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venerdì 13 aprile 2018

Vorrei parlare d'altro

Un raggio di sole sfuggito al temporale buca la coltre di nubi e punta dritto verso terra, lambendo per un attimo il rosone del Duomo, mentre una pioggia irriverente picchia senza tregua sul mondo e le sue distrazioni. Vorrei parlare d’altro, ma il tempo sembra aver smesso di scorrere, grippato come gli ingranaggi del grande orologio del salotto.

Minuti lunghissimi e ore in fila indiana. La vita del puntuale è fatta di interminabili attese. Lungo è stato il cammino che ci ha condotto fino a qui. Sentieri impervi e paesaggi ameni; tristi, dolorosi e pieni zeppi di angoli ciechi. Attendo in silenzio, sperando che il tempo passi in fretta. Giornate sgonfie e notti insonni. Vorrei fosse già sabato e solo a pensarci mi tremano i polsi. 
Mi guardo intorno, respiro, sorrido. La vita comincia dopo il controllo passaporti, mi hanno detto un giorno. La mia comincia appena passato il tornello. O forse anche prima, salendo sul bus. Mani in tasca e testa alta. In mente rimbalza la parola "orgoglio". Rifletto, mi perdo, sbadiglio. Cammino in silenzio lungo il marciapiedi, mentre le automobili mi sfrecciano accanto. Qualcuno parte, qualcuno arriva. La vita finisce e rinasce ad ogni tramonto. Quanti giorni ancora ci separano da sabato? Li conto appoggiando le dita al mento. La barba ispida solletica la pelle. Spruzzi di bianco ai lati delle labbra mi ricordano il tempo trascorso. 
Non siamo più quelli di quegli anni là, arrivati in Serie B quasi per caso. Siamo grandi adesso. Lo abbiamo capito dopo esseri giunti al secondo rinnovo della patente di guida. Il mondo non finirà certo sabato, lo so per certo, però so anche che certi treni vadano presi al volo: un salto e a bordo. E se non abbiamo il biglietto, si vedrà… Sta arrivando l’ora X, lo avverto dal brivido caldo che dalla nuca dilaga sulla schiena. Poco importa se noi vogliamo andare in Serie B e loro stanno precipitando a Sinalunga: non ci regaleranno niente, com’ è giusto che sia. E sicuramente raddoppieranno gli sforzi per drenare la nostra euforia e ostacolarci la corsa. Pochi discorsi: io farei lo stesso. Tra Sansoni e Filistei, proveranno a trascinarci lontano da quella meta agognata, che un po’ mi attira e un po’ mi fa paura. 
Mi sento strano, come non succedeva da tempo. Provo a nascondere l’emozione, temendo di lasciar trasparire il mio stato d’animo, che spinge dall’interno come un vulcano in eruzione. Non mi va di condividere queste sensazioni con nessuno. Sono mie e mie devono restare. Come me, immagino tanti altri. Biglietto in tasca e pensiero fisso. Un nodo stringe lo stomaco e il respiro muore in gola, al pensiero di centinaia di voci che diventano una sola. Controllo la mia immagine riflessa nello specchio del bar, rifugio ideale per sfuggire al diluvio. Sguardo acceso e guance arrossate. Finalmente il sangue ha ripreso a scorrere sotto la pelle. Non abbiamo più niente perché c’hanno preso tutto, ma per lavarci via servirà ben altro che questo inutile temporale. Da qualche parte, fra collo e stomaco, batte ancora qualcosa. Picchia, pompa, pulsa. Ora lo sento, ora lo so, siamo ancora vivi. 
Vorrei parlare di altro, ma più mi sforzo e più ci penso. Mi sento eccitato come se Natale, Pasqua e compleanno cadessero tutte insieme. Porto qualcosa dentro, all’altezza della pancia, che mi ricorda i bei tempi passati della gioventù, quando sapevamo ancora dar la forma ai sogni e la Yugoslavia era un posto astratto appena di là dal mare. Un formicolio continuo e incessante risale il torace. Che profumo ha l’attesa? A volte sa di nicotina, altre di anticamere ammuffite. Altre ancora si nasconde dietro l’anosmia della tastiera di un telefonino, che non suona mai quando dovrebbe. Appena fuori, il verde vivo delle campagne cozza con il grigiore oscurantista del cielo. 
Vorrei parlare d’altro, ma a volte il tempo è l’unico argomento per condividere qualcosa. La ragazza dietro al banco mi sorride arrossendo. Avrà venti anni sì e no. Non so perché, ma la trovo familiare. Ha un che di conosciuto. Forse in un'altra vita, quando eravamo gatti, ci siamo amati. Provo ad affogare l’attesa in un bicchiere di Campari, ma come la fetta di arancio sa galleggiare benissimo. Forse è per questo che la felicità, una volta trovata, va vissuta fino in fondo. 
Vorrei parlare d’altro e allora riemergo a fatica dal seno della barista e mi accontento di un vecchio e del suo giornale. Immigrati e tangenti, Salvini e Champions League. Al di fuori di questo piccolo buco di medioevo, spalmato su colline arrotondate dal vento, sempre troppo strette fra il mare e le montagne, la vita scorre regolare: la sveglia suona, il cane abbaia e le signore sposate continuano a lasciare l’automobile all’uscita della tangenziale, per poi salire svelte sulla berlina scura dell’amante. 
Vorrei parlare d’altro, ma è questo ciò che vedo da qui, seduto in punta ad un bancone. Mi desto per un attimo, poi mi ripiglio. Non vorrei farlo, ma ci casco. E ricomincio a pensare. Arezzo dista soltanto poche decine di chilometri. Niente a che vedere con la polvere respirata durante tutti questi anni. Niente a che vedere con i campetti fangosi di provincia, nei quali l’avida follia umana ci aveva relegato. Niente a che vedere con niente. Adesso tocca soltanto a noi ed al destino. Ed al destino, si sa, nessuno può sfuggire. 
Vorrei parlare d’altro, ma come gli anziani all’ospizio, ripeto sempre le solite cose. Arezzo - Siena non è soltanto una partita di calcio, ma è un vero e proprio spartiacque fra passato e futuro, nel quale dovremo rimettere in discussione tutte le nostre certezze fin qui faticosamente costruite e dimenticare ciò che ci circonda, Tenendo a mente soltanto che noi siamo il SIENA e siamo fieri di essere qui, nonostante tutte le offese e le umiliazioni subite nel recente passato, nero come il pozzo nel quale la luna cadde una sera torrida di alcune estati fa. Toccando il fondo siamo cresciuti, scegliendo ancora una volta la Robur come amante e la sciarpa bianconero come mantello. Abbiamo pianto, cantato e riso pensando all’amato ostello. 
Vorrei parlare d’altro, ma tanto so già che mi incepperei, ripetendo pensieri già detti o frasi già scritte. E allora controllo ancora una volta l’ora sul display del telefono. Sullo schermo retroilluminato brilla sempre la foto di una curva gremita, in mezzo alla quale la gente sventola il bianco col nero color. Perché i duci passano ma i sogni restano e a volte sanno anche trasformasi in realtà.

