Vista da qui adesso sembra minuscola, quasi sperduta lassù in cima alla collina, nascosta tra pastori e greggi. Nella mia testa la voce della presentatrice in tacchi alti e abito da sera, arriva chiara e nitida: Robur Siena, per te Miss Italia finisce. Perché LA Robur è femmina, vero? Anche se a forza di dire "IL Siena" un qualche dubbio me lo faccio venire, nonostante ciò non cambi certo il triste epilogo di questa orribile giornata di campionato. E così, dopo una settimana di aria fresca, nella quale la brezza delle vittorie aveva iniziato a spazzare via la foschia dei pareggi, arriva questa sconfitta, inaspettata come una gravidanza a 60 anni. E per uno come me, cresciuto a pane & nebbia, è un po’ come svegliarsi da un sogno e piombare in un incubo. Un pizzicotto, due, tre. Niente, la pelle del braccio si arrossa, ma la realtà non muta. Esattamente come la nostra classifica, immobile e identica a prima.
Pronti via e La Robur va subito sotto: non mi va di parlare di calcio, nè tantomeno raccontare qualcosa che non ho visto. Preferisco immaginare e ascoltare le mie sensazioni, perché a volte è il miglior modo per provare a capire. Come una comitiva di pirati caduti in disgrazia, arrivati in terra sarda per depredare i villaggi costieri del vecchio possedimento sabaudo, abbiamo visto il nostro vascello infrangersi sugli scogli di granito chiaro, tanto caro all’Aga Khan e alle legioni di turisti estivi. Il rumore del fasciame spezzato contro le rocce umide e appuntite ha invaso le nostre orecchie, riempiendo il tetro silenzio che da sempre precede il clamore delle spade, 1-0 zero per loro e in un ribollir di schizzi e schiuma lo scafo è colato a picco. Nemmeno il tempo di poggiare i piedi sulla piccola spiaggia dorata, che eravamo già a pezzi, sotto di due goal e praticamente già condannati a penzolare dalla forca, impiccati alla torre più alta paese. Perchè è così che va la vita e la sconfitta non ammette repliche. Attoniti, ci siamo guardati attorno. Nei nostri occhi un’arrogante incredulità ha preso il posto della rabbia. E questo errore lo abbiamo pagato caro. I locali erano agguerriti. Nè spada, nè fioretto: clave, fionde e bastoni. E sana cattiveria. Da molti dei nostri aspettavamo un segnale, uno squillo di chiarine, un grido nel silenzio che annunciasse l’arrivo dei rinforzi. Che tuttavia non è mai giunto. La battaglia poi è proseguita lenta, invischiata nella sabbia bagnata, infradiciata dalla risacca del mare, che avanzava e si ritirava, esattamente come i nostri avversari. Fortunati senza audacia, sul finir del giorno la dea bendata è arrivata in nostro soccorso. Rimpallo, mano, goal: 2-1 e partita riaperta. Forse, abbiamo pensato, spento il tramonto di questo orribile pomeriggio non rimarrà che un misero punticino, ma sarà comunque meglio di niente. Il cronometro tuttavia ha continuato a scorrere veloce, fra un tic e un tac. Capivamo che fosse giunto il momento di pareggiare i conti, salvando perlomeno la faccia e solo in seguito avremmo pensato alla ritirata. Ma nonostante tutto la palla circolava più per largo che per lungo: perché ogni volta che le cose si mettono male, ritorniamo di colpo vittime dei nostri demoni. Si correva a vuoto, si soffriva molto e ne buscavamo assai. Verso la fine, la partita ha avuto un sussulto, la loro retroguardia ha commesso un errore e l’esercito nemico si è spaccato. Peccando in coordinazione, la testa e le ali non si sono accorte di essere circondate: tutto ad un tratto la retrovia è parse sguarnita. Il nostro 17 (a proposito: Cristiani... noi siamo neri e loro gialli. Li sai distinguere i colori? Cos’è che non capisci? Nemmeno con le mani hai azzeccato un passaggio!) s’è involato lancia in resta verso la capitale del regno nemico. Il Re era lontano, la Regina vacillava, lo scacco matto sembrava servito. Il tempo si è arrestato. Un tocco, poi un altro e un altro ancora. A tu per tu con l’ultimo difensore, il nostro eroe mancato ha tuttavia ciabattato malamente la palla, spedendola lontano, spendendo miseramente anche l’ultima stilla di speranza, mentre tutto il pubblico commosso da cotanta tragicomica esibizione gridava "4 sì, 4 sì", come in quel talent visto alla tv. Niente golden buzzer, niente punti. Mani in tasca e capo chino. E gli dei del cielo, ridendo da sopra le nuvole, hanno bocciato la Robur, rimandandola a settembre... del prossimo anno. Il quarto, per le statistiche!
