Il canale youtube di wiatutti!

giovedì 12 maggio 2016

Corsi, ricorsi ed addii

Correva la stagione 96/97, un’era geologica fa.
Nelle tasche dei jeans l’accendino occupava il posto del cellulare, alla cassa della Coop pagavamo ancora con le lire – meravigliosa abitudine “democraticamente” stroncata da uno dei tanti brutti governi degli ultimi venti anni – ed i vegani erano soltanto i nemici di Goldrake e non quella setta di talebani dell’alimentazione che conosciamo oggi. 

Per Siena erano tempi decisamente buoni e la gente stava bene: potevi lasciare l’autoradio in bella vista dentro la macchina aperta o le chiavi nella toppa del portone di casa e i cittini erano liberi di correre da soli per le vie, tanto c’erano cento mamme pronte a soccorrerli o a tirar loro un paio di scapaccioni. Piano piano la città stava scalando la classifica della vivibilità e nelle locandine del Corriere era molto raro trovare tracce di delinquenza. 
Il 16 Marzo era una piacevole giornata di fine inverno o di inizio primavera (a seconda dei punti di vista) ed al Rastrello la Robur (intesa come Associazione Calcio Siena ) incrociava la Virescit Alzano, compagine lombarda che per diversi anni ha orbitato nel calcio professionistico. La maglia del Siena era meravigliosamente a strisce verticali, la pista d’atletica - color pista d’atletica - circondava il terreno da gioco e il portierino pararigori eroe di Sansepolcro non era ancora nato. Stavamo affrontando una delle tante annate di fine anni '90 vivacchiate a metà classifica, contraddistinte da un letargoso sogno iniziale, seguito da una crisi di metà campionato terminata con l’esonero dell’allenatore, contestazioni varie, cori (non Sasha) arrabbiati e collocamento finale nella fascia centrale della classifica. Attaccante del Siena di quel periodo era di nuovo il gemello stolto di Totti, al secolo Walter Lapini di Poggibonsi, tornato sotto la Balzana in cerca di riscatto dopo un periodo di alterne fortune passate in giro per L’italia. Qualche anno prima, sempre con i colori bianconeri, Lapini aveva debuttato nel calcio professionistico affiancando nell’attacco senese un navigato centravanti, che non faceva goal nemmeno a pagarlo, ma che era considerato da tutti esperto e affidabile. Quell’attaccante si chiamava Guido Carboni… 
Dopo una partita tirata, nella quale i tifosi dagli spalti si fecero pesantemente sentire ("Eh, d’altra parte vedrai, so' sempre i soliti gazzillori quelli che vanno a vede' il Siena"… all’epoca di discorsi del genere ne ho sentiti parecchi), proprio allo scoccare del novantesimo minuto il bomber valdesano riuscì a trovare il guizzo giusto per portare il risultato sul 2-1. La cosa affascinante tuttavia non fu la sua esultanza, partita da un spogliarello (per la gioia delle cuoricine bianconere presenti allo stadio) e terminata con la maglia ripetutamente pestata, bensì il gesto assolutamente inconcepibile e inusuale dell’allora ds Nelso Ricci, che, rivolto alla tribuna coperta, si esibì nel più grosso gesto dell’ombrello che la storia del calcio senese ricordi. Se ci ripenso, mi pare di essere sempre lì, incredulo… E mi ci riscappa da ridere!
Da quel giorno ad oggi, di acqua sotto i ponti ne è passata veramente tanta: l’Alzano è sparito, fagocitato dalla nuova Virtus Bergamo, bomber Lapini ha dovuto attaccare gli scarpini al chiodo per via dei tanti infortuni e dei troppi “filusè” (fatti anche da solo) e il buon Nelso, dopo averci portato dalla serie C alla salvezza in A, ha cambiato “azienda”. Solo il Siena ed i suoi tifosi fanno ancora le stesse cose di allora: la prima, che adesso si chiama Robur Siena, vivacchia di nuovo in terza serie, meglio conosciuta come Lega Pro, mentre i secondi agonizzano prigionieri di un copione scritto da un autore vecchio stravecchio: speranze frustrate dai fatti, crisi di mezzo campionato, cambi d’allenatore, contestazioni e salvezze a metà classifica. A che cosa sono serviti 15 anni di calcio serio, se siamo tornati a fare esattamente quello che facevamo prima? A niente, temo.
