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venerdì 18 dicembre 2020

Uno, nessuno, centomila

Ma di preciso quanti eravamo a Cannara? Non lo so e francamente non lo voglio nemmeno sapere. 


Credo che in ogni tifoseria esista una qualche leggenda da raccontare tra una sciocchezza e un’ovvietà e quella di Cannara immagino possa perfettamente inserirsi nella storia decennale dei tifosi della Robur, così come la verbena si inserisce da sempre tra i mattoni di piazza. Scusatemi se scrivo storia decennale e non centenaria, ma d’altra parte le persone (purtroppo) passano, mentre le società restano. Per questo avrei voluto vedere una sola Robur nella mia vita, anziché tre. Però si sa, il destino è incontrollabile - anche se per la delinquenza ci sarebbe la magistratura, mentre l’ufficio di collocamento potrebbe aiutare certi figliocci viziati - e quello che pare oggi solido come la roccia può sgretolarsi e precipitare  velocemente in un baratro profondo, dal quale più fatichi per tirarti su e più decine di piccole mani viscide e appiccicose ti tirano verso il basso. 

Brutti tempi stiamo vivendo. Le settimane passano e le stagioni continuano ad alternarsi ma ho sempre più spesso l’impressione di vivere in un mondo all’incontrario, dove le bollicine dello spumante scendono in basso anziché salire verso l’alto, la vita scorre lentissima e nei negozi si vendono esclusivamente bestemmie, ma solo da asporto. La sera poi, per sollevarci un po’ il morale, accendiamo la tv per  guardare un bel film giallo, ma giusto per dimenticarci di tutto questo arancione che ci circonda. Arancione come il mondo di notte, quando il buio è rotto soltanto dai lampioni del comune. 

Ma insomma, quanti eravamo a Cannara? Mah, secondo me, se devo essere onesto, c’erano i soliti di sempre. Quindi tanto per cominciare  direi che a Cannara eravamo UNO, come a dire meglio soli che male accompagnati. UNO, con quell’unicità che da sempre ci rende speciali, così come l’unicità di Siena la rende speciale agli occhi del mondo. UNO basta perché è in fondo è meglio di zero e poi UNO è sufficiente per fare un po’ di rumore, cantare, gioire e sorridere. A proposito, un sorriso è gratis e farlo non conta niente, anche se queste brutte mascherine c’hanno tolto anche questo piccolo piacere. Tuttavia a pensarci bene forse a Cannara quel pomeriggio di 45 anni fa, che se tanto mi dà tanto doveva fare un freddo che gli orsi polari avrebbero chiamato il Gasint (che forse al tempo manco c’era), per farsi allacciare il metano, eravamo NESSUNO. Esattamente come mi sono sentito io e tanti altri per anni, quando la domenica anziché andare a zonzo o far franella al Tendenza, preferivo condividere i miei sogni con altre persone affette dalla stessa malattia e cantare tre ore rimpiccato su quattro gradoni di cemento dai quali si faceva fatica a vedere quell’altra porta. Tanti NESSUNO, illusi e romantici, soli e spesso derisi, ma mai in silenzio. E la gente ci guardava, bisbigliava qualcosa e passava oltre. Noi invece, con quelle sciarpe bianconere e quel meraviglioso odore acre di torcia del treno nelle narici, aspettavamo. Ma cosa può aspettarsi dalla vita un NESSUNO che ogni volta dice di frequentare la curva viene guardato strano manco fosse un lama allo zoo? Niente, perché quel NESSUNO, amico o forse parente, addirittura figlio o nipote di quell’UNO di Cannara, ha capito che la vita va così ed è sempre meglio non farsi illusioni. Vive la sua passione al massimo, esultando per ogni vittoria come fosse sempre la finale di Champions League, perchè la felicità non conosce categorie, e aspetta in silenzio. Aspetta che la storia tiri i dadi e, chiudendo gli occhi, attende che i due cubetti di plastica rotolino sul tavolo di panno verde. E a volte ci può stare che quel NESSUNO, togliendosi gli occhiali per capire se davvero sta vedendo bene, non riesca più a distinguere se quello che rotola è un dado oppure un pallone a scacchi bianco e nero, anche se tutto quel verde sotto, se non fosse per il meraviglioso odore di erba umida che penetra in profondità nelle narici, sembrerebbe proprio un tavolo da gioco; ma invece… Invece i dadi per una volta parlano la stessa lingua dei sogni belli e nel giro di un inverno a quell’UNO e a quei NESSUNO si uniscono altri esseri: per moda, per forza o per amore il gruppo domenica dopo domenica appare più numeroso. A guardarla ora Cannara sembra lontanissima. Anzi, a pensarci bene, pare non essere mai esistita. Il vento  finalmente gonfia le vele di ogni domenica e il mare non appare mai agitato sotto la nostra chiglia. Da quel giorno a Cannara tutto ad un tratto siamo quasi CENTOMILA e ci siamo arrivati senza rendercene conto. CENTOMILA cuori pulsanti nelle notti incantate di Genova (due, non una, perchè la seconda è figlia della prima) che a pensarci adesso mi vengono ancora i brividi. CENTOMILA esistenze diverse di persone che per un attimo decidono di affrontare un pezzetto di vita insieme ad altri esseri, senza sapere niente di loro, ma con in comune soltanto la voglia di alzare le mani al cielo e gridare: Oh Roburrone avanti avanti". CENTOMILA per far capire al mondo che il calore non si misura in numeri, in biglietti venduti o nel numero di autobus fermi al casello. La passione è sostanza impalpabile delle nostre domeniche che muove i nostri cuori, così come la brezza del mare muove le frange dell’ombrellone. Con la pioggia o con il vento, con il sole o con la neve: la passione non conosce stagione. E non importa se domenica a Cannara non ci sarà NESSUNO perché ognUNO di noi sa che presto potremo tornare su quei gradoni e riabbracciare con affetto gente che non vede da mesi, stringere mani e baciare le citte sulle guance. E forse fra qualche tempo ci scenderà una lacrima ripensando a questi brutti giorni, nei quali passiamo dalla tristezza alla rabbia senza transitare per la quiete, mentre magari festeggeremo un nuovo traguardo raggiunto, che con fatica e pazienza potrebbe farci tornare un giorno ad essere nuovamente CENTOMILA, come la banconota con la faccia di Caravaggio che ci regalava la nonna il giorno di Natale e soprattutto come le volte in cui, ieri oggi e domani, Siena è meglio di Roma.

Cannara - Siena 1 a 0 (mi tocco le palle. NDR): la storia compie uno dei suoi innumerevoli giri e ci ripresenta un fantasma del passato che credevamo di aver seppellito sotto metri di gloria. Dai, ricominciamo: se questo fosse il punto più basso, vorrà dire che presto o tardi ce ne sarà di nuovo uno altissimo! VINCERE! 


…su quei gradoni (prima o poi), lì ci troverai!



Mirko

4 commenti:

  1. Eravamo 15, io c'ero e mi ricordo ancora che... che... forse mi sbaglio. Però anni dopo a Cerreto Guidi c'ero e vidi il missile terra-aria di Stringara.

    Marko

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    1. Non confondiamo il culo colle quarant'ore; quella squadra non era il Cannara, era il Grifo Cannara. E noi non eravamo l'ACN

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    2. Ne approfitto per salutare il carissimo amico Grifo del Grosseto!

      Marko

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  2. Certi amori non finiscono
    Fanno dei giri immensi
    E poi ritornano .... Grifo Cannara .... Cannara

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