Arezzo - Siena: le lancette allineate col cuore, un battito per ogni tic. Non credo ci sia da aggiungere altro. Il futuro è un lampo luminoso nel cielo scuro. A volte basta soltanto afferrargli la coda e lasciarsi andare. Rialza la testa SIENA, è il tuo momento! Lo abbiamo cantato sempre, da Milano a Gualdo Tadino, nonostante l’orizzonte si facesse sempre più lontano. E dopo tanti anni, sigarette spente, amori abbandonati e amicizie finite, siamo ancora qua. Perché dietro a due colori, c’è un pezzo della nostra vita.

Ci siamo sempre stati, ci siamo, ci saremo e tutti uniti insieme avanzeremo.


Mirko

6 commenti:

  1. Mirko, solo perché lo spazio un' c'è, ma meriteresti una statua equestre davanti agli Intronati !

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  2. Pasquale Pane è una garanzia per chi vuole farci smettere di sognare! Maledetto incapace! Peggior portiere della storia del Siena!
    Paolo

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  3. Far giocare Pane è una vergogna... portiere impresentabile. Annata buttata nel cesso per colpa di un portiere assurdo che gioca esclusivamente perchè amico di Marotta.
    Carlino

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    1. Crisanto santo subito... Mignani senza palle, ma questo è risaputo

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    2. Campionato buttato nel secchio grazie alla "cosca campana"e ad un "manico"assolutamente senza palle.
      Andrà meglio il prossimo anno,alla modica cifra di 2,5/3 milioni.
      Il rotowash alla ischitano-ligure funziona alla grandona!
      Unica cosa mi stupisco come mai ancora nessuno abbia evidenziato un pregresso legame con il Casillo di Foggia da parte del capofamigghia...informatevi su quei rapporti,per capire certe dinamiche societarie (iniziali ma ancora attuali...)e certi comportamenti "particolari "...

      Unocheeramegliosenonavessesaputo

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  4. No dai, ma che dite? Il grande esperto di calcio su Siena TV disse che la colpa dei goal presi da Pane era per via della valvolina malefica del pallone. Il Sig. Roberto Benincasa è un vero intenditore di portieri.

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