Il canale youtube di wiatutti!

mercoledì 3 febbraio 2016

La rabbia della fine

Il trillo del cellulare ferisce a morte la quiete domenicale, scavando un profondo squarcio nel piacevole silenzio della casa addormentata. Tenui raggi di sole penetrano dalle serrande, gettando la camera in una surreale penombra da vecchio film in bianco e nero. 




Ai piedi del letto il gatto acciambellato mi fissa minaccioso, senza far niente per nascondere la propria irritazione. Sospeso nel dormiveglia provo ad afferrare il telefono, che, animato dalla vibrazione, vaga sul comodino girando su stesso. Sul display lampeggia un numero: a prima vista sembrerebbe familiare, ma non è abbinato a nessun nome. Rispondo un secondo prima che la segreteria possa mettere fine al lamento polifonico della suoneria. Biasciando qualcosa di poco comprensibile, passo da sdraiato a seduto facendo forza su un gomito mentre saluto definitivamente le ultime speranze di tornare a dormire. Dall’altro capo del telefono una voce conosciuta sussurra poche parole: "Scusami per l’ora. Ho bisogno di vederti. Alle 16 al bar. Ti prego". Senza pensare ho appena il tempo di rispondere: "Ok, a dopo", mentre un clic metallico mi informa che la telefonata è finita e la mia domenica compromessa. Poggiando i piedi sul pavimento freddo, mi cade l’occhio sul biglietto per Prato-Siena acquistato la sera prima, buttato distrattamente vicino al portafoglio. A malincuore lo strappo in quattro pezzi, accartocciandoli con forza prima di gettarli nel secchio della carta. 
Vago per il piccolo appartamento in cerca di qualcosa che non trovo, adesso il buio sembra più spesso e le luce meno intensa, come se all’improvviso un branco di uccelli avessero oscurato il sole. La telefonata ha riaperto un canale spazio temporale con il passato, scoprendo un oceano di emozioni popolato da milioni di ricordi. Non c’è stato nemmeno bisogno di specificare il nome del bar: per noi ne è sempre esistito uno solo.
Con qualche minuto di anticipo rispetto all’orario concordato, entro nel locale della mia adolescenza, salutando educatamente i presenti: facce note che non vedo da anni. Il barista, provato dal tempo e appesantito dal vino mi saluta sorridendo, vistosamente imbarazzato: "Chi non muore si rivede!". Conoscendolo, so che è davvero contento di vedermi. Sorrido di rimando: "E già!". Vago con lo sguardo dentro al locale, ma non trovo il motivo della mia presenza. Mi avvicino al bancone per ordinare qualcosa quando l’espressione sbalordita del barista mi blocca. Seguendo il suo sguardo fino alla porta, comprendo il suo stupore. 
Avvolta in un bomber scuro portato aperto sopra ad un paio di jeans attillati, un pezzo del mio passato sta entrando dentro al bar con passo stanco. Non sorride e sembra tenere lo sguardo fisso su un punto immaginario. Il barista mi guarda perplesso, non si aspettava di vedere me, figuriamoci lei. Devono essere venti anni che non passa da queste parti. Rimango immobile a fissarla mentre si fa largo fra i tavoli puntando dritta verso il punto dove mi trovo io. All’improvviso alza lo sguardo e mi saluta, fissandomi intensamente con i suoi occhi nocciola. Intorno alle palpebre una ragnatela di sottilissime rughe incorniciano due profonde occhiaie mal coperte dal trucco e sottolineano un bel volto tirato incorniciato da lunghi riccioli castani, domati da una passata in tinta con il giacchetto. Indossa un profumo da uomo, come sempre!
"Come stai?", mi saluta, bypassando i convenevoli. E senza darmi il tempo di rispondere accenna una scusa: "Mica ti ho fatto perdere la partita del Siena?". Di fronte al mio silenzio sussurra, abbassando di nuovo lo sguardo: "Perdonami, non c’ho pensato!". Dopo qualche attimo tuttavia pare rianimarsi un po’ e ripete: "Come stai?". Finalmente inizio a parlare e le prime parole mi escono senza volerlo: "Piacere, io sono Mirko", esclamo porgendole la mano. Scoppia a ridere come ai vecchi tempi e squadrandomi ribatte: "Stupido! Sono tre settimane che piango ed a te basta un secondo per farmi ridere!". "Che succede?", le chiedo. In un secondo il sorriso sparisce dal suo volto, la bocca s’indurisce e l’atmosfera intorno a noi pare cristallizzarsi: come ai vecchi tempi ci ritroviamo catapultati nel lato buio della nostra dimensione oscura, in un punto isolato dal resto del mondo che solo noi possiamo raggiungere. "Sto mandando la mia vita a puttana: io e lui ci stiamo lasciando. Non so la fine quando è cominciata, ma so che è arrivata. Non c’è più niente fra di noi, a parte due bambini piccoli. Non ho più voglia di lottare per qualcosa destinato a fallire; non ce la faccio a sentirmi viva dentro al suo letto. Non lo amo più e vorrei che anche lui provasse i miei sentimenti. Mi fa rabbia per quanto mi ama! Vorrei tanto si trovasse un'amante, uscisse con gli amici e la smettesse di essere così “perfetto” con me. So che lo ferirò, ma non posso farci niente. Io sono uno scorpione: è la mia natura pungere".