C’è di buono che la vita continua (anche senza di noi, direbbe Vasco) e dato che è tanto strana, vale la pena raccontarla, anche quando ci sarebbe soltanto da scrivere un bel punto e girare pagina. E c’entra Carboni in tutto ciò? Sì, c’entra, perché dopo aver lasciato Siena da giocatore, il buon Guido, quello che faceva da chioccia a Lapini, vi ha fatto ritorno da allenatore per traghettare la squadra nella più inutile e odiosa annata degli ultimi trenta anni (retrocessioni a parte), tatuando a fuoco il suo nome nella gloriosa pelle della storia roburrina, con un'esperienza anonima, anemica e deficitaria, conclusa con un gesto inutile, maleducato e poco elegante, molto simile a quell’ombrello di tanti anni fa.
L’origine del terzo dito si perde nella notte dei tempi: si vocifera che possa provenire addirittura dalla Guerra dei 100 anni fra Inglesi e Francesi; roba di arco, frecce e dita mozzate: tristi e brutte storie, delle quali il mondo è pieno. 
Purtroppo io sono solo un uomo della strada travestito da tifoso e non un illustre storico, quindi non conosco la verità assoluta. Tuttavia sono convinto che il tifoso razionale, nel corso della stagione, sia chiamato a fare tre cose: capire, giudicare e credere. L’ordine è ad esclusivo appannaggio del singolo, che decide come gli pare. Io personalmente ad agosto CREDO e lo dimostro abbonandomi e presenziando a tutte le partite in casa ed a diverse fuori. Col passare dei mesi provo a CAPIRE e per farlo mi baso sui risultati. Il calcio per fortuna è ancora uno sport oggettivo ed a differenza dei tuffi o della danza, chi fa più goal vince: solo a Zeman piaceva giocare bene e perdere. A campionato finito infine, GIUDICO e dico la mia, battendo le mani a chi si è dimostrato meritevole di affetto o fischiando colui che non ha raggiunto la sufficienza. Naturalmente tale il giudizio è assolutamente privo di cognizione e spesso viene influenzato da tantissime variabili, ma credo che tanti giudizi messi insieme possano definire perfettamente l’andamento dell’annata, senza se e senza ma. 
E allora, considerato che il suo gesto sconsiderato, mi scusi il gioco di parole, ha toccato un bel numero di persone, Le chiedo: se quel gesto lo avesse fatto un suo giocatore, cosa Le avrebbe detto? Si è rivisto in foto? Ne va ancora fiero? Riuscirà mai a capire che a volte chiedere scusa è segno di intelligenza? Se lo faccia spiegare da Minincleri, se sa chi è. Lei a Siena ha avuto soltanto un’occasione per far bella figura: dimettersi quando le vendettero undici giocatori buoni. Quello era il momento di dimostrare che non era un leccapadelle, non sei mesi dopo. Invece è rimasto incollato alla misera poccia fino all’ultimo, collezionando una serie infinita di figuracce, che Oronzo Canà in confronto sembra Ancelotti. 
Che tristezza quel ditino alzato mister, se lo lasci dire. Ha scelto la calligrafia più brutta per scrivere la sua lettera di addio. 
Le auguro delle buone vacanze e un buon riposo. Stacchi pure il cellulare, tanto un altro Ponte disposto a ingaggiarla temo non lo troverà più.

Tutti uniti insieme avanzeremo!


Mirko

3 commenti:

  1. Si oddio l'allenatore era Savoldi, che calcisticamente qualcosa più di Calboni ha detto...così come l'allenatore esonerato prima di lui (Orrico)...che squadra cmq le prime giornate s'era primi a mani basse dopo una sconfitta a Modena da ceffoni iniziò il declino nonostante la vittoria sul Carpi di Decanio e Materazzi...riuscimmo a perdere in casa col Fiorenzuola ultimo in classifica e noi secondi...Cmq Arcadio, Argilli,Mignani e Voria c'era gente che ha fatto la storia a Siena...di questi di questa stagione se uno vince un campionato a Siena mi caco nella groppa!Sfido la fisica!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi caco nella groppa non l'avevo mai sentita. Davvero complimenti

      Elimina
  2. Si, da ingenuo diciottenne devo ammettere che all'inizio di quell'anno c'avevo fatto parecchio la bocca... Che tristezza quando il mago di Volpara se ne andò dopo la disfatta interna col Brescello.

    RispondiElimina