Era una calda serata di fine estate e il cielo sembrava pronto per venire giù da un momento all’altro. Per tutto il pomeriggio grossi nuvoloni grigi provenienti dal “continente” si erano rincorsi sulla Corsica, per poi addensarsi l’uno sull’altro sopra alle Bocche di Bonifacio. Nella quiete del tramonto, lo scoppio sordo di un tuono irruppe improvvisamente nei suoi pensieri - rievocandogli nella mente immagini di vita vissuta tanti prima, nella quale storie di cavalli e bandiere colorate si intrecciavano a grida, canti e mortaretti - mentre una sciabolata di luce bianca vinceva momentaneamente la guerra con il buio della notte. Notte che già da qualche tempo aveva iniziato a rosicchiare al giorno minuti preziosi.
Accarezzando il cane, il vecchio emise un sospiro, proprio mentre un lampo, molto più vicino del precedente, gli illuminò il volto, scoprendo per un istante la ragnatela di rughe profonde ricamata sulla pelle delle guance, segnata dal sole, dal mare e dal troppo filu e ferro.
"Questa notte farà burrasca, Magellano". Nel sentirsi chiamare, il cane mosse impercettibilmente la testa in direzione della voce del padrone, dal quale non si allontanava nemmeno un minuto. "E’ inutile che fai finta di niente. Tanto lo so che sei stato tu a spaventare le pecore di Giovanni questa mattina". E nel pronunciare quelle parole riuscì a stento a trattenere un sorriso. Intimorite dai tuoni, le cicale avevano interrotto il loro irritante concerto ed i muri grezzi dell’abitazione secernevano con rabbia tutto il caldo accumulato nel corso della giornata. La casa giaceva nel silenzio, in attesa di una tempesta che presto si sarebbe abbattuta con violenza sulle tegole del tetto, guastando per sempre una stagione che si era rivelata più calda del previsto. Sedendosi sullo stipite della porta, l’uomo rimase qualche attimo immobile ad osservare in lontananza il bagliore rosso dei faretti posteriori di un’auto guizzare lungo la stretta strada sterrata che da Arzachena piegava verso l’entroterra e dopo aver costeggiato lo scosceso il crinale terminava nei pressi della fattoria. "Vai a vedere chi è quando arriva, Magellano. Fai il cane da guardia per una volta".
Superata l’ultima curva, avvolta in un alone di polvere come un fantasma del passato, la sagoma scura della piccola utilitaria del nipote irruppe nel cortile antistante la casa. Illuminate dalla luce dei fari, nugoli di falene e moscerini danzavano liberamente in cerchi concentrici, vanamente inseguite dal piccolo cane, che era corso incontro al giovane non appena egli era sceso dall’auto. "Ciao Magellano! Non ti fanno molta paura i tuoni, vero?" E poi, rivolgendosi al nonno, ancora seduto in veranda: "Nonno, sigarette ne vuoi?". E senza aspettare la risposta dell’anziano signore, aveva afferrato una stecca di Multifilter Blu, malamente abbandonata sul sedile del passeggero.
Fra i guaiti felici di Magellano, il giovane coprì con lunghe falcate la distanza che lo sperava dall’abitazione e porgendo il pacchetto al nonno esclamò: "Domenica vado a Siena, nonno". Il vecchio, visibilmente scosso da quel nome, rispose veloce, quasi mangiandosi le parole: -"A fare cosa?". Nel frattempo, i potenti fari degli eleganti paesi della costa lanciavano in aria lampi di luce diafana, disegnando nel cielo una fitta serie di strisce bianche, come una disperata contraerea sferzata dai colpi squarcianti del temporale. "Nonno, domenica l’Arzachena gioca contro il Siena e noi andiamo a vedere la partita. Ti ricordi il Siena, quella che fino a qualche anno fa era in Serie A e che te guardavi in silenzio su al bar? Ecco, non so bene perché, ma adesso gioca contro di noi. E dato che da quelle parti non ci sono mai andato nemmeno con la scuola, vorrei tanto andarci. E poi tu ci sei stato tanti anni fa, no? E ti piaceva?".
