Il canale youtube di wiatutti!

venerdì 26 agosto 2016

Cafone o bugiardo?

Da piccoli l’estate è un periodo meraviglioso. Da grandi è soltanto una bolla di calore, messa lì per separare la primavera dall’autunno.
In quel periodo i ragazzi in vacanza se ne fregano del mondo, mentre la vita degli adulti scorre uguale a sempre, soltanto forse un po’ più lenta. E i sogni di quest’ultimi paiono distorti dal caldo umido che appiccica la camicia alla pelle della schiena, relegati in una prigione invisibile, dove la pena da scontare si chiama sete ed i secondini sono le zanzare.
Il momento più bello dell’estate per me è sempre stato quello del Palio di Luglio. Troppo pigro per andare in piazza, mi svegliavo per guardare la prova alla tv, ma allo scoppio del mortaretto ero di nuovo pronto ad accettare il corteggiamento del fresco mattutino, per lasciarmi accompagnare in quel meraviglioso stato di torpore, accessibile soltanto a chi vive senza preoccupazioni o ai tossici  sotto eroina. 
Alla stregua dei gitani spagnoli - che per appagare la loro voglia  di vivere alla giornata, mescolando suoni e balli di culture diverse inventarono il flamenco - in quei giorni contava solo il presente. L’esuberanza di chi deve ancora fare tutto, mischiata alla poca esperienza dettata dall’età, portava automaticamente a infischiarsi del futuro e a non riflettere sul passato. Non c’erano scelte sbagliate da giustificare, o circostanze sfavorevoli da incolpare. E forse la differenza tra piccoli e grandi era tutta racchiusa dentro a questa frase.
Correva l’estate del 1989, a luglio vinse la Lupa (toh, le coincidenze!) e, per la prima volta, ascoltai la cronaca del palio da un vecchio e scassato stereo a cassette, sdraiato sul mio letto dentro una casetta di Porto Azzurro (non so come, ma si beccava Antenna Radio Esse anche di là dal mare!). La televisione di sala, grande e ingombrante, non aveva trovato spazio nell’esiguo bagagliaio della Panda rossa di famiglia, occupato per lo più da scorte alimentari e “razioni k”, come se l’Isola d’Elba si trovasse sulla faccia nascosta della Luna. Erano i primi anni in cui affrontavo la spiaggia con occhi diversi: i tempi delle lunghe partite di pallone e dei bagni infiniti stavano lentamente facendo spazio a qualcosa di nuovo e noi ragazzi cominciavamo a guardare le donzelle, che civettuole facevano a gara per mettersi in mostra. Ascoltavamo le canzoni di Madonna da un juke box scassato, parlando di futuro e sentenziando sacrosante verità con quelle assolute certezze che soltanto gli adolescenti possiedono. La formazione delle compagnie del mare è un fenomeno dettato dall’entropia: senza motivo, ci ritrovavamo a far parte di un gruppo di persone con accenti diversi – come sull’aereo o in caserma durante il servizio militare - convinti che quelle amicizie, uniche come tutte le cose che capitano per la prima nella vita, fossero in grado di resistere alla lontananza e al freddo dell’inverno. E qualche volta, da quelle combriccole, poteva capitare che ci scappasse il momento per confidare un segreto pesante, di quelli che sarebbe meglio mantenere tali, pena il rischio di non sapere come gestirli.
A me capitò con una ragazzina poco più grande. Io francamente me ne stavo in pace con me stesso a guardare il Tour de France al bar della spiaggia insieme agli altri, più per disturbare i clienti che per altro, ma lei, timida e impacciata, con una scusa mi fece uscire e sussurrando una serie di mezze parole cariche di tensione, cercò di farmi capire che forse - e sottolineava forse - provava qualcosa per me e avrebbe avuto piacere a diventare la mia ragazza.  La mia vita, fino ad allora piatta come i tracciati delle tappe a cronometro vinte da Miguel Indurain, si trovò di fronte ad un inaspettato gran premio della montagna.  A me non piaceva quella fanciulla, non ricordo perché, ma ricordo che era così e soprattutto mi faceva ridere il termine “ragazza”, visto che a Siena si dice “citta”. Di fronte a quella confessione, per la prima volta in vita mia, pensai di avere solo due alternative: cafone o bugiardo? E nel pensarlo, ignoravo che quella considerazione si sarebbe aggrappata con forza alle pareti della mia memoria, per fare in seguito capolino tutte le volte che una domanda pericolosa avesse chiesto una risposta precisa. Meglio un’urticante verità o una bugia edulcorata? La questione rimase in sospeso nella mia testa per alcuni secondi, troppi. Abbassai lo sguardo. E lei capì: senza volerlo avevo inconsapevolmente girato la manovella del risponditore verso la modalità “cafone” e nonostante non avessi aperto bocca, le avevo di fatto detto “no”. Lei scappò via incredula, con le labbra serrate e le guance rosse. Per giorni non la rivedemmo in spiaggia.
Cafone o bugiardo? Da allora, prima di rispondere a qualsiasi domanda, me lo sono chiesto. Mi pensi? Mi ami? Vuoi venire a cena dai miei? Come mi sta l’abito nuovo? Ti piacciano i capelli pettinati così? Mi accompagni a fare la spesa? E anche di fronte al prete, prima di pronunciare il fatidico sì, stessa storia: bugiardo o cafone? E come a voler compensare l’errore di quel giorno al mare di tanti anni prima,  scelsi “bugiardo” proprio come tutti i maschi privi di senno di questo pianeta. Ma come ben sappiamo, chi compensa, sbaglia due volte…

Pontedera – Siena: ben tornata vecchia Robur! Ci sei mancata! Come stai? Male o bene? Dai, facciamo un gioco: cafone o bugiardo? Ci racconti una aspra verità o ci inventi una balla? Ma se scegliessi la prima risposta tuttavia, temo che finiresti per essere  ingiusta, non conoscendo praticamente niente e nessuno di quelli arrivati nelle ultime settimane.  Se al contrario scegliessi la seconda, correresti soltanto il rischio di farci male, illudendoci un’altra volta per un qualcosa che forse non c’è. E allora sai che c’è di nuovo, vecchia Robur... per il momento non la vogliamo una risposta. Faccelo scoprire con calma come stai, giornata dopo giornata a partire da domenica prossima, quando come sempre “su quei gradoni, lì ci troverai”. Quanto tempo è Vecchia Robur che non fai l’amore con i tuoi tifosi? Scommetto che non ti ricordi più nemmeno come si fa. Rammenti il profumo dell’erba mentre  corri sotto la curva, il brusio della città che parla di te, i colori delle sciarpe appese al collo delle ragazze anche al mercoledì pomeriggio? Ricordi quanto è bello vincere? È arrivato il momento di tirare una linea nera e dividere il foglio in due metà. Dimentichiamo il recente passato e riprendiamo un dialogo  interrotto da troppo tempo. Ritorna a vivere Vecchia Robur. Dove arriveremo poi, lo scopriremo soltanto strada facendo, ma di sicuro quella strada la percorreremo assieme.
Tutti uniti insieme avanzeremo.


Mirko

3 commenti:

  1. che fine ha fatto il grande wsg? mi devo preoccupare?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il grande WSG si trova in vacanza smart. Rientra prossima settimana

      Elimina