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giovedì 3 dicembre 2015

Tre biscotti con il thè

Il primo per il ricordo,
Il secondo per il rimorso,
Il terzo per il ritorno.

 
Il piccolo sacchetto di tela bianca appena estratto dal suo astuccio di carta colorata, sparisce lentamente all’interno della vecchia tazza, inghiottito dal vapore denso.

Il contatto con il liquido bollente perturba la statica tranquillità della superficie, provocando una lunga serie di cerchi concentrici.

Appeso al suo filo bianco se ne rimane qualche istante immobile in un disperato tentativo di galleggiamento, prima che l’acqua lo renda pesante e lo costringa a scivolare verso il basso per rilasciare il suo prezioso contenuto di polvere scura, tingere l’acqua e diffondere nella stanza un piacevole aroma d'Oriente. 
Sul tavolo sgombro, tre biscotti aspettano di essere consumati, in quello che appare più un rito che una necessità. La domenica oramai non ha più niente da dire: il sole sta lentamente salutando il giorno e la notte inizia a mangiarsi i colori. Il computer in pausa e la televisione silenziosa sono le uniche due fonti di luce della stanza. Il gatto sonnecchia sul divano.
Il primo biscotto è sfacciatamente dolce. Lo zenzero e la marmellata rievocano belle emozioni sopite dal tempo. La sensazione di appagamento dettata dallo zucchero dura un attimo, ma è di una piacevolezza infinita. Nonostante tutto, la memoria degli “anni buoni” porta il buon’umore. I nostri 15 anni di gloria sono spariti rapidamente, spazzati via da un crudele destino e uomini senza scrupoli. E a noi rimangono soltanto i ricordi. Piacevoli, ma soltanto ricordi.
Il secondo biscotto è amaro. Come se un bislacco pasticciare avesse voluto prendersi gioco dei nostri sensi, il piccolo dolcetto irrita la lingua e scherza con la bocca. Il sapore del rimorso non è affatto piacevole e la merenda sta prendendo una brutta piega. La nostalgia piano piano rompe gli argini del buon’umore e irrompe prepotente sul precario stato d’animo, provato dall’ennesima delusione domenicale. Il solo pensare a dove potevamo essere oggi, se anni fa le cose fossero andate diversamente, fa male. Il telefonino vibra ancora una volta, ma non c’è nessun conforto nelle sue notizie. Oggi è una giornata triste, dove è più facile farsi sopraffare dalla malinconia che cercare di combatterla. Oggi è una giornata dove auto commiserarsi provoca più piacere del solito. La sconfitta brucia e qualche sorso di thè bollente non riesce a cauterizzare la ferita. Il fastidio del liquido caldo a contatto con il palato non allevia il dispiacere. L’amarezza rimane e con lei rimangono i cocci di chi ha sempre creduto che le cose potessero tornare lentamente al loro posto.
Il terzo biscotto è il più difficile da mangiare. Il suo contenuto è acidulo e la sua pasta è dura. Dura e aspra come la strada percorsa negli ultimi due anni; dura e aspra come quella che ancora dovremo percorrere. Masticarlo non dà nè gioia, nè ansia. Il suo sapore non è dolce come il ricordo, nè amaro come il rimorso. Il sollievo provocato dalla fine del primo morso viene subito cancellato dalla fatica del secondo e, proprio come nella nostra recente storia, la gioia di una vittoria viene immediatamente cancellata da uno squallido pareggio o da una insulsa sconfitta. Sapevamo che la strada del ritorno fosse dura, ma ignoravamo quanto fosse lunga.

Il primo per il ricordo,

Il secondo per il rimorso,
Il terzo per il ritorno.

Con i tre biscotti s’è consumata anche questa domenica. E non riusciamo più ad essere sereni. Non ci riusciamo perché non abbiamo un timoniere credibile. Non ci riusciamo perché la barca fa acqua da tutte le parti. Non ci riusciamo perché i magazzini sono invasi dai topi e le scorte scarseggiano. La serenità è una dote che va coltivata nel tempo: a volte basta una parola per comprometterla. Ricordo, rimorso e ritorno sono tre vocaboli simili nella forma ma diversi nella sostanza. La loro sequenza può sembrare una filastrocca, ma temo ci sia poco da stare allegri. Tre parole da 7 lettere: 21 segni, scritti sulla prima pagina di un quaderno a quadretti sgualcito, 21 segni indefiniti che si fanno più nitidi via via che la nostra storia viene raccontata. 

Ancora oggi non sappiamo chi siamo. E purtroppo sono diversi anni che stentiamo a riconoscerci, intimoriti da chi ha voluto spazzare via le nostre certezze prima e da chi non ha saputo ricostruirle poi. Siamo partiti da una retrocessione evitabile e da una faraonica, quanto deleteria, vittoriosa serie B per arrivare a vedere l’inimmaginabile: seconda retrocessione, agonia e morte celebrale. Ma seppur feriti nell’animo, abbiamo dimostrato che il cuore era ancora vivo, rispondendo “presente” ad ogni chiamata e riportando la Robur un gradino più in su della disperazione. 
Adesso, dopo tre mesi, domando: noi chi siamo? Siamo quelli del ricordo, del rimorso o del ritorno? Siamo sempre noi, o abbiamo definitivamente perso l’energia dei tempi migliori? Avremo un domani o il nostro destino è confinato all’oggi? Riusciremo a tornare, per rendere il rimorso soltanto un ricordo?
Presidente, dica qualcosa la prego… Anzi no, taccia.

Teramo – Siena 2 a 1. Con l’ultimo sorso di thè, si chiude definitivamente l’era Atzori, con la speranza che se ne possa aprire un’altra. Mister, non ha saputo attirare il calore della gente. Non gliene faccio una colpa: saperlo fare è difficile. Ha commesso errori banali, ma oggi paga anche le colpe di altri e la fortuna, forse, non l’ha mai assistito. Tant’è… Si riprenda la sua vita e Buon Natale!

Tutti uniti insieme avanzeremo! Oggi più che mai. Le persone vanno, le squadre restano. Quello che conta è sempre e solo il Siena.



Mirko

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