A sentir quelle parole, il vecchio si alzò di scatto e ignorando il lamento della gamba, scappò a rintanarsi velocemente in cucina, seguito come sempre da Magellano. Interdetto, il nipote rimase qualche secondo sulla soglia, incerto se entrare o andarsene. Dentro, l’anziano girò due volte intorno al tavolo prima di appoggiare i pugni alla fredda pietra del mobiletto del soggiorno e fermarsi a fissare l’immagine della sua faccia riflessa nel grande specchio ovale, contornato di foglietti gialli ricoperti da numeri di telefono e orari del dottore. Con malinconia, ripensò a tanti anni prima, a quanto era bella Siena nei giorni del Palio, alle prove di notte, alla tratta, alla cena della prova generale, alla gente. Ripensò con amarezza alla sua occasione, buttata via senza combattere al primo San Martino. Ripensò al momento in cui volava da cavallo e toccava terra, impattando contro il duro del tufo e della vita. Nelle orecchie sentì riecheggiare il suono fastidioso della stoffa del giubbetto che sfrega contro la terra, mentre lo schiocco secco dell’osso che si spezza chiudeva la scena. Come durante quegli incubi che da anni gli impedivano di riposare. Stringendo le nocche fino a farsele diventare bianche, l’anziano signore provò per un istante la tentazione inebriante di montare a pelo e lanciarsi a perdifiato contro il temporale. Era arrivato a Siena colmo di speranza e la città lo aveva accolto chiamandolo per nome: “Come con i ladri e le puttane” gli aveva detto un giorno un tale, qualche attimo prima di scegliere il soprannome che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Senza esitare aveva deciso di chiamarsi “Salmastro”, in ricordo del vento di mare che nelle mattine di primavera arrivava fin dentro camera sua, al secondo piano della fattoria. Dopo l’incidente, tuttavia, le condizioni della gamba non gli avevano più permesso di cavalcare. E col passare dei giorni i dolori avevano spazzato via tutti i sogni di gloria.
A sentir quelle parole, il vecchio si alzò di scatto e ignorando il lamento della gamba, scappò a rintanarsi velocemente in cucina, seguito come sempre da Magellano. Interdetto, il nipote rimase qualche secondo sulla soglia, incerto se entrare o andarsene. Dentro, l’anziano girò due volte intorno al tavolo prima di appoggiare i pugni alla fredda pietra del mobiletto del soggiorno e fermarsi a fissare l’immagine della sua faccia riflessa nel grande specchio ovale, contornato di foglietti gialli ricoperti da numeri di telefono e orari del dottore. Con malinconia, ripensò a tanti anni prima, a quanto era bella Siena nei giorni del Palio, alle prove di notte, alla tratta, alla cena della prova generale, alla gente. Ripensò con amarezza alla sua occasione, buttata via senza combattere al primo San Martino. Ripensò al momento in cui volava da cavallo e toccava terra, impattando contro il duro del tufo e della vita. Nelle orecchie sentì riecheggiare il suono fastidioso della stoffa del giubbetto che sfrega contro la terra, mentre lo schiocco secco dell’osso che si spezza chiudeva la scena. Come durante quegli incubi che da anni gli impedivano di riposare. Stringendo le nocche fino a farsele diventare bianche, l’anziano signore provò per un istante la tentazione inebriante di montare a pelo e lanciarsi a perdifiato contro il temporale. Era arrivato a Siena colmo di speranza e la città lo aveva accolto chiamandolo per nome: “Come con i ladri e le puttane” gli aveva detto un giorno un tale, qualche attimo prima di scegliere il soprannome che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Senza esitare aveva deciso di chiamarsi “Salmastro”, in ricordo del vento di mare che nelle mattine di primavera arrivava fin dentro camera sua, al secondo piano della fattoria. Dopo l’incidente, tuttavia, le condizioni della gamba non gli avevano più permesso di cavalcare. E col passare dei giorni i dolori avevano spazzato via tutti i sogni di gloria.
Girandosi lentamente verso il nipote, cercò dentro di sè le parole e con un filo di voce iniziò a raccontare una storia mai sentita da nessuno. "Sì, ho vissuto un sogno a Siena, tanti anni fa. Tutta la città mi guardava". E raccontando un passato lontano, mentre grosse gocce di pioggia colpivano con violenza i vetri delle finestre, ebbe l’impressione di sentire lo scoppio di un mortaretto. O forse era solo uno stupido tuono…
Siena – Arzachena: un passo alla volta. Partita dopo partita. Metro dopo metro. Non conosciamo la strada, ma la percorriamo a testa bassa. Curiosi di vedere cosa nasconderà la prossima curva. Piano piano riportiamo la gente alla stadio. Siena ha bisogno del Siena.
Tutti insieme uniti avanzeremo.
Siena – Arzachena: un passo alla volta. Partita dopo partita. Metro dopo metro. Non conosciamo la strada, ma la percorriamo a testa bassa. Curiosi di vedere cosa nasconderà la prossima curva. Piano piano riportiamo la gente alla stadio. Siena ha bisogno del Siena.
Tutti insieme uniti avanzeremo.
Mirko
Bellissimo,da brividi.
RispondiEliminaSei veramente un GRANDE,Mirko:ogni racconto una nuova emozione per chi legge.
Spero ti venga data l'opportunità di pubblicare tutte le perle che ci hai offerto in questi anni su Wiatutti.
Un grazie anche a Simone,ovviamente.
Cuorenero.
Quoto il mio amico Cuorenero......
RispondiEliminaForse un giorno la tua penna verrà ricompensata delle emozioni che ci fornisce ogni volta che so dispieGa sul foglio, nobilita la misera carta con il tuo cuore di scrittore, non ti fermare mai, te ne prego.....
L'Irlandese Invidioso
;-)