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domenica 19 settembre 2021

La domenica di Franco. Gente in progresso

Peschiamo ancora un piccolo gioiello dal semi-dimenticato album "Orizzonti perduti".


Come già detto, "Orizzonti perduti" parla di cose reali, tangibili, di storie quotidiane, con poche aperture verso quei mondi fantastici che si aprono in continuazione in tanti altri lavori battiateschi.

E così, in questo caso si discetta di gente (termine volutamente generalistico) in progresso. Ora, definire cosa voglia dire “progresso” nella moltitudine delle produzioni discografiche di Battiato non è facilissimo da scoprire; sicuramente, possiamo affermare cosa non è "progresso" per Franco. Ecco, questa canzone parla proprio di questo, ovvero di cosa voglia dire "progresso", per il cantautore e per la massa di persone che egli ha spesso cantato.

Progredire = andare avanti, evolversi, migliorare. Il contrario è ripetere, ripetersi, riprodurre attività in modo meccanico. Il testo, con magistrali pennellate di dolce ferocia, parla di idee, azioni, progetti ripetuti con monotonia, come se si dovesse seguire un copione già scritto e recitato da altri. Proprio come il ritorno delle stagioni, delle piogge e delle attività ad esse legate, l'uomo pare "naturalmente" soggiogato dalla società, fino nella riduzione a schiavitù nella convivenza familiare. Il lavoro lo travolge, solo per avere un mese all'anno di ferie (si era nel 1983, oggi il mese di ferie molti se lo sognano...) ed un fine settimana di libertà. Ed è proprio lì, il fine settimana, che la vacuità pare farsi ancora più densa. Prima ci si chiede cosa si farà di sabato, salvo poi scoprire che anche in questo giorno si dovrà lavorare, in fabbriche, negozi, dietro a scrivanie.

La partitura musicale è meccanica, come il testo. Si segnala la totale assenza di strumenti non elettronici ed un certo gusto per la ripetitività della melodia, interrotta solo in un momento, nel quale la canzone (ed il mondo che si sta raccontando) si sospende in un mantra degli Hare Krisna, salvo poi ripartire come se nulla fosse, come se l'attimo di devozione a ciò che di materialistico non è fosse fin dall'inizio destinato ad essere travolto dal jingle elettronico. L'incubo socio-urbano continua, scadenzato dalla batteria elettronica e dal letto quasi fastidioso di tastiere simili al suono di tante zanzare.


Torneranno di nuovo le piogge riapriranno le scuole 
Cadranno foglie lungo i viali 
E ancora un altro inverno 
Che porterà la neve e un'altra primavera 
E tu che fai di sabato in questa città 
Dove c'è gente che lavora 
Per avere un mese all'anno di ferie 
E poi nel bene nel male è una questione sociale 
Coatti nella convivenza 
Affrontiamo il progresso coi nostri problemi di sesso 
Hare Hare, Hare Krisna, Hare, Hare, Hare Krisna 
Torneremo di nuovo ai progetti riguardo al nostro futuro 
Guardando annunci sui giornali 
Girando per le agenzie 
E avremo nuovi amici 
Vicini a nuovi amori 
E poi soli di sabato 
In questa città dove c'è gente che lavora 
Nelle fabbriche in negozi dietro a scrivanie


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