Per aspera ad AstraZeneca

Il nostro valente Ministro Speranza ha deciso, insieme ad altri colleghi europei, di avvantaggiarsi nella prenotazione di un vaccino. Il tutto, chiaramente, per il nostro bene.

Per ora si tratta di un vaccino che non c'è, che non sappiamo se farà qualcosa (molti medici dubitano che esista un vaccino davvero efficace contro un coronavirus), se sarà sicuro (essendo stato fatto in 6 mesi invece che in 6 anni). Ma vabbè, queste so' stronzate.

L'importante è avere questo benedetto vaccino, così la nostra vita potrà riprendere a pieni ritmi, come prima, quando tutto andava a gonfie vele.

Ordunque, Speranza spenderà un altro bel po' di soldi (nostri), dopo che Conte qualche giorno fa aveva dato 300 milioni (nostri) alla Fondazione Gates per studiare (un altro?) vaccino, avendo individuato una ditta che pare sia più avanti di tutti nello studio e nella commercializzazione dello stesso. Trattasi di AstraZeneca.

Grande azienda biofarmaceutica, nasce dalla fusione di due altre grandi aziende biofarmaceutiche, la Astra (svedese) e la Zeneca (inglese). Non stiamo a tessere le lodi della ditta, che potrete sicuramente ascoltare da Speranza stesso; noi ci limitiamo a verificare quanto AstraZeneca sia stata sfortunata in questi anni, avendo trovato una marea di rompicoglioni che la hanno portata in tribunale, facendole pagare multe salatissime per comportamenti strani. 

No no... non sto andando a ricercare fonti anomale, complottiste, terrapiattiste, iste. No, sto leggendo sul profilo Wikipedia, che magari fra qualche giorno sarà cancellato. Nella sezione "controversie" (lungotta) si può vedere tutta la sfortuna di cui parlavamo sopra.

Riepiloghiamo qualche caso più eclatante per chiarezza.

2003 - Multa di 355 milioni di dollari dopo essere stata riconosciuta colpevole di aver indotto i medici a richiedere illegalmente, al Medicare, la copertura dei costi relativi al proprio farmaco Zoladex e di aver corrotto molti medici per farlo acquistare.

2003 - Multa per aver gonfiato i prezzi su alcuni farmaci al Servizio Sanitario Americano e per aver praticato grossi sconti ai propri clienti senza averli comunicati al governo.

2007 - Multa di 900.000 euro da versare al Sistema Sanitario Nazionale Italiano per aver convinto molti medici a firmare ricette false, anche intestate a persone decedute. Si valuta un danno al Sistema Sanitario di circa 20 milioni di euro.

2010 - Multa di 505 milioni di dollari per evasione fiscale verso regimi fiscali più favorevoli, per un totale di circa 1 miliardo di euro.

2010 - Condanna a pagare una sanzione di 520 milioni di dollari per promozione illegale del farmaco Seroquel

2019 - Condanna dei vertici dell'azienda per concorso in bancarotta fraudolenta per il fallimento di Marvecspharma.

E ce ne sarebbero anche altre di storielle da riportare, però ci fermiamo qui. 

Oh, davvero sfortunata questa AstraZeneca! Ma meno male che ci ha pensato il Ministro Speranza a ritirarla fuori dal guano in cui la sventura l'aveva messa. Vero è che, fino al 2010, Speranza stava nelle palle del su' babbo, per cui tante cose non poteva saperle (oddio, esiste internet, ma si sa, è pieno di puttanate...). Strano è  però che non si rammenti della sentenza di condanna del 2019, dato che Speranza avvia la sua carriera politica parlamentare nel 2013 (PD), per poi approdare al grande partito che fa gli interessi della povera gente, ovvero Liberi e Uguali, quello della meravigliosa Boldrini.

Vabbè, se ne sarà dimenticato... Noi sommessamente gli ricordiamo la vicenda ultima attraverso il riassunto dell'accaduto stralciato da una lettera di un ex dipendente della Marvecspharma, qui sotto. 

Ah... siete delle merde.

"Mi riferisco al “crac” della Società Farmaceutica Marvecspharma Service s.r.l., con sede a Milano (capitale sociale € 12.000,00), costituita alla fine degli anni ‘90 con circa 30 dipendenti che, tra il 2004 e il 2007 aveva acquisito circa 1200 Informatori Scientifici del Farmaco, mediante “cessioni di ramo d’azienda” organizzate da diverse multinazionali del farmaco ed in particolare dalla Pfizer Italia s.r.l. e da Astrazeneca S.p.A. e Simesa S.p.A. Le Big Pharma, in pratica ,avevano “venduto” la propria forza lavoro, con “regolari” contratti notarili di cessione di ramo di azienda, al prezzo simbolico di € 1.000, salvo poi a corrispondere svariati milioni di Euro alla cessionaria Marvecspharma Service s.r.l. a titolo di “badwill”; il tutto, avendo la piena consapevolezza che quest’ultima società non era in grado di sostenere gli oneri e i costi derivanti da tali cospicue acquisizioni di personale, giacché presentava, sin dal 2002, gravi perdite di bilancio.
Ai malcapitati ISF veniva fatto sottoscrivere un Verbale di Conciliazione Sindacale, con il quale si garantiva un patto di stabilità di 36 mesi presso la Società cessionaria ed una minima somma a titolo di “incentivo”, a fronte della loro inoppugnabile rinuncia ad agire nei confronti delle Big Pharma per ogni questione relativa al passato e al futuro. Nella realtà avvenne che, a pochi mesi dall’ultima delle acquisizioni nel mese di settembre 2007, la Marvecspharma Service dichiarava lo stato di crisi, dapprima collocando i lavoratori in CIGS e quindi non corrispondendo più le retribuzioni, sino a giungere al Fallimento nel gennaio 2011, con il risultato finale che circa 1000 persone rimasero prive di occupazione. In buona sostanza, le Multinazionali del Farmaco (Pfizer Italia s.r.l. e Astrazeneca S.p.A. in testa) con le predette operazioni, avevano scaricato il peso e “l’onta” dei licenziamenti sulla Marvecspharma Service s.r.l., al fine di restare “pure ed immacolate” per il mercato, gli azionisti e le società di rating. Le suddette Società, peraltro, non avrebbero potuto in ogni caso, accedere alle normali procedure di licenziamento collettivo di cui alla L. 223/91: difatti nessuna delle Big Pharma coinvolte è mai stata in crisi, tanto da giustificare una procedura di mobilità collettiva che, per giunta, avrebbe previsto maggiori oneri economici a suo carico. Inoltre l’attivazione di un licenziamento collettivo non avrebbe reso possibili le concomitanti operazioni finanziarie di fusione/acquisizione di altre società. Pertanto, la tutela assoluta degli utili/dividendi/profitti ha prevalso sulla tutela dei lavoratori, rimasti privi di occupazione, tutti in età anagrafica tra il 35 e i 60 anni, con difficoltà di ricollocazione sul mercato del lavoro"

(L. Signorile, 13.11.2018)