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domenica 8 dicembre 2013

L'INSERTO DELLA DOMENICA. LA STORIA DELL'IMPRESA M - Litte M. cresce

Little M, primogenito di Big P, stava crescendo abbastanza serenamente. Ormai aveva cinque anni e frequentava il costosissimo asilo Rockfeller. Un asilo che non aveva nulla di modico. Le maestrine iper laureate. Cuochi a ventotto stelle. Sedie tempestate da diamanti. Giochi che per comprarli non bastava il PIL della Svizzera. Una retta costosa per la gioia del padre.
Ma aveva una fissa per gli stadi. La voglia era rimasta. Gli davi un dolce, la fettina la voleva solo a forma di stadio.
La madre, che lo viziava a dismisura, gli chiedeva.
"Come vuoi fetta dolce dear M?".
"Olimpico, olimpico".
"Ne vuoi altra fetta?".
"Meazza, Meazza. Ma anche Arena, Arena"
Un pomeriggio Big P. sentì strani colpi venire dalla stanza di Little M. Si recò e vide il piccolo prendere a martellate la parete della sua camera.
"Cosa stai facendo?", chiese tra il preoccupato e l'incazzato.
"Stadio, stadio. Qua tribuna tribuna. Là parcheggio parcheggio. Vrooom vroom, parcheggio. Paga, paga".
"Ho un figlio scemo. Tutta colpa dell'asilo. Ti ho già detto che non si costruisce lo stadio in casa".
"Tu cattivo come sindaco".
Per evitare altre scene del genere mise delle gigantografie a tutte pareti dell'Olimpico. Tranne che per il parcheggio, Little M fu contento.
La mania dello stadio terminò. O almeno si limitò. Ma all'improvviso un'altra strana fissa colpì Little M. All'improvviso, senza un motivo preciso, senza nessun preavviso, cominciò a parlare in olandese. Ma olandese stretto. Big P. contattò l'asilo e gli chiese perché gli avevano insegnato l'olandese. Ma non fu colpa loro. Loro insegnavano solo inglese e francese. Little M. imparò l'olandese da solo. In fondo, un lato positivo tutto ciò l'aveva: non era costato un tubo.
Furono momenti difficili. Giorni e giorni a sentire Little M parlare solo olandese. Giorni e giorni senza avere la minima idea di che cavolo dicesse il figlio. Per il compleanno gli chiesero cosa volesse il figlio. Big P. temeva uno stadio. Ma Little M. gli chiese: “Andiamo in Olanda Olanda. Dai dai, Olanda. Orange, Netherland, Paesi Bassi, Cruyff Cruyff.
Durante il viaggio Big P. chiese alla moglie:
"Cara tu che sei più istruita di me, tu che sei più intelligente di me, tu che sei diversaaa, almeno tu nell'universo".
"Ma che cavolo canzone canti?".
"Non ho la più pallida idea. Ma son certo che un giorno avrà successo. Dicevo, ma questo Cruyff che spesso tira fuori tuo figlio, fondamentalmente, chi cavolo è?".
"Non lo so, ma se lo dice figlio sarà sicuramente pezzo grosso".
Arrivarono in Olanda. Ma non Amsterdam o Eindhoven. Uno strano posto che non è nemmeno segnato sulle carte geografiche: Vaandergnax.
Gira di qua, gira di là, senza un motivo preciso. Little M diceva: “Non ci sono, ci sono no”.
Così per tre o quattro giorni. Poi un lampo di gioia. Su una spiaggia un gruppo di ragazzini giocavano nella spiaggia. Cosa facevano? Castelli di sabbia? Macché; per lo sconforto del padre, facevano stadi di sabbia. Con il parcheggio per le macchinine. Big P. guardò la moglie con uno sguardo sconsolato. La mania dello stadio è un incubo che non finirà mai. Che ci piaccia o meno.

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