormenti con qualcuno, che alla luce del giorno non conosci più. Anche tu?". Sì, spesso mi addormento con un gigantesco giramento di coglioni, come quello che avverto adesso. Ma purtroppo al mio risveglio lo ritrovo ancora lì, come il cellulare sul comodino.
"Ti telefono o no, ti telefono o no, Ho il morale in cantina". Io invece in cantina c’ho un gran casino, bottiglie di vino, scatoloni e un tapis roulant semi nuovo. Altra prova tangibile degli effetti del Covid sull’intelligenza umana. Se hai voglia chiamami pure, anche se mi pare che stiamo già parlando.
"Mi telefoni o no, mi telefoni o no. Chissà chi vincerà". No, non lo so chi vincerà, ma molto probabilmente se continua ‘sta banda, so chi NON vincerà: la Robur. E te lo dico perché ogni fine settimana si rivede un film già visto. Come se Sky cinema 1 tutti i sabati alle 21 riproponesse "La Grande Bellezza", che sarà anche un film famoso e premiato, pieno di attori bravi e belli, ma rimane comunque una gigantesca rottura di palle che nemmeno la vecchie tribune elettorali di mamma Rai arrivavano a tanto.
"Poi se ti diverti, non la metti da parte un po' di felicità. Anche tu?". A parte il fatto che fare tutta questa strada per raccattare un punto a Fermo non mi pare un gran divertimento, ma poi tanto quella poca felicità che avevo l’ho buttata via qualche anno fa, insieme alle bestemmie, agli accidenti e al diario delle superiori, quindi no, non mi diverto e non ho una scorta di felicità da utilizzare nei momenti bui.
"Io vorrei sognarti, ma ho perduto il sonno e la fantasia. Anche tu?". Io invece ho perduto due punti contro una squadra che se la giocherebbe col Tiferno Lecchi (sai di che parlo, vocina bella?), dopo averne persi altri due con la Pistoiese, quindi ho ben poco da sognare. E poi francamente preferirei più segnare che sognare in questo momento. Anche perché i sogni a questo giro sono durati pochino e i risultati di queste ultime partite sono stati come una secchiata d’ acqua gelida sul timido entusiasmo che piano piano stava cominciando a sbollicchiare in città. E non mi chiedere un’altra volta se ti telefono perché ti ho già risposto.
"Questo amore è un camera a gas". No quella è camera mia questa sera, dopo che mi sarò tolto le scarpe da ginnastica che porto da tutto il giorno.
"È un palazzo che brucia in città". In realtà credo fosse stata la curia, non un palazzo qualunque. Roba di anni fa comunque. Chissà cosa dovevano nascondere. A volte per farla pulita occorre soltanto fare un gran casino.
"Questo amore è una lama sottile". Occhio che ti fai male e questo non mi sembra un buon momento per finire al pronto soccorso. Come se invece in altre situazioni esistessero anche dei buoni momenti per andarci!
"È una scena al rallentatore". Ecco, a proposito di rallentatore, riguarda bene il goal che s’è preso e capirai anche te, che di calcio non capisci granchè, perché sono stizzito. Ci mancava solo ce lo facessimo da noi. Qui ci starebbe bene un "ma via via per piacere" con le braccia stese verso il basso e semi aperte lungo i fianchi e i palmi delle mani rivolti all’insù, però cercherò di contenermi. Sono grande oramai.
"Questo amore è una bomba all'hotel". Fosse per me la bomba la vorrei tutte le domeniche sotto a quell’hotel che un tempo di chiamava Jolly, come la nostra curva. Una bella bomba di Varela dal limite dell’aria e palla sotto all’incrocio dei pali. Quella sì che sarebbe un’emozione, non queste partitucce con 10.000 passaggi per traverso e 3 passi in avanti e 5 indietro!
Devo aver pronunciato l’ultima frase alzando la voce di due toni, il mio compagno di avventura seduto sul seggiolino del passeggero mi osserva in tralice ridestandosi dal sonnellino. Ai suoi orecchi devo essere sembrato una specie di cantante dei Cugini di Campagna dopo tre giorni di mal di gola. Incerto mi chiede: "Ma eri al telefono o stavi parlando con la radio?". Perplesso gli faccio segno di no con le dita della mano appoggiata sul cambio proprio mentre dagli altoparlanti dell’impianto stereo dell’autovettura irrompe nell’abitacolo la voce giovanile di una ragazza, la quale prima di ringraziare tutti per l’attenzione ricorda che il successo appena trasmesso era "Fotoromanza" di Gianna Nannini e invita a rimanere incollati alle frequenze di Radio Fermo 1 per tutto il sabato notte. Metto la freccia, accosto, respiro. Forse non ho più il fisico per affrontare le trasferte così lunghe. Forse sto davvero invecchiando.
Fermana - Siena 1 a 1: rieccoci qui a cercare di utilizzare parole nuove per ripetere un concetto già espresso. Gila, ti aspettano Adani e Ambrosini alla TV. Lì potrai parlare di tattica quanto ti pare. Qui secondo me il tempo è scaduto. È buffo come proprio tu, che hai passato la carriera fermo sul dischetto del rigore, pretenda da Paloschi di correre su e giù per il campo manco fosse Kenenisa Bekele alla maratona di Berlino. Mah, fai te. Fosse per me…
…su quei gradoni, lì ci troverai!
Mirko
Mirko, con quella canzone ti ci voleva la Boccassini accanto
RispondiElimina