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martedì 11 aprile 2017

La roulette russa

Se l’amore alberga nel cuore, l’odio dove sta? E poi, per quanto tempo è possibile odiare qualcosa o qualcuno senza riuscire a smettere? Negli anni ci hanno sempre riempito la zucca raccontandoci la bellezza del "vero amore", che dura per sempre e mai scompare; ma l’odio invece, nel tempo, che fa?
Punta dritta verso il futuro, oppure si contorce su stesso e muta in qualcos’altro. Amare è facile e viene naturale. Farlo non è mai faticoso, perché il nostro organismo si abitua in fretta al torpore benefico delle endocrine prodotte e l'organismo ne risente pesantemente. Anche chi ci sta intorno se ne accorge. Odiare invece costa fatica e dopo un po' l'essere umano si stanca di farlo. E per guarire inizia a dimenticare. Ecco cosa c'è dopo l'odio: l'indifferenza. 


Seduto nella hall di un albergo del Nordest, digito parole a caso sulla tastiera di un computer portatile. La gente entra e esce senza soluzione di continuità. Due cuffiette bianche collegate al telefono mi isolano dal mondo, mentre faccio finta di essere qualcosa. Devo dare proprio l’impressione di un qualcuno che sta lavorando, perché nessuno osa disturbarmi. Invece sto ripensando alla partita della Robur, attendendo che l’indifferenza superi la rabbia, prima di vomitare sul foglio bianco le mie parole rancorose. Tirando un piccolo trolley viola (che brutto colore) un collega mi saluta con la mano, formulando una domanda che non riesco proprio a capire: "Vieni? Siedi? Ridi?". Boh, per non fare la figura del chiurlo rispondo di sì e saluto educatamente, tornando a concentrarmi sul ricordo dell’ennesima disfatta calcistica della nostra stagione, alla quale non ho volutamente assistito, come se il fatto di non esserci potesse servire da solo a farmi sentire meno “triste” o forse meno "colpevole e sconfitto".

Immerso nei miei pensieri, vedo improvvisamente arrivare un bicchierone di vetro colmo di ghiaccio e roba liquida rossastra. "Bevi?". Ecco quale era la domanda! Troppo tardi per dire no. Ringrazio educatamente e assaporo l’aperitivo, portandomi il bicchiere alle labbra. Il dolce dello zucchero cozza con l’amaro del Bitter e le bollicine dello spumante mi irritano la gola. Mi domando come facciano i piloti di Formula Uno a bere lo spumante dalla bottiglia, senza fare gli occhioni o tirare fuori rutti clamorosi. Appoggio il bicchiere sul tavolo e ritorno a miei pensieri. L’alcol si diffonde velocemente nell’organismo, lavorando alla belle e meglio sul sistema nervoso. Il primo sorso è sempre il migliore, mentre i successivi sono solo di contorno. Sul tavolo accanto al mio, aperto sulla pagina dei dolci, c’è il menu del ristorante. Ritorno con la mente alle parole di un vecchio amico, che sosteneva di conoscere un metodo infallibile per capire il livello di fedeltà delle donne (come se fossero loro, e non noi, il problema). Lui ci consigliava di ricordarci sempre di invitare una ragazza a mangiare la pizza per almeno tre volte prima di “scendere a patti seri”. "Fate sempre caso a cosa sceglie", diceva sicuro di sè, quasi tronfio. "Se prende sempre la solita pizza, è fedele. Se invece ogni volta ne ordina una diversa, alzatevi dal tavolo, fate finta di andare in bagno e svignatevela alla svelta!". Sorrido, assaporando il secondo sorso, mentre il ghiaccio comincia a sciogliersi.

Ripenso alla stagione della Robur, cerco di spiegarmi (più per dormire sereno che per altro) cosa stia succedendo, ma non trovo le parole per descrivere ciò che penso. Nelle orecchie, "Russian Roulett" di Rihanna mi tiene compagnia. Effettivamente sembra che i nostri eroi stiano proprio giocando alla roulette russa col destino. Una pistola, sei colpi (come i punti che ci separano dall’inferno) e un solo proiettile. Di questo passo, però, temo che successivamente al clic del grilletto arriverà prima o poi lo sparo e dopo saranno problemi seri. Perché non la smettiamo di giocare con la sorte e vivere nella speranza che gli altri non facciano punti? In un calcio che mangia allenatori come fossero Nastrine del Mulino Bianco, stracciando carriere senza pensare a niente, siamo forse l’unica squadra d’Europa che acconsente ad un Mister di perdere il 90% delle partite dirette senza minimamente metterlo in discussione. Viviamo nell’anomalia e forse ci piace anche.
Tutti ci ricordano dell’effettiva necessità di uno psicologo. Anche il loro allenatore! Dalle sue parole traspare il pensiero di un uomo ragionevole, che finalmente dice le cose come stanno. Siamo in crisi psicologica, afferma. E mai affermazione fu più vera. La presidentessa invece è in crisi alimentare. Qui, tra strizzacervelli e nutrizionisti, ci sarebbe da spendere un capitale, anche se il consulto più urgente da chiedere sarebbe quello di un pedagogo, perché al momento non riusciamo nemmeno a distinguere i colori. Siamo bianconeri (tutti tranne uno, perché il portiere è vestito in maniera diversa, ma non chiedetemi il perché) e secondo il manuale del calcio dovremo cercare di passarci la palla sempre fra di noi. Gli avversari invece sono colorati con altre tinte. A volte rossi, a volte verdi, altri nerazzurri a strisce. E perdere in casa col Renate nel solito fine settimana in cui il Crotone vince con l'Inter non fa che aumentare la tristezza e la malinconia. Loro, gli avversari di cui sopra, sono i cattivi, noi invece i buoni. Loro indiani e noi cow-boy (che poi anche qui vorrei vedere chi ha ragione). E la palla non gli va mai passata… Fermo restando che non ci siano anche problemi di vista. Perché altrimenti solo di dottori ci vorrebbe un sacco di soldi. Altro che due milioni. Ripenso alle parole del Mister ospite e comincio a pensare che forse un tipo come lui a Siena non ci starebbe affatto male.


Per un secondo volo con la mente alla prossima stagione e provo un senso di disagio nel pensare un campionato diverso, fatto magari da una Robur ai vertici della classifica, perché so già che l’arroganza di questa società ci rinfaccerebbe tutto, dal primo all’ultimo punto. Tirandoci in faccia, domenica dopo domenica, la loro velenosa ritorsione per le critiche subite. Poi ritorno con i piedi per terra, guardo la classifica e spengo il computer, mentre un bimbetto mi si avvicina minaccioso, puntandomi contro una pistola di plastica col tappo arancione.

Siena – Renate: 0 a 1. E ridai. Il Siena ha riperso in casa. Ma tanto non fa più notizia, perché quello che in passato avveniva di rado, adesso sta diventando un appuntamento fisso. Siamo una squadra di casi umani, questa è la verità. A partire da chi ci comanda. Adesso un mese di silenzio, qualcuno ha scritto. Perfetto, comincia tu: taci!




Tutti insieme uniti avanzeremo!









Mirko

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