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martedì 21 gennaio 2020

Capodimonte & SMS

Chi può, si catapulti a Capodimonte. Anche - e soprattutto - per vedere la mostra "Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica". Nonostante il sito sia flagellato da orde di stronzetti turisti milanesi, vale davvero la pena.
Mostra bellissima, emozionante, strutturalmente solida, nella forma ma soprattutto nell'idea.
Capodimonte, dimora e reggia borbonica di metà '700, dal 1957 è museo nazionale di arte antica (ma non solo) dalla travolgente bellezza.
Entrare dentro Capodimonte è un po' come immergersi all'interno di un frullatore: centinaia di capolavori di inestimabile valore che passano davanti agli occhi stancano la testa e le gambe, fra Caravaggio, Tiziano, Raffaello, ecc. ecc. Il tutto organizzato ancora oggi sulla logica delle collezioni, un sistema molto in voga all'epoca dell'apertura del museo ma che nel mondo contemporaneo funziona poco e male, avendo noi uomini semplici in mente sempre più la necessità di essere guidati verso percorsi tematici, soprattutto appunto in campo artistico.
Ed ecco perché, fino a metà 2020, il direttore del Museo Sylvain Bellenger ha voluto organizzare la mostra di cui andremo a parlare. Lava, porcellana e musica. Tre grandi tematiche che l'arte mescola, rende fluide, coinvolge in un percorso coerentissimo, che ci fa capire la vita di corte (e non) nella Napoli di fine '700. Nella Napoli che va da Carlo di Borbone a Ferdinando II va in scena un racconto fiabesco, che parla di una favola realistica di estrema raffinatezza estetica, allestita nelle 18 sale dell'Appartamento Reale, agghindate di costumi d'epoca, capolavori di porcellana delle collezioni di Capodimonte, musiche ascoltate attraverso cuffie dinamiche. Una vera e propria esplosione dei sensi - che trova il suo compimento nell'ultimo salone - che ha come sottofondo il passaggio del potere, i cambiamenti della storia, delle mode e dei gusti estetici di corte e del popolo.
Palcinella, il Vesuvio, i pappagalli, Paisiello, le bombe di lava, la sbornia per la Cina, i giocatori avvinazzati, i grandi quadri della famiglia regnante: tutti insieme, a formare una maestosa rappresentazione scenografica della Napoli tardo settecentesca.
Bel personaggio questo Bellenger. Che parla come l'ispettore Clouseau e che da quattro anni dirige con autorevolezza Capodimonte. Molto amato dai Napoletani, partì con il pulire manualmente il Real Bosco di Capodimonte, oggi un parco curato all'inglese, dove migliaia di persone passano a passeggiare e divertirsi tutti i giorni. Bellenger, in seguito alla riforma Franceschini, fu uno dei direttori che arrivò dall'estero a dirigere i grandi musei d'arte nazionali (come gli Uffizi), creando sconcerto nei soloni nostrani, divisi fra burocrati (di Stato) e critici d'arte (di Stato), spesso tronfi del proprio sapere e del proprio potere, in una miscela tipica del mondo contemporaneo itagliano.
No, semplicemente per Capodimonte serviva un Direttore. Il quale ha bisogno di Curatori, figure che nel Belpaese si fa ben fatica a trovare. Insomma, dei veri e propri manager dell'arte, che possano far sì che i musei si vadano ad auto sostenere, sviluppando un circuito positivo di ingressi, incassi ed investimenti.
E' brutto dirlo, ma con Bellenger si ha la sensazione che sia giusto, quando noi non ce la facciamo con le nostre forze, alzare la mano e chiedere aiuto ad altri, più bravi di noi. Tanto bravo Bellenger che si può permettere di cazziare anche De Magistris, reo di non avere fatto nulla per avvicinare Capodimonte a Napoli, non avere messo segnaletica adeguata, non avere creato percorsi che potessero fisicamente avvicinare il museo al centro storico, non aver svolto adeguato marketing per far conoscere al meglio un siffatto gioiello: tutto vero.
Ed allora ecco la necessità delle grandi mostre, che possano il più possibile sdoganare Capodimonte al mondo, ma anche agli stessi Napoletani che ancor poco lo conoscono.
Ora, come sempre faccio quando visiono realtà esterne, mi fermerei un attimo a riflettere sul legame fra questa situazione e quella di Siena con il SMS. Altro gioiello dalle smisurate potenzialità, altro contenitore all'interno del quale poter far confluire sincreticamente tutto quanto possa coinvolgere Siena e la sua arte, la tradizione, il racconto della storia fatta in alto ed in basso. C'è il Palio, ci sono le contrade, c'è l'Accademia Chigiana, c'è un mostruoso percorso artistico (non solo medievale), ci sono teatri traboccanti di bellezza. Il SMS ha le carte per camminare per conto proprio (e mi pare che i numeri dei visitatori di questi ultimi anni lo dimostrino), ma va utilizzato per ciò che è, ovvero uno dei più importanti complessi museali al mondo. Dalla zumba alla mostra di Tex il salto esiste, ma non è quantico; e non basta. Al SMS vanno fatte mostre di livello internazionale, che parlino anzitutto di Siena, di Noi. E di artisti che con la nostra città hanno legami, nascosti o manifesti. Al SMS serve un Bellenger, uno che di mestiere fa il Direttore artistico, uno dal CV peso, uno che rompa il cazzo affinché le cose siano fatte e siano fatte bene.
SMS deve essere il nostro perenne spettacolo teatrale, lo specchio di una Siena che, insieme e parallelamente al divertissement di intrattenimento popolare (che non disdegniamo e che questa amministrazione mi pare stia fortemente incentivando), inizi a lavorare con l'Arte, quella con la A maiuscola.
E proprio con Capodimonte, infine, Siena ha già il gancio per poter iniziare un dialogo. Uno dei capolavori del museo, che Bellenger denomina "la nostra Gioconda", è il dipinto di Simone Martini denominato "San Ludovico di Tolosa che incorona il fratello Roberto d'Angiò", di straordinaria bellezza. Ecco, tutto è già pronto, si deve solo iniziare. Lo ha fatto Napoli, lo possiamo fare anche noi, no?

4 commenti:

  1. Niente da aggiungere se non complimentarsi per l'articolo!
    Wiatutti meritatamente in grande crescita
    GdG

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    1. Ragazzi, da quando il blog me lo scrive il Piccini si è fatto un salto di qualità.

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  2. Grande articolo. Considerazioni da condividere al 100%.
    Ti dico la verità, ti pensavo alla Fortezza delle Idee, ma mi pare che in fortezza i ponti levatoi siano rimasti ben chiusi ed infatti di idee se ne sono viste proprio pochine.
    AB

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