Lo schermo del telefono adesso pare l’unico punto di luce di un mondo in penombra e lo scintillio azzurrino dei cristalli liquidi riflettono lo stupore dipinto sul volto. Dai balconi dei palazzi di fronte, Babbi Natali appesi ad un filo oscillano paurosamente nel vuoto, avvolti nelle prime timide luminarie natalizie, mentre in attesa della bella stagione un gruppo di ragazzi orientali con i pantaloni a mezzo polpaccio sfila via veloce lungo il marciapiede nel più assoluto silenzio. La comitiva risvoltini primavera pare muoversi in blocco, come un solo individuo formato da più corpi. Le immagini scorrono, ma le parole non arrivano. Nessun rumore, nessuno schiamazzo: come un televisore acceso col volume al minimo. Forse il mondo del futuro finirà veramente appena fuori dalle cuffiette bianche senza fili, inserite come chiavi nella serratura del cervello. Una coppia di signori, intabarrati nei loro pastrani, si sofferma in silenzio a osservare la merce esposta in una vetrina: per il corso ha aperto un altro negozio di mutande mentre in Via Montanini chiude l’ennesimo pezzetto di una Siena morente. Immersa nei loro pensieri da domenica sera, la gente passa e se ne va. Qualcuno sorride, altri sembrano seri. I ragazzi si tengono per mano, gli adulti invece si tengono a distanza. Forse è vero che, passata la passione e terminato l’amore, molte coppie si ritrovano a condividere soltanto il mutuo. La domenica finisce, il Siena ha perso. Un'altra settimana volge al termine, ma nessuno pare accorgersene.
Arzachena - Siena: 2-1. Aggiungiamo un pizzico di inutilità ad un campionato già di per sè piuttosto inutile. Avanti così. La salvezza è vicina. Abbiamo perso con l’ultima. E volevamo fare la serie B... con Cristiani, Sbrissa, Biribissa e compagnia bella. Ragazzi, ho paura che di questo passo Fabbricini non vada offeso, ma ringraziato!
Saluti, baci, cordialità e sempre forza Siena!
Mirko
Pronti via e La Robur va subito sotto: non mi va di parlare di calcio, nè tantomeno raccontare qualcosa che non ho visto. Preferisco immaginare e ascoltare le mie sensazioni, perché a volte è il miglior modo per provare a capire. Come una comitiva di pirati caduti in disgrazia, arrivati in terra sarda per depredare i villaggi costieri del vecchio possedimento sabaudo, abbiamo visto il nostro vascello infrangersi sugli scogli di granito chiaro, tanto caro all’Aga Khan e alle legioni di turisti estivi. Il rumore del fasciame spezzato contro le rocce umide e appuntite ha invaso le nostre orecchie, riempiendo il tetro silenzio che da sempre precede il clamore delle spade, 1-0 zero per loro e in un ribollir di schizzi e schiuma lo scafo è colato a picco. Nemmeno il tempo di poggiare i piedi sulla piccola spiaggia dorata, che eravamo già a pezzi, sotto di due goal e praticamente già condannati a penzolare dalla forca, impiccati alla torre più alta paese. Perchè è così che va la vita e la sconfitta non ammette repliche. Attoniti, ci siamo guardati attorno. Nei nostri occhi un’arrogante incredulità ha preso il posto della rabbia. E questo errore lo abbiamo pagato caro. I locali erano agguerriti. Nè spada, nè fioretto: clave, fionde e bastoni. E sana cattiveria. Da molti dei nostri aspettavamo un segnale, uno squillo di chiarine, un grido nel silenzio che annunciasse l’arrivo dei rinforzi. Che tuttavia non è mai giunto. La battaglia poi è proseguita lenta, invischiata nella sabbia bagnata, infradiciata dalla risacca del mare, che avanzava e si ritirava, esattamente come i nostri avversari. Fortunati senza audacia, sul finir del giorno la dea bendata è arrivata in nostro soccorso. Rimpallo, mano, goal: 2-1 e partita riaperta. Forse, abbiamo pensato, spento il tramonto di questo orribile pomeriggio non rimarrà che un misero punticino, ma sarà comunque meglio di niente. Il cronometro tuttavia ha continuato a scorrere veloce, fra un tic e un tac. Capivamo che fosse