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sabato 7 ottobre 2017

Parlare di fuffa

Finisce la settimana e finalmente arriva il sabato. Ci scappa anche il tempo per parlare di fuffa. I bagnini vanno in ferie mentre in provincia riaprono le balere. Scarpe nuove e capelli fatti: "Ci si vede dentro o ti passo a prendere io?". "No, vengo con la mia che domenica mattina devo alzarmi presto".
Cielo sereno e temperature sopra la media: mosche e zanzare si sono adattate tutto l’anno. Dalle parti del mare la gente scende ancora in spiaggia, mentre in lontananza una vela colorata ballonzola in mezzo alle onde, apparendo e scomparendo dietro alla linea dell’orizzonte. Qualche nuvola distratta, di passaggio sulla nostra vita come quella ragazza castana conosciuta e persa nel giro di un bacio, oscura la vista del sole gettando sulla terra una coperta di ombre. Domani forse piove. Dici? Boh, non ci si capisce più niente. 
Ad avere tempo, ottobre potrebbe regalare alla vita ciò che spesso i capricci della primavera tolgono. Canottiera, magliettina e voglia di gelato alla stracciatella. Il cane abbaia al mondo da dietro ad un cespuglio, un bambino grassoccio con i capelli castani pesta sui pedali del suo triciclo manco fosse Nibali e un gruppetto di ragazzi fanno girare una canna: la democrazia del quieto vivere prevede ancora la possibilità di poterci sfogare come meglio crediamo. Tra alti e bassi, la vita ha ricominciato a scorrere regolare, rincanalandosi mestamente nella stessa direzione dello scorso anno. La chiamano routine ma forse è soltanto noiosa quotidianità, fatta di colazioni veloci, orari da rispettare e corsi di approfondimento. A forza di aggiornamenti, saremo presto tutti al top, nascosti dietro ai nostri curriculum copia incolla... buona capacità di lavorare in gruppo, ottima conoscenza dell’inglese e del pacchetto office... Un popolo dinamico, efficiente ed efficace: disoccupato, ma per lo meno al passo con i tempi. E dopo aver acconsentito al trattamento dei dati personali aggiorneremo il documento, lo firmeremo e premeremo invio. Convinti però che il peggio arriverà dopo. 
Ma dov’è scritto che perdere il lavoro è come avere una malattia? Prima ci hanno incoraggiato a spendere, convincendoci a vivere sopra alle nostre possibilità e facendoci credere che la felicità fosse facilmente acquistabile a sconto il primo martedì del mese in settantadue comode rate a tasso zero. Poi hanno deciso di staccare la spina. Non ha niente di dolce questa morte. Cambiano i tempi, mutano le prigioni, ma le gabbie sopravvivono. Una popolazione indebitata è più facile da controllare. Il circo dei romani è diventato un I-Phone con 5 giga di internet. "Spendi e spandi pure effendi. Sieee, non c’ho mica il babbo al monte".
Parole a caso. Vuote e inutili. Fuffa. Se ci vedesse chi è morto per questo paese, uno dei tanti nomi scolpiti in un qualsiasi monumento ai caduti di qualsiasi città italiana, chiuderebbe gli occhi per non vedere. Ma quanto è difficile per l’uomo tornare indietro? "Basta, domani stacco Sky". Ma poi non lo fai. Immerso in un mare di attenuanti e giustificazioni. 
Tornare indietro e rinunciare a qualcosa è come la dieta: da domani comincio. Forse rispetto al passato, siamo soltanto un po’ più vecchi. Per le strade le orde di ciclisti naif e sgangherati hanno definitivamente abbandonato il presidio chiantigiano. Nei piccoli borghi è tempo di sagre. Ottobre mese di raccolti e di rivoluzioni. Dentro le cantine il miracolo dell’uva sta giungendo a compimento e presto il mosto dolce e denso diverrà vino limpido, rosso e profumato. Il contadino si gratta la testa scostando di lato il berretto verde del Consorzio: ha smesso di guardare il cielo con apprensione perché la siccità adesso non ha più niente da rovinare. Produce merce da vendere ad un qualcuno che la pagherà poco ed a sessanta giorni. Per poi ricaricarla tipo strozzino ed incassarla subito. Che bella cosa gli interessi attivi. Caccia aperte e leprotti in fuga. Nei boschi ricomincia la guerra, anche se i vecchi sono sempre di meno e i giovani pensano ad altro. Nei bar la gente osserva la partita della Nazionale, bevendo amari che sanno di alcol e erbe di montagna. All’ingresso un capannello di immigrati dell’Est scherzano col loro aspro idioma, avvolti in una densa coltre di nicotina. 
Finisce la settima e ritorna il campionato. Archiviata Carrara e dimenticato il Giana, adesso è il turno dell’Olbia. Trasferta insidiosa, lontana, infattibile per molti tifosi. Anche perché la Sardegna è un po’ come Atlantide: d’autunno sparisce e non si vede più. Almeno fino alla prossima estate. Pomeriggio libero e invasioni degli outlet. Costa poco ed è carino; anche se è di dieci anni fa. Se potessi scapperei via lontano. In curva al seguito dei bianconeri, che tenteranno di riprendere il discorso di Carrara senza pensare alle occasioni perse, ai punti lasciati per strada, alla non voglia di vincere, alle vendette personali che travalicano l’interesse della collettività. Finisce la settimana e un altro pezzo giunge al termine. Parlando di fuffa si può dire tutto (raramente) e niente (spesso). Parlando di fuffa si può ingannare il tempo sul traghetto. Nella nostra vita siamo saliti mille volte sul treno, ma forse non siamo mai stati capaci di prendere quello giusto. Di Olbia in realtà ho visto il porto. E francamente ignoro se in ci sia una stazione. Oppure quattro come nel Monopoli. Eppure qualcosa mi dice che il nostro treno domenica passerà da quelle parti. E se non dovessero esserci i binari, le motrici e i capo stazioni col fischietto, vorrà dire che viaggerà nel sogno, arrivando dal cielo come quello di Galaxy Express 999. Avanti vecchia Robur! Certi treni non aspettano.

Olbia - Siena: a margine di una settimana di alti e bassi, dove up e down si sono alternati a velocità folle, il cuore cerca di ritrovare il suo ritmo. Nemmeno il tempo di far freddare le lampade dei riflettori del Rastrello (perché il mio stadio si chiama così), che ritorniamo di nuovo in campo per una nuova e difficile sfida. Colui che era là adesso è qua. Perché questa è casa sua e qui può ricreare quell’ambiente speciale dal quale tirare fuori un altro jolly dal suo infinito cilindro. Accanto a lui, un passo in dietro ma mai in ombra, un altro ligure tosto, fedele scudiero dei tempi che furono. Avanti capitani, riprendiamo la via perchè che il cammino è ancora lungo.

Tutti uniti insieme avanzeremo!


Mirko

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