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martedì 7 maggio 2019

La garra

Vincere non è mai facile. Tante squadre a contendersi il gradino più alto del podio lungo nove mesi di insidie, tranelli e fatalità, rendono un campionato di calcio professionistico complicato e periglioso come una gravidanza a rischio, dalla quale purtroppo non sempre nasce una vittoria. 

Terminato l’ennesimo sabato di passione, nel quale novembre pareva essersi impadronito di maggio e tutti gli dei cielo sembravano gridare vendetta contro gli abitanti della terra, è giunta finalmente l’ora di chiudere per sempre i conti con questa prima parte di stagione e guardare al prossimi impegni con occhietti diversi. Siamo giunti ai play off entrando da una porticina piccola piccola, lontana anni luce dal secondo posto dello scorso anno. Chissà se anche a questo giro siamo contenti del piazzamento... Come nell’onesta cattiveria dei bambini, che prima di giocare sul piazzale sotto casa, nel fare le squadre scelgono sempre i più bravi per primi, la nostra chiamata è arrivata al sesto appello. Segno che forse bravi bravi, non lo eravamo. 
"Madonna guarda che fenomeni", cantavano tanti anni fa gli Stadio. Già, che fenomeni siamo stati ad arrivare sesti… Perché ad osservare bene i risultati di ogni singola partita, c’è qualcosa che non torna. Sì è vero, ci sono tante squadre in pochi punti e potevamo finire anche più avanti, siamo stati puniti dal caos Pro Piacenza, abbiamo iniziato a giocare in ritardo (anche l’Entella!), siamo stati vittime di un’estate di follie (anche l’Entella) e poi e poi e poi... E poi? Che è successo durante questo campionato 2018/19 per farci finire così lontano dalle zone nobili e conseguentemente da quel sogno chiamato promozione diretta? E’ successo che abbiamo mancato praticamente tutti gli appuntamenti con il destino, schiantandoci contro quelle sliding doors fondamentali, risultate sempre drammaticamente chiuse ogni qualvolta sul nostro cammino incontravamo una piccola. A niente è valso vincere due volte con il Piacenza (due!) e fare quattro punti con Pisa ed Entella (!!!). A voler essere pignoli, poi, non abbiamo perso nemmeno con l’Arezzo, siamo stati capaci di andare a pareggiare a Vercelli, vincere due volte su due con la Carrarese e non perdere mai con il Novara. No, le località elencate non sono nomi estratti a caso da google maps, ma l’elenco completo delle squadre che nella classifica definitiva di questa Serie C girone A ci precedono o ci sono arrivate immediatamente dietro. E allora perché non siamo arrivati molto più in su, se con le prime abbiamo sempre fatto punti? Già, perché? 
Perché per vincere nel calcio, spesso non bastano i soldi, la tecnica e l’arguzia. Nel calcio per primeggiare sull’avversario non sempre è sufficiente essere i più forti tecnicamente. Altrimenti non si spiega perché Aramu giochi in Serie C e Rino Gattuso abbia vinto un Mondiale e un paio di Champions. Nel calcio, per vincere, occorre avere fame! Dal primo minuto al novantesimo, dal ritiro di luglio all’ultima sera di giugno. Fame durante gli allenamenti, fame durante il riscaldamento, fame lungo i 90 minuti domenicali e fame durante le interviste. Deve avere fame il presidente, il mister e il giardiniere. Fame con le grandi e fame con le piccole. Troppo facile giocare alla morte contro il Piacenza, davanti a 2000 tifosi ospiti pronti a festeggiare. Troppo facile trovare gli stimoli contro le grandi. Ma i campionati, seppur vero che si vincono negli scontri diretti, si costruiscono punto dopo punto contro le piccole, evitando di lasciare per strada una fila interminabile di bricioline, manco fossimo Pollicino. 
Nella giornata dedicata alla ricerca contro il Lupus, al triplice fischio finale sono stato assalito da una rara forma di Lupus Manarum che nemmeno la vittoria ha saputo lenire. E da qualche parte nel mio piccolo cervello bacato ha iniziato a frullarmi un pensiero fumoso, che ora dopo ora invece mi è apparso sempre più chiaro e lampante. Mutuando un termine prelevato a casaccio dall’idioma ispanico, c’è una definizione precisa che i sudamericani di lingua spagnola utilizzano per indicare cosa occorre nel calcio (e nella vita) per vincere: la garra! Che in certi luoghi dell’America Latina spesso declina in garra charrua. Ora, ognuno potrà tradurla come vuole e ognuno potrà trovarci i significati che desidera. Per me alla Robur 2018/2019, pur potendo contare con una rosa attrezzata per altri traguardi, è mancata la garra. La voglia del singolo di buttare il cuore oltre all’ostacolo e trasformare ogni partita in un’impresa da ricordare. È mancato quel qualcosa in più che ogni atleta bianconero deve mettere per avere la meglio sull’avversario. Avete presente e ricordate, per esempio, Luca Cavallo? Ecco, oltre a dirvi che non siete più di primo pelo, sappiate che è a lui che penso quando immagino la garra. Qualcuno disse che nel calcio l’ultima parola spetta sempre agli Uruguaiani, perché hanno un cuore differente. Io credo che nel calcio e nella vita, l’ultima parola spetti a che ha la forza di andare a prendersela. Lottando metro dopo metro su ogni palla e non dando mai niente per scontato, perché spesso è la garra che la differenza. Per questo adoriamo Pietro Cianci, perché in campo dà l’impressione di metterci la stessa foga che ci metteremmo noi tifosi, se potessimo giocare. Abbiamo perso un campionato (e due!) alla nostra portata dilapidando un capitale nei campetti di provincia, dove gli stimoli vengono meno e la voglia scende ai minimi termini. Da qualche anno a questa parte ci manca quel tipo di giocatore capace di arringare il pubblico e spronarlo a cantare con più vigore. Abbiamo un mister remissivo e un capitano scelto per anzianità - come un capo reparto - che pecca di carisma e personalità (e ogni volta che parla con l’arbitro si vede chiaramente). Diamo l’impressione di essere nati perdenti e di portarci dentro questa nefasta condizione giorno dopo giorno: dichiarazioni sottotono, frasi sbagliate, uscite mal sincronizzate, comunicati nefaste. Mai nessuno che sappia dire la cosa giusta al momento giusto. Il Presidente Paolo De Luca dava l’impressione di essere un vincente anche quando ordinava un caffè al bar, perché nella vita non è la forma che conta, ma la maledetta sostanza, che ti fa arrivare a contare le pecore a maggio e non essere mai in difetto. Sì, lungo tutta questa stagione c’è mancata la garra: non siamo mai stati capaci di graffiare l’avversario con cattiveria. Ci siamo arrabbiati senza mai essere cattivi, mangiando senza mai sfamarci. 
Le domeniche si sono alternate con quella velocità continua e costante che pare impossibile da immaginare a settembre. Agosto sembra ieri ed invece un altro anno è già passato. I citti sono partiti per la gita e noi siamo rimasti a guardarli salire sul pullman, stringendoci nei giubbotti pesanti, rapidamente recuperati dallo scompartimento dei panni invernali. Un altro campionato è terminato e con lui altri sogni sono finiti in soffitta. E noi cosa rimane? Soltanto una perfida esultanza, figlia di una soddisfazione effimera nella quale il rancore e la voglia di vendetta ha prevalso su tutto. Saremo in grado di riproporre nuovamente questo tipo di prestazione in futuro, magari a partire dalla prossima domenica, o sarà soltanto l’ennesima pagliuzza d’oro in un mare d’ottone?