La confessione pronunciata di getto mi colpisce al volto come una scarica di montanti, rimango a fissarla senza parole, con gli occhi gonfi di lacrime ed il cuore pesante. Non posso giudicarla e non posso fare niente per salvare la situazione. "Con lui c’hai parlato?". "No! Non ne vale la pena. Sono venti giorni che non mangio, ho perso tre chili e ho tagliato i capelli, ma lui non si è accorto di niente. Ho dormito diverse notti fuori casa e non mi ha fatto nemmeno una domanda. Sembra quasi che gli basti avermi lì, come un trofeo da esibire agli amici". 
Mi manca l’aria: "Non credi che dopo venti anni valga la pena provarci? Avete due bimbi piccoli, cazzo!". "È una battaglia persa. E poi con i piccoli me la vedrò io", sibila tutto d’un fiato, stringendo gli occhi fino a farli diventare due fessure scure. "Qualsiasi battaglia è persa se non viene combattuta", contrattacco, invitandola ad uscire all’aria aperta. "Non vinceremo mai niente restando uniti. Con il tempo diventeremo due infelici che si sopportano a malapena, costretti a condividere lo stesso letto mentre i figli vanno all’università. Lui adesso è il mio nemico e io non ho più voglia di combattere per noi. Non avrò mai una battaglia da vincere se parto per la guerra già sconfitta!".

Prato – Siena 0-1: per non sentirsi sconfitti senza lottare e per non perdere la voglia di credere nei sogni. Persi in un maldestro passo di salsa, il soave ci porta avanti con il piede sinistro e indietro con il piede destro: incastrandoci per sempre in una stregata immobilità. Come Penelope con i Proci, distruggiamo al buio ciò che di buono riusciamo a fare alla luce del sole. In un clima surreale, dove l’unica certezza rimane l’incertezza del futuro, viviamo una stagione doubleface troppo simile all’ultima serie B, con i risultati del campo costantemente oscurati dalla lenta decomposizione della società, imputridita da mesi di chiacchiere e smentite, proclami e spendig rewiew, sentenze e promesse. In assenza di qualcosa di certo nel quale sognare, non ci resta che tapparci il naso e sederci sul bordo del fiume aspettando il passaggio di un cadavere, che ci auguriamo non essere quello della Robur.


Tutti uniti insieme avanzeremo!


Mirko

3 commenti:

  1. Cavoli, bello davvero, complimenti!

    RispondiElimina
  2. Cazzo Mirko, sempre più ottimisti e spensierati i tuoi (bellissimi) interventi! Davvero sì...


    Kappa

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Appena mi fanno tornare un minimo di ottimismo e un pochino di entusiamo, giuro che la smetto... :)
      Non chiedo tanto.
      Mirko

      Elimina