giunto il momento di pareggiare i conti, salvando perlomeno la faccia e solo in seguito avremmo pensato alla ritirata. Ma nonostante tutto la palla circolava più per largo che per lungo: perché ogni volta che le cose si mettono male, ritorniamo di colpo vittime dei nostri demoni. Si correva a vuoto, si soffriva molto e ne buscavamo assai. Verso la fine, la partita ha avuto un sussulto, la loro retroguardia ha commesso un errore e l’esercito nemico si è spaccato. Peccando in coordinazione, la testa e le ali non si sono accorte di essere circondate: tutto ad un tratto la retrovia è parse sguarnita. Il nostro 17 (a proposito: Cristiani... noi siamo neri e loro gialli. Li sai distinguere i colori? Cos’è che non capisci? Nemmeno con le mani hai azzeccato un passaggio!) s’è involato lancia in resta verso la capitale del regno nemico. Il Re era lontano, la Regina vacillava, lo scacco matto sembrava servito. Il tempo si è arrestato. Un tocco, poi un altro e un altro ancora. A tu per tu con l’ultimo difensore, il nostro eroe mancato ha tuttavia ciabattato malamente la palla, spedendola lontano, spendendo miseramente anche l’ultima stilla di speranza, mentre tutto il pubblico commosso da cotanta tragicomica esibizione gridava "4 sì, 4 sì", come in quel talent visto alla tv. Niente golden buzzer, niente punti. Mani in tasca e capo chino. E gli dei del cielo, ridendo da sopra le nuvole, hanno bocciato la Robur, rimandandola a settembre... del prossimo anno. Il quarto, per le statistiche!
Lo schermo del telefono adesso pare l’unico punto di luce di un mondo in penombra e lo scintillio azzurrino dei cristalli liquidi riflettono lo stupore dipinto sul volto. Dai balconi dei palazzi di fronte, Babbi Natali appesi ad un filo oscillano paurosamente nel vuoto, avvolti nelle prime timide luminarie natalizie, mentre in attesa della bella stagione un gruppo di ragazzi orientali con i pantaloni a mezzo polpaccio sfila via veloce lungo il marciapiede nel più assoluto silenzio. La comitiva risvoltini primavera pare muoversi in blocco, come un solo individuo formato da più corpi. Le immagini scorrono, ma le parole non arrivano. Nessun rumore, nessuno schiamazzo: come un televisore acceso col volume al minimo. Forse il mondo del futuro finirà veramente appena fuori dalle cuffiette bianche senza fili, inserite come chiavi nella serratura del cervello. Una coppia di signori, intabarrati nei loro pastrani, si sofferma in silenzio a osservare la merce esposta in una vetrina: per il corso ha aperto un altro negozio di mutande mentre in Via Montanini chiude l’ennesimo pezzetto di una Siena morente. Immersa nei loro pensieri da domenica sera, la gente passa e se ne va. Qualcuno sorride, altri sembrano seri. I ragazzi si tengono per mano, gli adulti invece si tengono a distanza. Forse è vero che, passata la passione e terminato l’amore, molte coppie si ritrovano a condividere soltanto il mutuo. La domenica finisce, il Siena ha perso. Un'altra settimana volge al termine, ma nessuno pare accorgersene.
Arzachena - Siena: 2-1. Aggiungiamo un pizzico di inutilità ad un campionato già di per sè piuttosto inutile. Avanti così. La salvezza è vicina. Abbiamo perso con l’ultima. E volevamo fare la serie B... con Cristiani, Sbrissa, Biribissa e compagnia bella. Ragazzi, ho paura che di questo passo Fabbricini non vada offeso, ma ringraziato!
Saluti, baci, cordialità e sempre forza Siena!
Mirko
siete rimasti in 4 a preoccuparvi ed a pensare a questa baraccata di venduti con alle spalle una società di raccattati.
RispondiEliminala gente di siena nemmeno segue più i risultati,oramai.
continuate a "divertirvi",mi raccomando:se ne riparla al prossimo fallimento,quando questi arrivati dal niente(anzi,da un fallimento a Barletta)avranno fatto come sono abituati a fare!
Vabbè, ci si vede al prossimo fallimento allora. Ciao
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