Siena - Piacenza 2-0: noi si vince e s’arriva sesti, loro perdono e arrivano secondi. O vediamo di ritrovarli ai play off... Sai che risate? Se fra trent'anni ci chiederanno: "Oh perché c’è astio tra Siena e Piacenza?", noi ci ricorderemo di questo sabato di maggio e sotto i baffi accenneremo un piccolo sorriso amaro, sospeso a metà tra burla e malinconia. E ci rammenteremo che sì, forse forse, le partite da vincere ad ogni costo sarebbero state altre.

Saluti, baci, cordialità e sempre forza Siena!


Ps. Mi unisco ai complimenti alla Pianese e gli auguro altre cento annate ricche di gioia e soddisfazioni, come quelle sicuramente vissute in questa stagione da stampare e appendere sulla parete buona del salotto di casa. Non lo nascondo, ma domenica pomeriggio più di una volta ho cercato su internet qualche sito che potesse darmi un minimo di aggiornamento in tempo reale! Bravi, Cristo Santo: in questo mondo del pallone che fa schifo al cane, siete veramente una ventata di aria fresca! Domanda: ma se il prossimo anno la Pianese decidesse di giocare a Siena, per Pianese - Siena noi dovremo andare in curva ospiti? Io lo dico subito, voglio il posto nei gradoni di cemento! Così mi sembrerà di stare dentro al negativo di una foto della Curva Jolly anni '90 e almeno per un pomeriggio potrò pensare di essere tornato ragazzo.


Mirko

1 commento:

  1. tutto bello, tutto vero. Il prossimo anno saremo come il Piacenza con 2 squadre nella stessa serie. Speriamo di non fare la fine della Pro…

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