Va bene il rimando a tecniche di controllo mentale. Va bene un rapido ripasso dei protagonisti (i demoni?) dell'horror Bibbiano. Ma in pratica, cosa è successo?
Il tutto inizia con una impennata anomala di segnalazioni di affidamenti arrivata sulle scrivanie del Tribunale dei Minori, che allerta la magistratura. Nell'estate 2018 si avvia pertanto l'inchiesta, che in modo molto rapido, stante anche le intercettazioni ambientali, porta a galla il marcio nel piccolo Comune reggiano.
I numeri difatti non quadrano. Nei Comuni della Val d'Enza risiedono 62.000 persone, di cui 12.000 minorenni. Di questi ultimi, ben 1.900 hanno trovato negli ultimi anni affidamento ai servizi sociali, ovvero 1 su 6. Cifre sballate, fuori statistica, che dovevano far rizzare le antenne a qualcuno, prima che si svegliasse (meno male!) la magistratura. Cifre che, evidentemente, nessuno ha tenuto sott'occhio. Il sindaco Carletti, in carica dal maggio 2014, si era tenuto, lo ricordiamo, anche la delega ai servizi sociali; ragione in più per buttare l'occhio su questi numeri, che anche un ignorante (e non uno Bravo) poteva ipotizzare di controllare e verificare.
L'inchiesta della magistratura verte essenzialmente su due filoni. Il primo riguardante la verifica di un sistema messo in piedi per togliere bambini a famiglie in difficoltà per affidarli ad amici e conoscenti. Il secondo riguardante una presunta illecita gestione di fondi pubblici attraverso un sistema di consulenze mediche. I due filoni si compenetravano, divenendo l'uno la conseguenza dell'altro. Con un chiaro obiettivo: togliere i piccoli ai loro genitori per poi affidarli ad amici e conoscenti dei dirigenti dei servizi sociali.
Un vero e proprio business, in grado di spostare ingenti somme di denaro nelle casse dei centri che ospitavano i bambini. Era questo l'accordo sottobanco, ipotizzato dai PM, stipulato tra i servizi sociali della Val d'Enza e la Onlus torinese Hansel e Gretel. Come si legge dalle carte della procura, il centro di psicoterapia privato, "nella piena consapevolezza della totale illiceità del sistema creato a loro vantaggio, in palese violazione della normativa in tema di affidamenti di servizi pubblici e nella piena consapevolezza che la loro attività professionale venisse retribuita da ente pubblico, esercitava sistematicamente attività di psicoterapia con minori loro inviati dal servizio sociale Val d'Enza". I tre psicoterapeuti indagati - Claudio Foti, Nadia Bolognini e Sarah Testa - sempre grazie ai servizi sociali, operavano gratuitamente all'interno della struttura pubblica "La Cura", riuscendo però ad incassare denaro grazie a un sistema ben collaudato, come si legge dalle carte, dopo aver realizzato la diagnosi di una mirata patologia post traumatica a carico dei minori, condizione questa necessaria a garantirne la presa in carico da parte della Onlus di Torino: "Gli affidatari venivano incaricati dai Servizi Sociali di accompagnare i bambini alle sedute private e di pagare le relative fatture a proprio nome". Soldi che poi gli affidatari ricevevano mensilmente attraverso rimborsi sotto una finta causale di pagamento. In questo modo, si riuscivano anche a falsificare i bilanci dell'Unione dei Comuni coinvolti. I terapeuti ricevevano i bambini tenuti sotto osservazione dai servizi sociali e, per ogni singola visita, incassavano ben 135 euro, mentre il "prezzo di mercato" per la stessa terapia è di 60 euro, massimo 70 euro l'ora. Tutto questo nonostante, come specificano i magistrati, l'Asl di Reggio Emilia avrebbe potuto offrire lo stesso servizio gratuitamente. Cosa che però non è successa e che ha provocato un danno alla Pubblica Amministrazione di 200.000 euro. Ad arricchire le tasche della Onlus non sono solo le false e ben retribuite sedute di psicoterapia, ma anche una lunga serie di convegni, corsi di formazione e master di vario livello. Tutti pagati con soldi pubblici. Ad esempio, sul sito web del centro studi Hansel e Gretel viene ben sponsorizzato in homepage il master di "Gestione e sviluppo delle risorse emotive", nel quale figura come docente Claudio Foti, lo psicoterapeuta e direttore scientifico della Onlus. E proprio attorno ad essa ruotavano le attività che, secondo l"accusa, sarebbero state finanziate con fondi regionali. Come il "corso di alta formazione sulla sofferenza traumatica". Un corso a pagamento, ovviamente, per partecipare al quale bisognava versare una quota di 1.650 euro + iva. Tra i docenti, avvocati, psicologi e anche Claudio Foti insieme a Nadia Bolognini, direttrice scientifica del Centro studi, ora indagata.
I Servizi sociali dell’Unione dei Comuni e l’associazione erano quindi legati a doppio filo. E si scambiavano favori. Da un lato la Onlus era affidataria dell’intero servizio di psicoterapia voluto dall’ente e dei relativi convegni e corsi di formazione, organizzati in provincia. Dall’altra, alcuni dipendenti dello stesso ente ottenevano incarichi di docenza retribuiti nell’ambito di master e corsi di formazione tenuti sempre dalla Onlus. Il sistema era talmente consolidato che ha portato all’apertura di un centro specialistico regionale per il trattamento del trauma infantile derivante da abusi sessuali e maltrattamenti (che di fatto è risultata una costola della Onlus). In questa struttura veniva garantita l’assistenza legale ai minori attraverso la sistematica scelta, da parte dei servizi sociali, di un avvocato, anch’egli indagato per “concorso in abuso d’ufficio”, attraverso fraudolente gare d’appalto gestite dalla dirigente del servizio per favorirlo.
Un orologio svizzero. Un sistema malato, che tuttavia risultava produttivo per tutti coloro che lo avevano creato e mantenuto.
Speriamo davvero che il tutto sia frutto di ipotesi strambe delle indagini della magistratura, altrimenti...
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