Il canale youtube di wiatutti!

giovedì 13 febbraio 2020

Lo Statuto di San Leucio

Chi va a visitare la sontuosa Reggia di Caserta, dovrebbe investire un'oretta a San Leucio, collinetta che sovrasta il notissimo sito Unesco.
La colonia reale di San Leucio, situata sull’omonima collina, attualmente frazione del comune di Caserta, era il piccolo nucleo cittadino che, nelle intenzioni di Ferdinando IV di Borbone, sarebbe dovuto diventare la città modello di “Ferdinandopoli”. Il sito era stato acquistato dai Borbone come residenza di caccia ma Ferdinando, dopo la morte prematura del suo primogenito, lo adibì a luogo per la lavorazione su scala industriale della seta. Oltre alle abitazioni per i lavoratori, il progetto prevedeva strutture educative e sanitarie. Una siffatta città ideale necessitava di un codice di leggi contenente i principi fondamentali che avrebbero dovuto guidare la comunità e favorirne il florido sviluppo. Fu così che nel 1789 nacque lo Statuto di San Leucio o Codice Leuciano.
L’esperimento sociale innovativo e pioneristico di San Leucio non fu mai pienamente realizzato, a causa, prima, della discesa di Napoleone in Italia - e, in particolare, della nascita della Repubblica Partenopea nel 1799 - e, poi, della Restaurazione. Con l’Unità di Italia esso morì definitivamente. Tutto ciò non importa molto ai nostri fini, che sono soprattutto quelli di illustrare le idee contenute nel codice e la loro modernità.
Il Codice Leuciano, composto di 5 capitoli e 24 brevi paragrafi, descrive una società fondata sul lavoro, in particolare sulla pari dignità tra i lavoratori, e sul merito, nella quale sono riconosciuti il diritto all’abitazione (fornita dal sovrano al momento del matrimonio, insieme a ciò che è “necessario pe’ comodi della vita”), il diritto all’istruzione gratuita per uomini e donne, la libera scelta del coniuge garantita dal sovrano – contro ogni interferenza della famiglia di origine (per poter contrarre liberamente matrimonio oltre ad aver compiuto 20 anni per gli uomini e 16 anni per le donne, occorreva essere in grado di mantenersi con il proprio lavoro) – l’abolizione della dote femminile e la parità di genere nell’asse ereditario. Inoltre, il Codice definisce un sistema di assistenza sociale straordinariamente avanzato per l’epoca: si prevede una “casa degli infermi” per i malati (e per l’annuale vaccinazione dei giovani contro il vaiolo) e una cassa comune “di carità” per i lavoratori “non istato di potersi lucrare il pane” (per vecchiaia, per infermità o invalidità). Da ultimo, il Codice prevede la garanzia di impiego per tutta la popolazione e l’integrazione dei lavoratori stranieri, che potevano acquisire gli stessi diritti dei cittadini leuciani se i loro costumi erano adeguati e se si applicavano assiduamente al lavoro, e stabilisce le pene per i trasgressori delle leggi.
Dunque – e prevedibilmente – il Codice Leuciano è caratterizzato da un’impostazione fortemente paternalistica ma volta a realizzare una rivoluzione sociale “dall’alto”, diretta a costruire un sistema economico, urbanistico e sociale in grado di scongiurare la miseria e il degrado della popolazione, realizzando quella che appariva essere una “società giusta”.
Sulla base delle norme contenute nel Codice Leuciano, il raggiungimento di risultati illustri nel lavoro ed il loro progressivo perfezionamento deve essere collegato ad un sistema di premialità, che, attraverso un concorso, porta al riconoscimento sociale, ovvero all’assegnazione di una medaglia d’argento o d’oro da portare in petto e che dà accesso, in Chiesa – luogo di aggregazione dell’intera comunità – al cosiddetto “Banco del Merito”. L’estrema importanza del merito e, in particolare dello sforzo, è ribadito anche nelle norme che prevedono la permanenza nella “Casa di correzione”, col divieto di ritornare alle proprie case, per i giovani di entrambi i sessi che, giunti all’età di 16 anni, non abbiano imparato il mestiere e non siano in grado di essere impiegati nella manifattura della seta, per mancanza di volontà. Diversamente, per coloro che, nonostante l’impegno non abbiano comunque appreso il mestiere, si prevede la permanenza nella “Casa di educazione”, col divieto di far ritorno a casa propria finché non siano sufficientemente istruiti.
San Leucio doveva dotarsi anche di un adeguato sistema di assistenza sociale basato su uno spirito solidaristico che deve diffondersi nell’intera comunità.
Pertanto, è dovere di ciascuno risollevare le sorti di chi fosse povero per disgrazia o infermità, mai comunque per pigrizia o per dolo, affinché nessuno sia costretto a mendicare. A tale scopo è istituita una “Cassa di carità”, in cui confluisce una parte dei guadagni di ciascun lavoratore, nella forma di una contribuzione in somma fissa ogni mese, con la previsione di una somma maggiore per chi percepisce guadagni al di sopra di una certa soglia. Tale cassa è amministrata dal Parroco, dai “Seniori” del popolo (i cinque saggi eletti ogni anno col compito di risolvere le controversie e di vigilare sui costumi, sull’igiene, e sullo stato di salute dei cittadini e sul flusso di stranieri) e dai direttori delle arti, che registreranno in un libro lo “stato” di ciascun lavoratore rispetto ai versamenti dovuti e nella “tabella de’Contumaci”, i nomi degli inadempienti, da esporre pubblicamente.
Dunque, il Codice Leuciano tratta e cerca di dare soluzione ad alcuni dei problemi ancora oggi più intensamente dibattuti a proposito di disuguaglianza e società giusta. Anzitutto, il riconoscimento e il ruolo del merito. Nell’accezione oggi dominante, il merito è funzione dell’abilità individuale e dello sforzo e se oggi il premio per il merito è un reddito più alto, nel mondo di San Leucio consisteva essenzialmente nel riconoscimento sociale. D’altra parte, oltre a prevedere un livellamento delle posizioni iniziali degli individui (il cosiddetto level playing field) che consenta le medesime opportunità di successo “sociale” a tutti, il Codice Leuciano tiene conto anche dell’eventuale ruolo della sfortuna, nella distribuzione delle abilità e nel causare imprevisti che possono condurre alla povertà. In generale, la visione meritocratica è mitigata dalla preoccupazione per la disuguaglianza negli esiti, cui corrisponde la previsione di un’azione redistributiva basata su un principio solidaristico.
Inoltre, nel Codice, l’eccessiva disuguaglianza è considerata un male per le conseguenze negative che essa avrebbe. Questa preoccupazione – benché controversa – è oggi diffusa tra molti studiosi della disuguaglianza, che mettono in guardia contro il suo alto prezzo in termini di coesione sociale, tasso di criminalità ed altri problemi sociali che compromettono il benessere della società nel suo complesso.
Ecco, tutto ciò accadeva alla fine del '700, sotto una monarchia. Siamo così sicuri che il mondo, da allora, è così tanto progredito?

Nessun commento:

Posta un commento