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venerdì 8 giugno 2018

Metti una sera di primavera

La sera avanza lenta coprendo ogni cosa, mentre sul finir del giorno la gente riversa in strada sciarpe, bandiere e sorrisi delle grandi occasioni. La tensione sale col passare dei minuti: i babbi di oggi sono i ragazzi di ieri. Braccia tatuate e chiome brizzolate: il passato pare lottare col presente. 

Sembra trascorso un secolo, ma siamo ancora qua. Uguali forse soltanto all’anagrafe, ma di nuovo pronti a scendere in trincea, per l’ennesima battaglia della nostra vita. Se 90 minuti sono lunghi, figuriamoci 20 anni. 
Non siamo più quelli di allora e lo sappiamo bene. Le cose cambiano e la vita va avanti. Ora sediamo a capotavola durante i pranzi di famiglia, guidiamo costose auto straniere e, quando parliamo, gli altri tacciono. A fine mese facciamo i conti con le rate del mutuo e d’agosto vorremmo andare al mare. I consigli che abbiamo ricevuto, adesso sta a noi restituirli. Molte persone si aspettano qualcosa dalle nostre parole: forse crescere significa diventare importanti per qualcuno. Soltanto i sogni sono sempre gli stessi. Per questo noi siamo ancora noi, perché rispetto al passato la buccia è cambiata, ma nella polpa siamo ancora uguali. Sì, deve essere così. E poi quei due colori sono sempre là, vicini al nostro cuore.
Bicchieri di birra e tabacco da rollare. Ci sono partite da giocare e altre da vincere. Ancora pochi minuti e farà buio. Grossi nuvoloni grigi si ammassano nel cielo, schiacciandosi l’uno all’altro. Qualche goccia di pioggia fresca bagna la terra arsa dal calore del giorno. La pietre di Via Montanini sembrano troppo regolari e fa un effetto strano camminarci sopra. Turiste smanicate passeggiano per il corso, mangiando a qualsiasi ora. In fortezza, ancora un'altra corsa al luna park. Da qualche parte nell’ombra di un pomeriggio inoltrato, il latrato di un grosso cane bianco rompe il silenzio. Ha una pezza nera sulla groppa, che pare allargarsi come un paio di ali quando monta sulla ringhiera con le zampe davanti. Nero su bianco o bianco su nero. Un brivido sfiora i pensieri. A volte la vita è soltanto una sommatoria di sensazioni. D’improvviso il cielo si apre, rivelando un celeste pastello che fa tanto quadro di Magritte. Guardando lo stadio dall’alto, il mondo, il nostro mondo, non pare poi così differente da quella sera di giugno di cento vite fa, nella quale la voce di Alex Baroni accompagnò il Robur in B, consegnando alla storia l’inizio di una piccola era geologica calcistica. Tutto stava cambiando in quei giorni e niente sarebbe stato più come prima. 
Nel calcio la primavera è la stagione nella quale tutto si decide. Ci sono stati momenti di gioia e altri di lacrime, abbiamo brindato alla Serie A sulle riva del mare, lasciando che l’acqua salata sfiorasse i nostri piedi e pianto nella notte padana, dopo che un palo aveva interrotto l’ultima corsa del vecchio Siena. La primavera è la stagione degli amori, la scuola finisce, sbocciano i fiori e le ciliegie tingono di rosso le nostre cene. Nei campi, macchie di giallo abbelliscono le colline, mentre nuvole di polvere densa si alzano dietro auto cariche di valigie. Farfalle e canottiere: la vita pare destarsi dal lungo letargo invernale. Vestiti leggeri e colori vivaci: l’estate è alle porte e l’asilo presto chiuderà.
È quasi l’ora, andiamo. Lascia pure l’ombrello, tanto non servirà.
La palla rimbalza sull’erba bagnata. Quante volte? Non lo sa nessuno. Una, forse due, al massimo tre. Nelle nostre teste, ogni rimbalzo pare un colpo di cannone o il rintocco delle campane di San Domenico. Don, don, don… La porta è ancora lontana, la palla sembra aver imboccato la direzione giusta ma… Ma è troppo lenta. Il portiere è battuto, adesso giace in terra, lontano dalla sfera. Guarda la scena sdraiato sull’erba, sono attimi ma sembrano secoli. La gente intorno al campo ha un sussulto. Qualcuno si alza in piedi, altri gridano. Forse colpendo il suolo la palla provoca artistici sbuffi di goccioline argentate, che fanno tanto alta definizione, ma dalla curva invece, la visuale è complicata. 
In una sera di primavera, dopo una partita lunga e difficile, contratta e compressa, c’è stato un cross. Lungo, teso, fatto bene. Sì, dopo mesi, finalmente un cross fatto bene. Il portiere è uscito sicuro di prenderla, esattamente come fanno tutti i portieri un attimo prima del disastro. Nonostante le mani tese e i grossi guantoni colorati, la palla bizzarra e nervosa è sembrata vivere di moto proprio, sussultando, scartando, tossendo pur di non farsi agguantare. A pochi passi, la testa irsuta del nostro capitano l’ha impattata quando era ancora bella alta, invertendone la traiettoria e cambiando il finale ad una sera di primavera. Un rimbalzo, forse due. Ancora una volta il tempo è parso immobile. Le braccia rivolte al cielo di un raccattapalle hanno anticipato il boato. Dentro o fuori? Come quella sera a Varese. Non so perché, ma mentre un Catanese calcia via la palla da dentro la porta, mi rivengono in mente gli ultimi istanti di quella nefasta notte di quasi un lustro fa. Quattro anni, un terzo di dozzina: tanti rispetto a 90 minuti, pochissimi se paragonati a 20. Improvvisamente, tutta l’aria del mondo pare risucchiata dalle genti assiepate in tribuna. Finalmente Siena ha risposto presente! Fluttuando sottovuoto, la palla, la linea di porta e il piede del difensore danno l’impressione di restare sospesi in una bolla asfittica: sembra la copertina dell’album dei calciatori Panini. È soltanto un istante, ma pare interminabile. Poi, come a rompere l’incantesimo la palla viene ricacciata indietro, lontana, dalle parti del fallo laterale. La gente salta impazzita, i ragazzi in maglia nera saltano di gioia, mentre quelli in maglia bianca negano, saltando anche loro. Saltano i cittini al luna park, saltano i turisti in pizzeria, saltano i nervi a migliaia di persone. Soltanto il guardalinee pare immune a questo virus collettivo. Incurante della pandemia che lo circonda, come un cittino in spiaggia pare inseguire la corsa di quella sfera bianca, immaginandone la traiettoria. Sicuro e bandierina in resta, punta dritto verso il centro del campo. È goal! È goal! Sì, diamine che è goal! L’hanno visto tutti: tifosi, giocatori, cittini e turisti. È soltanto l’andata ok, ma intanto è goal! Loro sono una corazzata ok, ma intanto è goal! Al ritorno caricheranno a testa bassa con la rabbia dell’animale ferito ok, ma intanto è goal. La scritta del tabellone certifica la gioia: è soltanto una sera di primavera, ma intanto è goal!

Siena - Catania 1-0: la strada è lunga e la meta pare ancora lontanissima. Di fronte una montagna altissima da scalare, immersi in un fiume di lava sotto una pioggia di lapilli. Disse qualcuno che chi ben comincia è a metà dell’opera. La nostra opera è quasi pronta, adesso occorre appenderla al muro!


Mirko

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