Il canale youtube di wiatutti!

mercoledì 30 maggio 2018

Maglie color sugo e tagliatelle all'ovo

Finisce maggio e, nonostante la pioggia, la primavera entra nella fase più calda. Termina la brutta stagione e scompaiono finalmente i raffreddori: si smette di tira' su col naso e si ritorna a tira' fori le contrade. Tre al piano di sotto e sette al piano di sopra. 
La vita zoppica lenta sotto nuvolette bianche montata a neve, disperse nell’azzurra immensità del cielo, quotidianamente attraversato dalla luminosa traiettoria di un sole esausto, impegnato tutto il giorno a rincorrere la luna soltanto per poterla vedere un minuto. Come una gigantesca meridiana, l’ombra della torre disegna sulla grande piazza l’avanzare del giorno. Moscerini jihadisti s’immolano sui parabrezza delle auto, rivendicando un mondo senza insetticidi, mentre alla radio passano un vecchio pezzo dei Toto. Scafisti e scambisti, cornetti al croccantino e movimenti gialloverdi, erba alta nelle aiuole e caprioli in tangenziale. Finisce la Seconda Repubblica ed inizia l’era del presidenzialismo coloniale: comandano gli altri, ma i soldacci ce li mettiamo sempre noi. Bene, finchè dura… 
All’apparenza tutto normale, ma l’apparenza spesso, si sa, inganna. L’insopportablet usanza di chiudersi in bagno con il telefono dilaga ormai in tutti gli angoli del paese, nonostante i continui richiami della campagna di sensibilizzazione: "Al cesso con un libro". Passano gli anni e si dimenticano le tradizioni, per le vie del centro l’odore di kebab ha sostituto quello del sugo di carne. Ci piacciono le cose fatte in casa, ma stiamo dimenticando come si fanno. "Non so cucinare perché mia madre non mi ha mai insegnato", mi disse un giorno una ragazza. La guardai perplesso, come si guarda Pane (avvistato tra le altre cose in pellegrinaggio al Santuario della Santissima Madonnarumma insieme al biondino del Liverpool) ad ogni calci d’angolo contro, e provai a riflettere: in realtà non le aveva insegnato nemmeno a fare la zoccola, pensai, eppure le riusciva benissimo! 
Tempi di crisi e venti di tempesta aleggiano sulle nostre teste. Tre mesi senza un governo sono volati in un batter d’occhio. Mercati volubili e risparmi volatili. Aumenta lo spread e tutti si disperano, come in un film dell’orrore riemerge dal passato il fantasma del differenziale con i bund tedeschi (prima o poi qualcuno mi spiegherà per bene cosa vuol dire questa frase), anche se nel mio piccolo fa molto più male l’aumento selvaggio del prezzo del gasolio. Il campionato della Robur pare finito da poche settimane, che è già ora di ricominciare. No, tranquilli: in realtà l’estate non sta finendo. Le scuole sono sempre aperte, ci sono due palii da correre e le vacanze da fare. Le giornate sono lunghissime ed il grano deve ancora colorare di giallo le creste delle colline. 
A differenza di quest’altr’anni però, l’avventura della Robur non è terminata al fischio finale dell’ultima partita di campionato, ma continua con la seconda parte del torneo, che i maledetti anglofoni - quelli del "basta un quid per superare il gap" - chiamano "play off", ma che per me sono soltanto "spareggi". Francamente ne avrei fatto volentieri a meno di questa brutta e noiosa appendice, durante la quale incontreremo avversari nuovi/vecchi, gli abbonamenti non varranno e tutto sarà un’incognita. Il nostro campionato stava filando via regolare: onesti in casa e dilaganti fuori, a colpi di vittorie in trasferta stavamo costruendo un piccolo grande capolavoro e dopo una rincorsa durata mesi a quattro giornate dal termine eravamo primi, nonostante la nostra chiara incapacità di affrontare le squadre colorate di amaranto. O di granata. O di rosso bordeaux. 
Sì, avete letto bene. Il sogno della promozione diretta non si è arenato per colpa di chissà quale complotto da palazzo. Non è stata questione di sfortuna, di attaccanti di peso o di portieri scarsi. Il sogno della promozione diretta si è incagliato nel fondale di una spiaggia rossastra, durante l’ora della bassa marea. Le squadre con le maglie color sugo non ci stanno simpatiche e questo credo sia un dato di fatto. Nel corso di nove mesi abbiamo perso due volte col Livorno, due volte col Pontedera e abbiamo dovuto dire addio ai sogni di gloria nel nefasto pomeriggio di Arezzo. Filo conduttore delle 5 sconfitte (15 punti!!!!!!!), il colore delle maglie. Vorrei tanto conoscere uno sciamano indiano o un esorcista calvinista. Non me ne vogliano quelli della Torre: non avrei nulla contro quella tonalità di rosso - che ricorda tanto quello del pomodoro cotto insieme alla carne di cinghiale o di capriolo (dei quali le nostre strade sono ricchissime), che abbinato alla pasta all’ovo tirata a mano sulla spianatoia (da qui l’hastag #iostoconmattarello) fa tanto aria di casa mia - ma è innegabile che qualche problemino ce lo crea. Perlomeno nella statistica e nella superstizione. Se poi mi fermo un secondo e provo a ricordare il colore della maglia della Reggiana, allora sì che lunghi brividini freddi cominciano a risalire la schiena! Come un toro all’incontrario, di fronte al color sugo ci tiriamo indietro, arranchiamo, stentiamo. I punti persi per strada, visti da giugno, pesano come macigni. Inutile a questo punto fare recriminazioni o dietrologia. Come Pollicino, per paura di allontanarsi troppo da casa e addentrarci nell’ignoto, abbiamo disseminato dietro di noi una lunga scia di occasioni perse. Pensare che sarebbe bastato pareggiare alcune delle partite che abbiamo perso per essere qui a parlare di governo, di parei colorati e fritture di paranza, abbandonando il calcio di terza seria al suo triste epilogo. Invece siamo all’alba di una nuova trasferta. "Vogliamo la semifinale, per dare un’altra gioia ai nostri tifosi", ha detto il nostro mister. Nessuno tuttavia ha osato chiedere quali fossero le altre soddisfazioni. Domande scomode, argomenti spinosi. Nel campionato della possibile rinascita, durante il quale gli avversari si sono rivelati scarsi e affaticati, abbiamo perso due volte con la prima e pareggiato senza segnare con la terza. Dalla quarta in poi sembrava più un torneo dei bar che un girone di Serie C. Si poteva vincere a mani basse, se non fosse stato per quelle brutte maglie color sugo, che senza le tagliatelle all’ovo è soltanto un colore triste e inutile come l’aria condizionata in una decapottabile.

Reggiana - Robur Siena: ricominciare da capo, come se questa stagione non ci fosse mai stata. Per una sera vorrei tornare ad essere ambizioso.

Tutti insieme uniti avanzeremo.


Mirko

Nessun commento:

Posta un commento